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Politica - Notizie e Commenti
Referendum e opportunismi Stampa E-mail
I favorevoli ai quesiti spuntano all’ultimo minuto. I contrarî hanno paura di esporsi
      Scritto da Francesco Cassani
30/05/11
La consapevolezza è necessaria per non essere trasformati in pedine
La consapevolezza è necessaria per non essere trasformati in pedine
Il prossimo 12 e 13 giugno ci sarà la possibilità di votare per quattro referendum abrogativi di norme legislative (tutte approvate dal governo Berlusconi):

- due quesiti vogliono bloccare l’apertura ai privati nella gestione delle risorse idriche (ma anche di tutti i servizi pubblici che possono essere svolti in modo industriale: scheda rossa) e impedire la remunerazione degli investimenti (scheda gialla);

- uno (scheda grigia) vuole impedire la costruzione di centrali nucleari;

- uno (scheda verde) vuole abrogare la legge che consente al Presidente del Consiglio e ai ministri di non presentarsi ad udienze penali laddove sia attestato un “legittimo impedimento”.

I primi due quesiti sono promossi dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, composto da alcune associazioni civiche e ambientaliste prevalentemente di sinistra; il terzo dal partito Italia dei Valori e da alcune organizzazioni ambientaliste; il quarto ancora dal partito di Di Pietro.

Tenendo conto che da quasi vent’anni i referendum abrogativi non raggiungono il quorum, fino a ieri gli altri partiti della sinistra non si sono “esposti” nel sostegno ai nuovi quesiti, temendo la ricaduta d’immagine negativa di un nuovo flop.

Oggi lo scenario sembra cambiato.
L’incidente nucleare verificatosi in Giappone lascia presumere un maggior coinvolgimento emotivo nella partecipazione al voto. E le amministrative hanno conosciuto un’inaspettata sconfitta del centrodestra.
Per cui, contrordine: a sinistra si scorge l’occasione per appuntarsi una vittoria politica, e si invoca l’assalto alle urne.
Anche a rischio di clamorose smentite di posizioni precedenti: il Pd, quando si faceva paladino delle "liberalizzazioni", era formalmente favorevole alla partecipazione dei privati alla gestione dei servizi privati (ora solo alcuni suoi esponenti, come Chiamparino e Renzi, restano fedeli a quelle posizioni).

Reciprocamente, nel fronte moderato non si ha più il coraggio di difendere le leggi approvate, e ci si appella alla “libertà di voto”.

Insomma: il merito dei quesiti è sommerso da calcoli politici opportunistici.

Noi non cerchiamo tornaconti politici, per cui forse possiamo permetterci di dire semplicemente quello che pensiamo: ci sembra opportuna l’astensione (come strada per respingere i quesiti) su servizi idrici e nucleare, mentre forse sarebbe da approvare – votando “sì” - il quesito sul legittimo impedimento.

In estrema sintesi.

1) Acqua e servizi pubblici locali.

Sono i due quesiti più ideologici e mistificatorî. Non è vero che la normativa oggetto di abrogazione vuole “privatizzare l’acqua”: le risorse idriche restano pubbliche.
La legge che recepisce il “decreto Ronchi”, piuttosto, vuol consentire efficienza e trasparenza nella gestione dei servizi pubblici locali che possono essere svolti in modo industriale (non solo distribuzione dell'acqua, ma anche servizi di igiene urbana, ecc.), rendendo obbligatorie le gare pubbliche cui possono partecipare soggetti sia pubblici sia privati.
Gestione che avverrà sotto il controllo di un’Autorità regolatrice che vigili sulla qualità del servizio e la congruità delle tariffe.
Si tratta di porre rimedio alla situazione attuale, in cui assistiamo a grandi sprechi di acqua e – soprattutto – all’uso delle società pubbliche di gestione (le c.d. “municipalizzate”) come potenti strumenti di clientelismo e inquinamento della politica. Su questi aspetti (e sul pregiudizio ideologico alla base del referendum: “le cose importanti devono essere pubbliche”) ci siamo analiticamente espressi in un apposito articolo.

2) Nucleare.

L’incidente in Giappone ha riguardato una vecchia centrale, sottoposta a un evento naturale di forza distruttiva non riproducibile dalle nostre parti.
Eppure il Giappone è una nazione avanzata, e non avrebbe dovuto sottovalutare il pericolo. Potrebbe succedere qualcosa di simile anche da noi?

Di fronte alle azioni avventate di altri Paesi, potremmo – dovremmo – aprire un grande e trasparente dibattito sull’effettiva sicurezza delle nuove centrali previste, definire stress test rigidissimi, ecc. Dovremmo valutare pro e contro di tutte le fonti energetiche.
Come sta avvenendo in tutto il mondo: nessuno – se non la Germania - ha bloccato i piani di sviluppo nucleare. Neanche il Giappone!

Invece, rinunciare in partenza ad una fonte di energia per noi necessaria (paghiamo l’energia elettrica molto più degli altri Paesi, il che è una palla al piede sulle nostre possibilità di sviluppo) sembra una decisione illogica.

3) Legittimo impedimento.

Anche sulla questione del rapporto tra giustizia e politica, e sul fondamento delle posizioni di Berlusconi, ci siamo già espressi.
La norma sul legittimo impedimento potrebbe rappresentare un giusto equilibrio, soprattutto nella ridefinizione che ne ha dato la Corte costituzionale, circoscrivendo i casi in cui vi si può far ricorso.

Ciò che stona, nella legge in vigore, è però l’estensione della protezione a tutti i ministri, mentre sembrerebbe più opportuno restringerne il campo d’applicazione al Presidente del Consiglio.
Un ministro “chiacchierato”, infatti, si può forse fare momentaneamente da parte, senza che ciò significhi espropriare gli elettori del diritto di esprimere la propria volontà di governo.

Quanto detto può essere il frutto di un ragionamento sul merito del quesito. Se poi il referendum deve essere solo l'occasione per schierarsi pro o contro Berlusconi e le leggi "ad personam"...


Lo strumento dell’astensione

Esprimendo la nostra contrarietà ai primi tre quesiti (i due sull’acqua e quello sul nucleare) abbiamo parlato di “astensione”.

I sostenitori dei referendum spesso utilizzano slogan del tipo: “Votate come credete, anche ‘no’, ma votate. Chi non vota manifesta scarso senso civico, disimpegno”.

A queste affermazioni possiamo rispondere con i medesimi argomenti che abbiamo utilizzato in occasione dei referendum sulla fecondazione artificiale del 2005 (e sulla legge elettorale del 2009): non andare a votare è una scelta pienamente consapevole nonché un diritto costituzionale; è l’unico modo efficace per opporsi ai referendum. Chi vota “no” (o scheda bianca o nulla) rischia solo di aiutare i “sì” a vincere.

Oppure, chi vuole sostenere solo alcuni quesiti dovrà aver cura di non ritirare le schede dei referendum cui è invece contrario (bisognerà dichiarare subito al presidente della sezione la volontà di non ritirare quelle schede, quindi prima di essere registrati dagli scrutatori nel registro dei votanti al referendum).

Rimandiamo al nostro precedente articolo per un'accurata analisi politico-giuridica dei motivi che legittimano l'astensione.

Concludendo: l’approvazione dei quesiti referendarî non produrrebbe sconquassi nella vita italiana, lasciando le cose più o meno come stanno.

Il nostro augurio è però che ognuno adoperi la sua autonomia di giudizio, al di là di fumisterie ideologiche e opportunismi politici.



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