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I social network: cosa spinge al loro utilizzo? Solo curiositą e voyeurismo? Stampa E-mail
Un fenomeno che sta trasformando il nostro modo di vivere e comunicare
      Scritto da Chiara Landi
07/03/11

“Chattare”, “taggare”, “postare”, sono ormai termini entrati a far parte del lessico quotidiano, e sempre più persone navigano in rete per accedere ai siti dei social network del momento, come Facebook, Twitter, MySpace.

Il termine social network, traducibile dall’inglese con “rete sociale”, viene utilizzato nell’ambito del web per indicare un insieme di individui legati tra loro da una qualsiasi forma di relazione sociale: da una rapporto d’amicizia, familiare o di lavoro, ad una conoscenza casuale.

Diventa così possibile condividere interessi, scambiare informazioni ed opinioni con altre persone, all’interno di uno spazio virtuale: il "cyberspazio".

Frequentatori dei social network sono soprattutto i giovani, che trascorrono in assoluto più tempo in rete, interagendo con familiari, amici, persone nuove.

Quello dei social network è un fenomeno che dal 2003 sta diffondendosi a macchia d’olio; è sotto gli occhi di tutti che, se da un lato possono offrire vantaggi, dall’altro, se non utilizzati in modo corretto, rischiano di diventare fonte di pericoli.

Quanto ai vantaggi, queste reti offrono l’opportunità di una comunicazione immediata, consentendoci così di superare il ‘vincolo’ del faccia a faccia, a volte limitante per la difficoltà a colmare le distanze: a quanti di noi è capitato di sentire un familiare, un amico o il proprio partner, che si trovava all’altro capo del mondo, senza percepire l’effettiva lontananza? L’utile poi si unisce al dilettevole: poter evadere per un attimo in un “mondo diverso”, lontano dagli aspetti frenetici e stressanti della vita quotidiana, favorisce altresì un po’ di svago; e chi di noi non rimarrebbe allettato dal poter curiosare nei “fatti” degli altri? La possibilità di farlo ci diverte e ci distrae momentaneamente dalle nostre attività di routine.

I social network sono un’opportunità anche per conoscere nuove persone, o amici di amici; e magari potrebbe nascere, perché no, una love story tra una chiacchierata e l’altra in chat, durante un reciproco scambio di commenti su una foto o su un link condiviso.

Oltre che per fini esclusivamente ludici, le reti telematiche vengono utilizzate anche per scopi professionali; è il caso di LinkedIn, network che mette in contatto i professionisti di tutto il mondo, consentendo di ricercare offerte di lavoro e di collegarsi con le aziende.

Se però da un lato i social network ci garantiscono reali vantaggi, ci intrattengono e ci divertono, dall’altro quali sono i pericoli a cui andiamo incontro?

Innanzitutto, questi strumenti rischiano di alienarci progressivamente dalla quotidianità e dalla realtà concreta, se non utilizzati in modo corretto: l’individuo può arrivare a trascorrere un sempre maggior numero di ore all’interno del cyberspazio, non riuscendo più a distinguere tra realtà e realtà virtuale; la velocità delle operazioni (e il risparmio di tempo che ne consegue) può paradossalmente indurre a sprecar tempo moltiplicando operazioni (commenti, messaggi) superflue; in casi estremi, la persona diventa irrequieta se non naviga, può mettere a repentaglio i rapporti con la propria famiglia, perdere addirittura il posto di lavoro ed utilizzare il cyberspazio come rifugio ai problemi della vita. Oltre all’effettivo disagio della dipendenza, i social network ci abituano ad una comunicazione non visiva con l’altra persona, e questo rende i rapporti interpersonali deboli, distanti, superficiali; ci offrono peraltro la possibilità di cambiare molte volte la nostra identità virtuale, illudendoci che le nostre insicurezze possano essere aggirate mostrandoci diversi da quello che siamo.

Peraltro, la quantità di dati personali caricati sul web, anche se magari a supporto di identità virtuali, permette agli altri di avere un quadro esauriente, fin nei dettagli, della nostra identità vera; tutto questo ovviamente comporta un eccesso d’informazione, dunque la fine della privacy (con ripercussioni anche impreviste: aziende che non ci assumono perché trovano nel nostro profilo informazioni imbarazzanti - anche vecchie -, furti d'identità, ecc.) e la possibilità di fare incontri pericolosi.

Ad ogni modo, cos’è che spinge l’utente, da un punto di vista psicologico, all’utilizzo dei social network?

Curiosità ed evasione temporanea in un nuovo spazio sono certamente gli input iniziali, ma quali sono le motivazioni che inducono a proseguire?

Giuseppe Riva, insegnante di Psicologia della comunicazione e di Psicologia e nuove tecnologie della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano, sostiene che i social network possano aiutare gli utenti a soddisfare precise categorie di bisogni.

Egli si rifà alla “Piramide di Maslow”, ideata dallo psicologo americano Abraham Maslow, secondo cui l’individuo agisce per soddisfare una scala gerarchica di bisogni umani.

L’utente, infatti, a conferma di una ricerca condotta a livello mondiale da Microsoft Digital Advertising Solutions, opera nel social network per i seguenti bisogni:

  • Bisogni di sicurezza: le persone con cui comunico sono «amici» e non estranei. Posso scegliere chi è un «amico», controllare che cosa racconta di sé e commentarlo;
  • bisogni associativi: con questi «amici» posso comunicare e scambiare opinioni, risorse, applicazioni. Se voglio, posso perfino cercare tra loro l’anima gemella;
  • bisogni di autostima: io posso scegliere gli «amici» ma anche gli altri possono farlo. Per questo, se tanti mi hanno scelto come «amico» allora valgo;
  • bisogni di autorealizzazione: posso raccontare me stesso (dove sono e cosa faccio) come voglio e posso usare le mie competenze anche per aiutare qualcuno dei miei «amici» che mi ascolta”.1

Ma perché la gente ricerca la soddisfazione a questi bisogni proprio attraverso i social network?

Viviamo oggi in una società dai ritmi sempre più frenetici, nella quale diventa difficile instaurare relazioni solide e durature; le reti sociali telematiche ci aiutano così a mantenere i contatti con persone che probabilmente nella vita di tutti i giorni non sentiremmo, o meglio, ci danno l’illusione di tener saldi i legami con moltissima gente. Più persone si hanno nella propria lista di amici, più ciò inorgoglisce, infonde sicurezza e aumenta l’autostima. Diventa più facile raccontare quello che si vuole dietro ad uno schermo, parlare con chi si desidera e interrompere la comunicazione qualora lo si voglia, senza mostrarsi fisicamente all’altro. È vero anche che noi tutti siamo soliti ripetere esperienze che ci divertono e che ci gratificano, per cui una volta spinti dalla curiosità iniziale, quell’esperienza finirà col piacerci e sentiremo così il bisogno di ripeterla; del resto lo psicologo Americano Dan Pink avvalora questa tesi.

In fin dei conti, ci sembra che la maggior parte delle persone siano consapevoli che tali “piazze virtuali” non sostituiscono la vita di tutti i giorni e non vanno a cancellare quelle abitudini, quelle attività che si svolgevano prima; piuttosto, tali pratiche vengono riprodotte in forma più efficiente. Se in precedenza usufruivo del telefono per parlare o per organizzare un’uscita con un amico, ora posso fare la stessa cosa anche con i social network; rimane comunque il fatto che continuerò ad utilizzare il telefono o a incontrare le persone quando ne ho il piacere o la necessità. Le reti telematiche non competono con la vita di tutti i giorni, ma la facilitano, se usate con precauzione; è anche vero che determinati bisogni umani, come la necessità di sentirsi gratificati, realizzati, stimati si possono soddisfare in pienezza solo nella vita di tutti i giorni: sul posto di lavoro, in famiglia, con la vicinanza delle persone care.

I social network rimangono dunque una piacevole e limitata distrazione di fronte all’esigenza di soddisfare bisogni reali e indispensabili, e solo come tali vanno considerati.

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1. Giuseppe RIVA, I social network, Bologna, Il Mulino, 2010



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