L'antefatto: nel 2008 uno dei primi provvedimenti del nuovo governo Berlusconi fu quello di istituire un'imposta - un'addizionale Ires - sui profitti delle imprese che operano in campo energetico. Quest'imposta, fortemente voluta dal ministro Tremonti, fu enfaticamente definita "Robin Hood tax", perché doveva "togliere ai ricchi per dare ai poveri".
In un nostro articolo avevamo subito segnalato il rischio della "traslazione" dell'imposta, cioè che le imprese avrebbero finito per scaricarne i costi sui consumatori, semplicemente... aumentando i prezzi.
Aggiungevamo che non serviva inserire nella legge un divieto della traslazione, se all'Autorità per l'energia elettrica e il gas non venivano assegnati poteri sanzionatori effettivi. Soprattutto, evidenziavamo - come avevano fatto gli stessi vertici dell'Autorità dell'epoca (subito sostituiti!) - che il fenomeno della traslazione non può essere evitato con divieti e controlli, ma solo se si creano le condizioni di un mercato realmente concorrenziale.
Ebbene: l'Autorità per l'energia, nella sua Relazione al Parlamento dello scorso 24 gennaio, ha evidenziato per gli anni 2009 e 2010 (i dati della traslazione per il 2011 sono ancora in corso di elaborazione) incrementi dei margini di profitto - dovuti ad aumenti di prezzo collegati a violazioni del divieto di traslazione - pari a circa a 7,8 miliardi di euro, a fronte di un ammontare del gettito dell'imposta pari 1,267 miliardi. Insomma, l'imposta ha innescato un meccanismo di traslazione che ha comportato per i cittadini-consumatori costi molto maggiori dei ricavi per il bilancio dello Stato!
Eravamo stati facili profeti...