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Chief Executive Officer o... Santi Bailor? (Quando le Poste imitano Alberto Sordi) Stampa E-mail
La moda di usare termini stranieri inutili ci ricorda il protagonista di "Un americano a Roma"
      Scritto da Francesco Cassani
08/01/07

 poste_italiane.jpg 

Quanti, tra coloro che cercano lavoro, hanno vissuto la frustrazione di non sapere se un annuncio faceva al caso proprio, semplicemente perché non si capiva... di che lavoro si trattava?

Beh, si vede che non avevano dimestichezza con i... job title! I quali non si riferiscono - si badi bene - a professionalità particolari per cui è necessaria la perfetta conoscenza della lingua inglese. Anzi, spesso si riferiscono a profili bassi: l'esotismo, il termine straniero incomprensibile, vorrebbe dare un 'tono' all'azienda reclutatrice, e indorare la pillola di un lavoro spesso poco qualificato e mal pagato: "Cavolo, mi faccio in quattro per guadagnare due euro, ma vuoi mettere la soddisfazione di un biglietto da visita con su scritto 'dealer'?"

C'è dunque una dose di malizia nell'utilizzo di termini stranieri inutili. La stessa che porta a utilizzare un'antilingua, fatta di sigle tecniche e perifrasi complicate, per mascherare scelte discutibili in campo bioetico; o che vuole imporre, con gli eufemismi politicamente corretti, un certo modo di pensare.

Qualcuno potrebbe ricordarci che, dopotutto, si tratta di tecniche di marketing. Ma il marketing, se è fatto da professionisti seri, serve a migliorare la comunicazione, non a imbonire l'utente.

Oltre alla malizia, in effetti, contano anche ignoranza e provincialismo; quasi che un termine esotico (e spesso fuori posto) basti a dare l'idea della modernità e dell'efficienza.
Ci viene in mente, com'è naturale, il grande Alberto Sordi, che nel film Un americano a Roma interpretava Nando Mericoni, ragazzo romano infatuato dell'America del cinema e dei fumetti. Il Nando Mericoni che avrebbe voluto nascere "nel Kansans City", che sognava di diventare artista famoso presentandosi come "Santi Bailor", che giurava di essere "padrone della lingua" e intercalava con un improbabile "what's american boys ! ".

Se l'abuso di termini stranieri impropri da parte di una piccola azienda può far sorridere, diventa invece grottesco e preoccupante se lo ritroviamo in una grande società come Poste Italiane. Molti si saranno già accorti del dilagare, negli uffici postali, di termini come Postpay, Postshop, ecc. Ma non bastava.

Con l’ordine di servizio n.34/06 Prot 51/2006, avente ad oggetto "Struttura organizzativa", Poste Italiane ha provveduto, per "favorire la diffusione di una cultura organizzativa orientata all’adozione di terminologie universalmente condivise nei contesti di business (…) e garantire una piena intelligibilità del modello organizzativo a tutti gli stakeholders di riferimento", a "ridefinire la denominazione delle funzioni organizzative aziendali e ad attribuire i seguenti job title e le connesse responsabilità". E questo è l'elenco: Vice President, Executive Vice President e Senior Vice President, Strategic Planning, Chief Financial Office & Operational Planning, Human Resources Organization, Chief Information Office, Internal Auditing, Legal Affairs, Corporate Affairs, Communication & Advertising, Security & Safety, Purchasing, Business Unit BancoPosta, Business Unit Mail...
Chi ha firmato questa 'perla' organizzativa? Naturalmente lo... Chief Executive Officer (per gli "ignoranti", l'amministratore delegato)!

Le Poste si premurano dunque di spiegare perché ravvisano la necessità di questa babele linguistica: per "garantire una piena intelligibilità del modello organizzativo a tutti gli stakeholders di riferimento". Cioè - se abbiamo ben inteso - gli stakeholders di riferimento (che sarebbero i "portatori di interessi forti"), che sono essenzialmente italiani, ...  non sono in grado di comprendere un modello organizzativo descritto in italiano?!

Non conta nulla, naturalmente, che oltre agli stakeholders "di riferimento" ci siano quelli "deboli", cioè... noi utenti. E che tra gli utenti più numerosi delle Poste ci siano gli anziani.

Non conta nulla, altresì, che le Poste Italiane, per quanto società per azioni, siano concessionarie di un pubblico servizio. Non pretendiamo - troppa grazia! - che applichino le direttive del Dipartimento (già Ministero) della Funzione pubblica per l'uso di un linguaggio chiaro e trasparente. Ma il ricorso ad una terminologia incomprensibile e - soprattutto - inutile ci fa rimpiangere persino il "burocratese", il quale almeno denota la semplice pigrizia di non 'tradurre' per l'utente termini tecnico-giuridici che, di per sé, sarebbero appropriati.

Insomma, se all'ufficio postale vi hanno smarrito una raccomandata, per reclamare non chiedete del direttore di filiale, bensì del Santi Bailor...  pardon, dello "Chief of Business Unit Mail"!


P.S.: due anni dopo, per fortuna, le Poste ci ripensano



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