Oggi si parla molto delle “fake news”, le notizie false. Ci si riferisce soprattutto a quelle provenienti da fonti non autorevoli; magari create appositamente per inquinare il dibattito pubblico, la cui circolazione sarebbe agevolata da internet.
È vero che la qualità dell’informazione è importante.
Ma a volte le lamentele di media e vertici politici contro le “fake news” non sono dettate dalla preoccupazione per la verità e l’accuratezza, ma solo dal desiderio di mantenere il monopolio informativo. Per cui ci si "dimentica" delle fake news prodotte da ambienti qualificati… notizie e previsioni allarmistiche messe in circolazione per spaventare e condizionare l’opinione pubblica.
Uno dei casi più clamorosi di questi anni è stato il catastrofismo sulla Brexit.
In prossimità del referendum, ma anche nei mesi successivi (nel disperato tentativo di indurre l'opinione pubblica a una marcia indietro), molte istituzioni proclamavano che alla Brexit avrebbe in pochissimo tempo fatto seguito la rovina della Gran Bretagna.
Il governo Cameron parlava di recessione immediata, con 520 mila disoccupati e 3,6 punti di PIL in meno nell’arco di due anni.
Niente di tutto questo si è verificato.
Il PIL ha continuato a crescere di circa 1,5 punti l’anno (leggermente meno della media degli anni precedenti, ma scontando l’incertezza sugli scenari di uscita dall’UE). La disoccupazione è scesa dal 5% del giugno 2016 al 3,8% del novembre 2019. La sterlina si è stabilizzata dopo la svalutazione iniziale (che forse era la correzione di una sopravvalutazione precedente), con effetti che come sempre in questi casi si bilanciano: cresce un po’ l’inflazione, ma migliorano l’export e gli investimenti esteri.
Le imprese che hanno abbandonato Londra come sede finanziaria principale o hanno progettato la chiusura di impianti produttivi nel Regno Unito si contano sulle dita di una mano.
Si è trattato di semplici previsioni errate, e non di fake news (notizie false) in senso stretto? In realtà erano state presentate come previsioni certe, tacciando di ignoranza e malafede chi osava metterle in discussione. Il loro mancato avverarsi attesta che non si è trattato di semplici errori, ma di tentativi manipolatori.
Un’altra bufala clamorosa, circolata subito dopo il referendum, era che gli Inglesi si fossero “pentiti” del loro voto (il tutto basato su una lettura manipolatoria di un sondaggio). Le recenti elezioni europee e le successive politiche hanno clamorosamente smentito questa “fake new” (stavolta in senso stretto).
È vero che il percorso concreto della Brexit, dopo il referendum, è stato assai tormentato.
Ma non perché fosse una tragedia che non si sapeva come affrontare (l’unico problema concreto su cui si è dovuto trovare un compromesso era quello del cosiddetto “backstop”). Semplicemente, la classe dirigente inglese che doveva condurre in porto le trattative, vale a dire il Partito Conservatore di Theresa May, non era convinta di questa prospettiva; molti parlamentari remavano contro il verdetto popolare.
È bastato che salisse al vertice del partito un leader deciso come Johnson, per cambiare completamente scenario. Dopo l’elezione di un nuovo parlamento disposto a condurre in porto la Brexit, la trattativa con l’Unione Europea (che fino al giorno prima faceva ridicolmente la faccia feroce) si è sbloccata in pochi giorni.
Nei prossimi mesi dovranno essere definiti gli accordi di dettaglio, ma dalla mezzanotte di oggi la Brexit è cosa fatta.
Il futuro sarà rose e fiori? Questo non lo sappiamo.
Il Fondo monetario internazionale pronostica per i prossimi anni una crescita dell’economia britannica più decisa di quella europea.
Altri sono preoccupati per l’occasione persa: una Grande Europa sarebbe stata più facilmente protagonista in uno scenario mondiale sempre più complesso.
Quand’anche fosse, dovremmo tutti interrogarci se la “colpa” di questo passo indietro nel cammino della costruzione europea sia da addebitare alla Gran Bretagna o ai vertici dell’Unione, che hanno lasciato incancrenire problemi (economici e sociali) lamentati da molti altri popoli europei…
Ad ogni modo, non intendiamo riaprire il dibattito sul futuro europeo (quando si fanno previsioni, ognuno può dire la sua…), ma solo rimarcare un dato di fatto: gli scenari catastrofisti sulla Brexit sono stati una delle più grandi fake news “ufficiali” degli ultimi anni.