Di fronte alla duplice strategia dell’integralismo islamista – estromettere le comunità cristiane dai Paesi islamici, tentare un’islamizzazione aggressiva dell’Europa -, i Paesi europei possono oscillare tra due estremi: l’attitudine – sin qui prevalente - ad ignorare il fenomeno (perché ne viene sottovalutata la gravità, oppure perché si ritiene che serva a bilanciare ogni “revanscismo” cristiano); o, all’opposto, la tentazione di reagire in maniera aggressiva, con ritorsioni.
Ma esiste una via intermedia: esigere con fermezza il rispetto dei diritti umani.
Come ha evidenziato il ministro degli Esteri Frattini, in una dichiarazione resa a Sky Tg24 il 2 gennaio 2011 dopo l’attentato alla chiesa copta di Alessandria d’Egitto: “L'Europa elargisce aiuti generosi a tanti Paesi (…) ma non possiamo avere in cambio distrazione o tolleranza verso le stragi”; per cui “come Europa è il momento di pensare cosa fare dei contributi a quei Paesi che non collaborano”.
Un altro modo di dimostrare fermezza con equità è anche quello seguito dalla Norvegia, che ha deciso di far rispettare un basilare principio del diritto internazionale, il “principio di reciprocità”.
Ce ne parla Lorenzo Fazzini in un articolo pubblicato su Avvenire con il titolo Oslo chiede moschee «alla pari».
Questa volta i pionieri vengono dal Nord. Arriva dalla Norvegia, infatti, una notizia che rappresenta una svolta nelle relazioni internazionali a livello politico-religioso. Infatti il governo di Oslo, con una mossa finora inedita, ha rivendicato piena reciprocità rispetto al tema della libertà religiosa.
Destinatario dell’autorevole osservazione diplomatica l’Arabia saudita, la «patria» dell’islam, visto che la dinastia Saud che governa nella Penisola araba è considerata la custode della Mecca, il luogo più santo dell’islam. Ebbene, proprio da Ryiadh, sia dal governo che da enti privati, era venuta nei giorni scorsi la richiesta all’esecutivo di Oslo di un via libera per il finanziamento (la stampa scandinava ha parlato di decine di milioni di euro) ad una nuova moschea gestita dal Centro islamico Tawfiiq nella stessa capitale scandinava. Ebbene, la risposta del ministero degli Esteri, Jonas Gahr Störe, è stata lapidaria: «Nessuna moschea "saudita" in Norvegia senza libertà religiosa in Arabia saudita». Ovvero, il rifiuto di accettare che un Paese come l’Arabia, noto per la sua assoluta mancanza di libertà di culto e di credo, possa finanziare nel proprio territorio la costruzione di un luogo di preghiera. Ma c’è di più. Störe – che non può essere assimilato ad un islamofobo, viste le sue passate posizioni "ecumeniche" durante il caso delle vignette danesi su Maometto – ha ribadito: «Avremmo potuto dire semplicemente: "No, il nostro governo non approva questi finanziamenti". E invece abbiamo approfittato dell’occasione per aggiungere che sarebbe paradossale accettare questo flusso di denaro saudita dal momento che la nascita di una comunità cristiana in Arabia viene considerata un crimine».
Secondo la costituzione saudita, infatti, l’islam è religione di Stato e non è ammesso nessun culto diverso, nemmeno per i milioni di immigrati (cristiani ma anche indù) provenienti dall’Asia in cerca di lavoro nel settore petrolifero. Fece scalpore, nel 2005, il caso del cristiano indiano Brian Savio O’Connor, arrestato, imprigionato e torturato perché sorpreso in possesso di Bibbie e libri cristiani. Solo una campagna internazionale promossa dall’agenzia AsiaNews riuscì a sensibilizzare l’opinione pubblica e ad ottenere la scarcerazione di O’Connor, che fu poi espulso dal Paese.
La mossa di Oslo, dunque, non ha niente di islamofobo ma si richiama alla tradizione del rispetto dei diritti umani, di cui la libertà religiosa costituisce il pilastro, come più volte sostenuto da Giovanni Paolo II. Il quale, profetico anche su questo, lanciò il tema della "reciprocità" nello storico incontro con la gioventù musulmana nello stadio di Casablanca, in Marocco: era il 19 agosto 1985. Queste le parole di Wojtyla: «Il rispetto e i dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi, in particolare quella dei giovani». Discorso ricordato e rievocato da Benedetto XVI a Castel Gandolfo il 25 settembre 2006 nel suo incontro con gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza islamica, all’indomani delle polemiche scaturite dalla lezione papale di Ratisbona.
Intanto il governo di Oslo non si ferma e guarda avanti. Il ministro Störe ha infatti affermato: «Constato che molti dei miei colleghi europei hanno lo stesso problema», cioè il finanziamento di moschee da parte dell’islam wahabita di matrice saudita, una delle versioni meno aperte della religione coranica. «La Norvegia – ha concluso il ministro – porterà il problema davanti al Consiglio d’Europa».