Immagine di Cristo macchiata del sangue dei cristiani copti vittime dell'attentato di Alessandria d'Egitto
(...) Quello che appare essere in atto in tutto il Medio Oriente è una vera e propria spinta a omogeneizzare il tessuto sociale dal punto di vista religioso. Per lungo tempo il mondo musulmano ha conosciuto la piaga della rivolta contro i propri leader ritenuti corrotti e (intimamente) apostati da parte di movimenti che si autoproclamavano i soli interpreti autentici del messaggio del Profeta Maometto.
Pensando all’Egitto, il pensiero corre immediatamente ad Anwar el Sadat, il coraggioso presidente del viaggio a Gerusalemme che venne assassinato da appartenenti ai Fratelli Musulmani pochi anni dopo aver stipulato i primi accordi di pace con Israele.
In campo sciita, con tutti i necessari distinguo, è impossibile non ricordare la rivoluzione khomeinista, che portò alla caduta dello scià Reza Pahlavi e all’instaurazione della Repubblica islamica dell’Iran.
In realtà, quella della rivolta violenta e del tirannicidio è una pratica antichissima (...) anche perché, nulla, o non molto, è cambiato nello stile di conduzione dei regimi politici della regione nel corso degli ultimi 1200 anni.
Poco importa che si richiamino a sempre più lontane e confuse rivoluzioni socialiste (l’Egitto), all’oscurantismo religioso (l’Arabia Saudita), o a un qualche pasticcio concettuale frutto della caduta violenta e per mano straniera del precedente tiranno (l’Iraq): resta il fatto che gli spazi effettivi di tolleranza e rispetto per la diversità e la sovranità individuale che tali regimi contemplano sono talmente irrisori da finire col contribuire a legittimare essi stessi la violenza di cui sono oggetto.
In quella che agli occhi dei fondamentalisti violenti è una fitna (una lotta interna al mondo musulmano contro gli apostati e gli eretici), da oltre un decennio è però divampata una vera e propria jihad il cui scopo è purificare la società dalla presenza cristiana. In parte questo è dovuto alla semplicistica sovrapposizione tra cristianesimo e Occidente, che ha accompagnato la progressiva marginalizzazione politica del primo e l’ascesa del secondo nel corso soprattutto del Novecento. Ma in parte è anche legata all’obiettivo di rendere religiosamente uniformi le società arabe, così che il messaggio che associa in maniera esclusiva la rivolta politica e la sua declinazione islamista radicale non trovi più alcun ostacolo.
D’altra parte, nei tanti regimi illiberali che da sempre costellano la regione, i cristiani avevano trovato protezione (e non diritti) in quanto comunità politicamente sottomessa al potere costituito, e non come individui, come del resto la stessa tradizione coranica e la lunga consuetudine della dominazione prima araba poi ottomana avevano loro insegnato. Ecco allora che è sempre stato particolarmente facile e odioso additarne i loro esponenti come manutengoli del tiranno, legati a lui ma estranei al corpo di una società beceramente immaginata e violentemente modellata come monolitica.
L’Egitto è tradizionalmente il paese più importante del mondo arabo, il solo vero alleato (e non cliente) americano in quel mondo. Al Cairo Obama scelse di tenere il suo importante e infruttuoso discorso ai musulmani del mondo. A distanza di circa due anni da allora, il regime è sempre più avviluppato in una crisi di transizione di cui non vede un’uscita che possa essere auspicabile, dove l’introduzione di elezioni fantoccio ha contribuito a esasperare la tensione politica e sociale, e dove il futuro di una minoranza cristiana che risale a quasi duemila anni orsono appare sempre più nero.
Pubblicato su La Stampa
Il prof. Parsi fa risalire ad un decennio fa il divampare di una jihad volta a "purificare" le società mediorientali dalla presenza cristiana.
A nostro avviso, però, questa spinta può essere retrodatata di almeno venticinque anni, e collegata ad una strategia ben precisa, che sembra sia stata definita nel 1974, durante la conferenza di Lahore organizzata dall'Organizzazione della Conferenza Islamica. A latere della conferenza, su impulso di esponenti dell'islamismo estremista (Fratelli Musulmani, salafiti, wahhabiti), sarebbe stata approvata una risoluzione riservata che progettava l'espulsione delle comunità cristiane dal Medio Oriente entro il 2000 e l'islamizzazione dell'Europa entro il 2050. Dietrologie?
Fatto sta che il primo progetto iniziò a manifestarsi poco dopo, a fine anni Settanta, con l'aggressione alla comunità cristiana allora più numerosa e influente, quella libanese. È proseguito nei territori palestinesi, e nell'ultimo decennio in Iraq (anche a causa della malaccorta gestione del post-Saddam), in Pakistan, in Egitto, in Sudan e in Turchia. La "tabella di marcia" è in ritardo, ma i risultati sono stati evidentissimi, con l'abbattimento delle percentuali di cristiani presenti.
Quanto al secondo progetto (l'islamizzazione dell'Europa), apparentemente farneticante, si veda l'accurata analisi contenuta nell'articolo La questione islamica, che inserisce tale progetto in un più generale disegno islamista antioccidentale, in embrione già dalla fine degli anni Sessanta e delineatosi più chiaramente alla fine degli anni Ottanta.