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Economia - Notizie e Commenti
"Liberalizzazioni"... ma per chi? Stampa E-mail
Alcune novitą positive per i consumatori. Ma anche "punizioni" e "premi" ad alcune categorie
      Scritto da Giovanni Martino
19/07/06
vignetta di Vincino da Il Foglio
Servizi “liberalizzati” dovrebbe significare più concorrenza, impossibilità per le categorie professionali di proteggersi con comode rendite di posizione, necessità di offrire servizî migliori e più trasparenti a prezzi più convenienti. Chi ci guadagna è il cittadino-consumatore e, infine, l’intera economia.

Tutto bene, dunque, con le “liberalizzazioni” volute dal Governo? Beh, dobbiamo prima vedere se si tratta di vere liberalizzazioni…

Innanzitutto evidenziamo che, quando si tratta di affrontare i problemi concreti, molti degli slogan cui è abituata la sinistra si rivelano frutto di una demagogia poco sincera verso il cittadino: ricordate le invettive contro il “liberismo selvaggio”? Oggi assistiamo alla repentina conversione sulla via della dea "liberalizzazione"...

In secondo luogo, notiamo come non sia stato rispettato quello che per la stessa sinistra sembrava un dogma irrinunciabile: la “concertazione”, ovvero la necessità di subordinare ogni decisione all’accordo con le parti sociali. Qui non solo non c’è l’accordo, ma non c’è stata neanche la consultazione, visto che la maggior parte dei provvedimenti sono stati assunti con decreto legge! Il fatto è che se le categorie coinvolte sono quelle delle libere professioni, tradizionalmente poco allineate a sinistra, l’occasione è propizia – in barba ad ogni concertazione – per qualche piccola vendetta politica.

Altra solfa se si tratta di toccare interessi amici. Per una parte dei provvedimenti annunciati è stata scelta la via ben più prudente - e incerta - del disegno di legge: come per la class action – azione legale di risarcimento collettiva contro le industrie –, che tocca i poteri forti; o come per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che tocca le giunte rosse.

Per non parlare di altre liberalizzazioni che non sono state prese in considerazione: quelle (energia, telecomunicazioni, trasporti, poste) che toccherebbero i grandi monopoli di fatto; o quelle (servizi gestiti direttamente dallo Stato o da enti pubblici) che toccherebbero i sindacati, alla cui influenza - politica, ma anche economica - la sinistra non può sottrarsi.

Alle banche, come vedremo oltre, ciò che si dà è molto più concreto di ciò che si toglie.

L’intento di distinguere categorie “amiche” e “nemiche” si vede anche in uno dei provvedimenti più discussi: la possibilità di vendere farmaci nei supermercati. Si tratta di un dazio da pagare alla grande distribuzione gestita dalle Coop rosse, che su questo tema avevano avviato da tempo una grande raccolta di firme. Quando si dice il “conflitto d’interessi”… L’occasione è anche quella di fare un favore alle case farmaceutiche, le stesse agevolate con l’abolizione dei ticket sui farmaci, con le proposte di diffondere l’aborto farmacologico, ecc.

In terzo luogo, dal complesso dei provvedimenti sembra emergere un inquietante disegno sociale: ridurre gli spazi del lavoro autonomo, per allargare il modello fondato sul binomio grande capitale-lavoro dipendente. Vanno in questa direzione le misure che privilegiano la grande distribuzione rispetto al piccolo commercio; o che danno alle società di capitale  e alle grandi cooperative (anche qui lo zampino delle Coop rosse...) la possibilità di acquisire le licenze dei taxi (punto su cui le proteste sembrano aver indotto il Governo a fare marcia indietro...) o di aprire studi professionali e farmacie, trasformando i lavoratori autonomi in dipendenti. Se le categorie di autonomi hanno costruito, in alcuni casi, anche privilegi corporativi, non bisogna commettere la fesseria di identificare tout court i lavoratori autonomi "cattivi" come classe di privilegiati, da ridimensionare sempre più a favore dei lavoratori dipendenti "buoni". Non dimentichiamo che il lavoro autonomo rischia in proprio, senza molte delle garanzie dei dipendenti; che la sua vitalità è sempre stata la molla dello sviluppo italiano; che anche altre categorie hanno i loro privilegi.

Se guardiamo ai reali interessi dei consumatori, senza utilizzarli come alibi per punire categorie professionali che non votano come si vorrebbe, ci accorgiamo che la volontà di costruire questo tipo di riassetto sociale (anziché colpire i veri privilegi) non è di nessun vantaggio per i consumatori: non aumenta la concorrenza, non migliora l'efficienza (visto che si tratta di servizî nei quali non servono economie di scala o grandi beni capitali). Piuttosto, si avrebbero rischiose ripercussioni sulla crescita economica e persino sugli spazi di libertà sociale. Sarebbe certo meno libera una società con pochi poteri forti (grandi imprese, sindacati), capaci di trattare direttamente con lo Stato pianificatore, e tanti lavoratori dipendenti deboli e ricattabili. Un modello di controllo sociale congeniale alla visione - più o meno consapevole - e alle alleanze della sinistra.

Tutto sbagliato, allora? Non stiamo dicendo questo, naturalmente. Proseguire sulla strada delle liberalizzazioni è un passo importante, che la precedente maggioranza di centro-destra non ha fatto con sufficiente coraggio.

Bisogna però capire, nel merito, se queste “liberalizzazioni” sono fatte con buon senso: ed è quello che proveremo a fare, sia pure in sintesi.

Bisogna poi che questa strada sia percorsa con coerenza, in tutte le direzioni, uscendo dalla mera retorica della "lotta ai privilegi delle corporazioni": non vanno assunti provvedimenti meramente punitivi, non vanno limitati gli spazi di autonomia sociale, non vanno dimenticati i privilegi - enormi - della grande corporazione sindacale-confindustriale, legata anche al sistema bancario e della comunicazione. Ha creato più danni al Paese lo scandalo Parmalat... o i tassisti?

Commercio e assicurazioni - Utile la liberalizzazione delle vendite promozionali negli esercizi commerciali, l’eliminazione dei vincoli alle categorie merceologiche dei beni che possono essere posti in vendita (estensione di norme già in vigore), la possibilità per gli agenti assicurativi di essere plurimandatarî (vendere polizze di compagnie diverse).

Farmaci - Positiva l’abolizione del tetto di sconto per i farmaci. Invece, la possibilità di vendere i farmaci da banco nei supermercati è di fatto un incentivo al consumo di beni che non sono come tutti gli altri: il consumo eccessivo di farmaci (che già esiste nel nostro Paese) nuoce gravemente alla salute, anche se giova… alle tasche di chi li vende. Non dimentichiamo che in Italia la mortalità dovuta ad un uso scorretto dei farmaci è quattro volte inferiore a quella degli Stati Uniti (da cui vorremmo importare l'uso di consentirne la vendita nei supermercati). Il vantaggio per il cittadino è ridotto, perché l'obbligo di assumere un farmacista-commesso (di per sé sensato per le ragioni di cautela che abbiamo esposto) è un costo che solo pochi grandi soggetti (indovinate chi? Coop e ipermercati? Risposta esatta!) possono permettersi; negli autogrill, ad esempio, l'aspirina non la troveremo. Inoltre, il cuore del provvedimento è un altro: l'ingresso delle società tra i soggetti che possono gestire farmacie, anche più di una; la possibilità per una stessa società di occuparsi di distribuzione di farmaci e gestione di farmacie (col rischio che venga privilegiata la vendita dei farmaci distribuiti).

Taxi - Per le licenze dei taxi è sì auspicabile un incremento del loro numero, che è meno della metà rispetto alle altre grandi città europee (anche se le tariffe sono allineate). Tale incremento dovrebbe però essere graduale, anche perché le licenze sono state spesso acquistate a cifre molto alte e costituiscono la "liquidazione" dei tassisti. Ma non è questo il cuore del decreto governativo, perché la competenza sulle licenze resta affidata ai Comuni. La vera novità è l'abolizione del divieto di cumulo delle licenze, con la possibilità per società di capitale e cooperative di farne incetta, per assumere poi personale da mettere alla guida delle macchine: così si crea solo un nuovo caporalato, senza utilità per gli utenti e con le negative conseguenze sociali che abbiamo accennato. Infatti si tratta di uno dei primi punti su cui il Governo ha fatto marcia indietro. Ma c'é bisogno di minacciare blocchi del traffico per indurre alla ragionevolezza? E le categorie che non possono - o non vorrebbero - ricorrere a forme di protesta tanto estreme?

Ordini professionali - Quanto all’abolizione delle tariffe fisse e del divieto di pubblicità per gli ordini professionali, si nota subito che medici e giornalisti – gli ordini più potenti – sono esentati… C’è poi il rischio che i professionisti siano ricattabili dai clienti più grandi (banche, imprese): meglio sarebbe una diversificazione di discipline (come già esiste per la legge sulla garanzia post-vendita dei prodotti) tra cliente-consumatore e cliente-agente economico. Il divieto di pagare le prestazioni professionali in contanti, con l'obbligo di aprire conti correnti appositi e utilizzare gli strumenti bancarî, si rivela un favore alle banche, una complicazione per i professionisti, una vessazione per i clienti più disagiati (che non hanno conti in banca), un aumento di costi finali per tutti; una complicazione per di più inutile, perché esiste già l’obbligo di fatturazione: se viene eluso quello, viene eluso anche il pagamento tracciabile… Positiva la possibilità degli studi multidisciplinari. Negativa, come detto, la possibilità di studî gestiti da società di capitali (col rischio anche dell'ingresso di capitali illeciti nel delicato mondo delle professioni legali).

Banche - Importante l’obbligo per le banche di comunicare direttamente ai correntisti le variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali, lasciando un congruo termine per consentire eventualmente il cambio di istituto bancario. Ma non è sufficiente a consentire davvero all'utente la libertà di cambiare istituto in caso di insoddisfazione: sarebbe fondamentale introdurre la “portabilità” del numero di conto corrente, come aveva in cantiere il precedente Governo, per evitare l’odissea di spostare tutte le domiciliazioni delle utenze di servizî: bollette, ecc.). In ogni caso, le banche sono ampiamente compensate, come visto, con il ben più concreto obbligo per i professionisti di utilizzare mezzi di incasso e di pagamento bancarî.

Passaggi di proprietà - L’abolizione dell’obbligo di rivolgersi al notaio per i passaggi di proprietà di automobili e moto è cosa buona, ma farà risparmiare meno di 50 euro: a quando l’eliminazione dei più consistenti balzelli per le modifiche al PRA e le imposte provinciali?

Servizî pubblici – Viene introdotto l’obbligo per gli enti locali di affidare i servizî gestiti dalle aziende c.d. “municipalizzate” (raccolta rifiuti, elettricità, gas, trasporti) con gara pubblica; ciò dovrebbe consentire di superare i monopolî delle finte SpA che erano divenute fonte di nuove inefficienze e clientele. Ma usiamo il condizionale, perché – come visto – per ora siamo di fronte solo ad un disegno di legge, che contiene peraltro una serie di “eccezioni” (le quali consentono di prorogare l’attuale sistema) da eliminare. Lo stesso principio dovrebbe essere esteso, con i necessarî controlli, ad altri servizî pubblici gestiti direttamente dallo Stato. 

Nel decreto in esame esistono altri provvedimenti, più settoriali (società, IVA, immobili), elaborati dal sottosegretario Visco, che possono essere così sintetizzati: più tasse.



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