Accanto alle opinioni di quanti segnalano la pericolosità della pillola RU486, pubblichiamo un contributo che espone le ragioni di quanti ne vedono con favore l'introduzione.
L'aborto chirurgico è per la donna la strada più dura da percorrere, che spesso lascia un indelebile trauma psicologico oltre che fisico. Cerchiamo di indagare sui reali effetti positivi o negativi dell'RU486 e sul perché anche in Campania da alcuni sia fortemente voluta. A oggi si ritiene che la RU486 sia stata impiegata in Europa in oltre 600.000 casi, mentre fonti non ufficiali indicano che in Cina (altro Paese in cui è da tempo consentito l'impiego del farmaco) gli aborti così effettuati siano oltre tre milioni. Il nostro percorso parte dalla possibilità per la donna di effettuare un aborto non chirurgico: parliamo del mifepristone, contenuto nella pillola RU486, non un ormone, ma una sostanza che impedisce al progesterone (questo sì, un ormone fondamentale) di svolgere il suo lavoro, occupandone i recettori nell'apparato genitale femminile. Il risultato è che la somministrazione del mifepristone dopo il concepimento induce l'aborto: nella pratica, sostituisce il bisturi, attivando gli stessi meccanismi che causano l'aborto spontaneo. Data la sua azione, per questo farmaco è stato ipotizzato anche l'impiego nel trattamento del tumore della mammella, dell'endometriosi e della sindrome di Cushing, tutte malattie il cui andamento dipende proprio dall'azione degli ormoni sui tessuti interessati. Il mifepristone non funziona da solo come abortivo: viene infatti associato a un'altra sostanza, una prostaglandina (il misoprostolo, ma anche altre). Ovviamente, si assume sotto controllo medico, anche se non è necessario restare in ospedale fino ad aborto avvenuto. Prima di procedere è necessario determinare esattamente lo stadio della gravidanza (l'efficacia del farmaco è massima nelle primissime fasi) e controllare che non sia in atto una gravidanza extrauterina (può essere sufficiente un'ecografia). La posologia prevede la somministrazione di 600 mg di mifepristone e, due giorni dopo, la somministrazione della prostaglandina. Di norma, al massimo entro due settimane dalla somministrazione del secondo farmaco si produce l'aborto spontaneo, ma nel 75% dei casi l'aborto si verifica già entro 24 ore dall'assunzione della prostaglandina. Complessivamente, l'efficacia è del 95% circa, a patto che si agisca entro la settima settimana di gravidanza. Parliamo degli effetti negativi. Bisogna chiarire che abortire con la pillola comporta gli stessi effetti collaterali della procedura chirurgica: possibilità di emorragie, dolori addominali, disturbi gastrointestinali. Sono comunque minori i rischi, rispetto all'intervento, di lesioni all'utero e nulli quelli legati all'anestesia. In Campania molti medici ritengono di sperimentare la RU486, spiegando che il loro protocollo consentirebbe di interrompere una gravidanza fino al 49° giorno. In effetti si tratta di un piccolo parto, dolori compresi, ecco perché ad esempio in Francia questa soluzione è preferita solo dal 20 - 30% delle donne. Nel nord Europa è invece la regola, anche perché con le prostraglandine si somministrano antidolorifici. Sugli aborti nella nostra regione, l'Istat stesso scrive nell'annuario statistico del 6 novembre 2002: "Si può quindi affermare che in Campania sta cambiando il modello di abortività volontaria: si sta passando da un modello di tipo "tradizionale", caratterizzato da un ricorso all'Ivg soprattutto delle donne coniugate con figli, a un modello, più simile a quello dei Paesi nord europei, in cui l'aborto è più estemporaneo e legato a situazioni di "emergenza", ovvero non viene più utilizzato per controllare le dinamiche di pianificazione familiare".