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Libertà e limiti di satira e critica. Il relativismo razzista
      Scritto da Francesco Cassani
08/03/06
Ultimo Aggiornamento: 05/07/11

vignette_islam.gif

La vicenda delle vignette sul terrorismo islamico pubblicate da un giornale danese (alcune delle quali ritraevano anche Maometto) ci impone di riflettere su due punti: 1) quale sia l'estensione che noi occidentali possiamo dare al diritto di critica e di satira; 2) quale sia l'attuiale maturità culturale del mondo islamico nel recepire non le offese (una reazione sarebbe qui comprensibile), ma almeno le critiche.

1) La nostra civiltà ci ha insegnato che libertà di pensiero e di espressione significa anche libertà di critica (contro ogni museruola relativistapoliticamente corretta); anche nella forma della satira.
Ma la libertà si coniuga con la responsabilità verso la dignità delle persone. Dunque conosce limiti?
Sì. Anzitutto quelli della calunnia e della diffamazione: non possiamo attribuire fatti riprovevoli non veri.
Ma anche quelli della derisione e dello sbeffeggiamento: un conto è ironizzare, anche pesantemente, su difetti veri o presunti; altro conto è porsi l'obiettivo di umiliare l'altro o le sue idee o la sua fede religiosa. Come scorgere tale limite? A noi, tutto sommato, sembra facile: non fare agli altri quello che non vorreste fosse fatto a te. Sareste indifferenti ad una satira che vi raffigurasse come maiali che si rotolano nel fango, o come pedofili, o che attribuisse a vostra madre l'esercizio del mestiere più vecchio del mondo?
Ricordiamocelo quando irridiamo gli altri, soprattutto nella fede religiosa, che - per chi crede - è il bene più profondo.
Anche qui non dovrebbe essere difficile capire che un conto è mettere alla berlina il comportamento sociale di un fedele o - al limite - di un ministro del suo culto. Altro conto è irridere il fedele e il ministro in quanto tali, i loro gesti religiosi, o addirittura le scritture o le figure sacre: significa disprezzare le persone e la libertà religiosa, importante come e più di quella di satira.

Fanno bene dunque gli islamici a scandalizzarsi?
Secondo noi, anche se l'Occidente ha il diritto di criticare e mettere alla berlina l'integralismo islamico, deve far attenzione a non identificarlo tout court con la fede islamica.

2) In ogni caso, anche ammettendo che alcune vignette potessero essere considerate troppo "forti", è evidente che le reazioni sono state spropositate: alla violenza - presunta - verbale o scritta non posso rispondere con quella fisica. Un sacerdote romano, don Santoro, è stato addirittura ucciso da un giovane condizionato da questo pesante clima d'odio. Si tratta peraltro di reazioni non spontanee, ma promosse da un'accurata regia: le vignette risalgono al 30 settembre 2005, le proteste sono esplose nel gennaio 2006 dopo mesi di contatti tra l'imam integralista palestinese Abu Laban e i vertici istituzionali della Lega araba, di molti Stati islamici, di molti mezzi di comunicazione. La "piazza" islamica, inoltre, è purtroppo facilmente manipolabile.

Luca Sofri ha postato l'8 febbraio sul suo blog (Wittgenstein), di insospettabile orientamento progressista, il commento "Postilla danese" :

"C’è un’altra cosa fastidiosa nel dibattito sulle vignette eccetera. È l’involontario ma esplicito razzismo che sta dentro il relativismo culturale: è la pretesa di essere indulgenti e rispettosi “perché loro sono fatti così”. Sono diversi, si incazzano e boicottano la Lurpak se un giornale ha pubblicato le vignette, “perché non capiscono la differenza, da loro non è così”. Manifestano e bruciano bandiere “perché per loro l’immagine del Profeta è sacra”. Pretendono le scuse del primo ministro “perché non conoscono la differenza tra governi e privati”. Sono diversi.
È evidente che chi sostiene queste cose, con una sincera convinzione di essere nient’altro che rispettoso degli altri, se dei naziskin assaltassero un giornale che ha pubblicato un attacco al Cristianesimo, non direbbero mai “sono fatti così, a loro le radici dell’Europa non gliele puoi toccare”, o “è stata una provocazione”. Ma anche a dei militanti Diesse che bruciassero in piazza le copie del Giornale o proclamassero che non ospiteranno più padani nei loro ristoranti e alberghi, nessuno direbbe “sono stati provocati, loro quando gli tocchi Unipol si incazzano”.
Dare il diritto a qualcuno di comportarsi da cretino, o anche solo trovargli giustificazioni e provocazioni, è dargli del cretino."


Inoltre, la richiesta di rispetto da parte dei musulmani sarebbe più stimabile se si accompagnasse ad uguale rispetto verso le altre fedi religiose. Che invece sono continuamente offese (il cristianesimo, ma anche l'ebraismo) in modi ben più pesanti di quanto abbiano fatto le vignette danesi. 

(Gli esempi di pessimi vignettisti di pessimo gusto li abbiamo anche in Italia, vedi Vauro).

Il probelma, dunque, non si riduce al rifiuto dell'offesa, ma si estende al rifiuto di ogni critica, di ogni dialogo razionale, come dimostrano le reazioni ad alcune dichiarazioni di Benedetto XVI, o le minacce che subiscono i pensatori islamici moderati. E si estende alla sempre maggiore influenza che hanno gli ambienti integralisti.



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