Papa Benedetto XVI intervistato da Peter Seewald
Le parole del papa sull’uso del preservativo contenute nel libro intervista a Peter Seewald, Licht der Welt (Luce del mondo), hanno destato sensazione. Alcuni le hanno salutate come una provvidenziale attenuazione della posizione tradizionale di chiusura sulla contraccezione, altri vi hanno visto un tradimento della dottrina cattolica sulla sessualità, altri ancora hanno cercato di minimizzarle sostenendo che il papa non ha in realtà detto nulla di nuovo.
(...) A me sembra che il papa si sia comportato come quello scriba del Vangelo che trae dal suo scrigno “cose vecchie e cose nuove”. Le sue parole ci offrono una prospettiva nuova per vedere la dottrina di sempre. Dicono insieme di più e di meno di quello che alcuni interpreti vi hanno voluto vedere.
Questa volta il papa si è espresso in un linguaggio colloquiale, non tecnico. Questo rende più difficile ai teologi capire la portata esatta delle sue parole, ha però anche il vantaggio di raggiungere direttamente ed efficacemente l’uomo comune. Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta.
Quello che il Papa ha detto
Cerchiamo prima di tutto di collocare le affermazioni del papa nel loro giusto contesto.
La domanda di Seewald riguarda il viaggio in Africa del papa e la risonanza che ebbero le sue parole quando disse che davanti al dramma dell’AIDS il condom non è la soluzione. Si rimproverava alla Chiesa di essere lontana dal dramma dell’AIDS e addirittura di essere responsabile del diffondersi della malattia a causa del suo rifiuto del preservativo.
Nella intervista il papa non rinnega nulla di quanto allora ha detto. La Chiesa è vicina ai malati di AIDS, ne rispetta la dignità e ne condivide la pena. Circa un quarto dei malati di AIDS nel mondo sono curati in istituzioni cattoliche. Il condom però non è la soluzione. La soluzione è l'astinenza prematrimoniale e la fedeltà coniugale. Una coppia di sposi fedeli è isolata dal contagio. La cultura della sessualità responsabile è la vera risposta all’AIDS.
Le campagne di propaganda del profilattico hanno il difetto di dare per scontato che la fedeltà coniugale sia impossibile e che le relazioni sessuali non possano essere contenute all’interno di una norma morale. Il presupposto di quelle campagne è che la persona non possa controllare la propria sessualità e che non abbia nemmeno un obbligo morale di farlo. È la cultura del “one night stand”. Vai a letto una notte con uno, e quella dopo con un altro. Insieme con quella cultura si diffonde inevitabilmente anche l’AIDS, e l’uso del condom può certo ritardare questa diffusione, ma non impedirla. A prescindere dall’AIDS, quella cultura crea solitudine e disperazione umana ed è il contrario della cultura della famiglia e del lavoro di cui l’Africa ha bisogno per crescere.
Ai giovani la Chiesa dirà non di usare il condom, ma di evitare i rapporti prematrimoniali. Alle coppie la Chiesa non dirà di usare il condom, ma di essere fedeli. Ma cosa dirà la Chiesa alle prostitute? Qui inizia il problema a cui il papa vuole rispondere.
(...) Il papa fa riferimento (un poco avanti nel testo) alla teoria “ABC” in tono cautamente positivo o almeno senza condannarla. Cosa dice questa teoria, sviluppata in ambito secolare ("non religioso", ndr) sulla base della esperienza sul campo?
Prima di tutto dice di non avere rapporti sessuali fuori di una scelta di comunità di vita coniugale: A sta per “Abstinence”.
Una volta stabilita questa comunità di vita dice di essere fedeli: B sta per “Be faithful”.
Se proprio non ci riesci (per esempio perché fai la prostituta) almeno usa il Condom.
Sui primi due punti sembrano non esserci problemi per la morale cattolica. Cosa dire sul terzo?
Proviamo a svolgere il ragionamento del papa.
Se fai la prostituta il tuo primo problema morale non è certo il condom ma la prostituzione. Se proprio non riesci a tirartene fuori almeno usa il condom in modo da non mettere a rischio la tua vita e quella dei tuoi clienti.
L’uso del condom rimane in sé peccaminoso e nessun cambiamento viene apportato alla dottrina tradizionale. È tuttavia un peccato meno grave dell’omicidio o del tentato omicidio, del suicidio o del tentato suicidio che commetteresti accettando un rapporto non protetto. Per questo, come dice esattissimamente il papa, può essere un primo passo verso un recupero della coscienza morale.
Esistono peccati più gravi di altri? Non c’è dubbio, lo attesta una lunghissima tradizione che risale a san Tommaso ed oltre. Erano gli stoici ma non i cristiani a sostenere che tutti i peccati sono eguali. Ad un amico devo sempre indicare la vita della virtù. Se però (per il momento) non riesce a seguirla faccio bene a consigliarlo almeno di evitare le colpe più gravi.
Non c’è nessun cambiamento dottrinale. C’è un'intelligente lettura pastorale che ha conseguenze di grande rilievo, per esempio, per il politico che deve decidere in materia di campagne di propaganda anti AIDS oltre che per tutti quelli che hanno il compito di orientare altre persone (genitori, educatori ecc…). Non posso dire al mio popolo che il condom è la soluzione. Devo parlare prima di tutto di astinenza e di fedeltà. Però posso (devo) dire anche: se proprio non ce la fai, usa almeno il condom.
(Questo ragionamento, ovviamente, è tradito da chi ha timore a proclamarne la prima parte - astinenza e fedeltà - per timore delle reazioni culturali e sociali che può suscitare, e si limita a propugnare il "male minore": infatti un comportamento - come l'uso del condom -, nel momento in cui è consigliato al di fuori di un adeguato percorso, non viene più percepito dal destinatario come "male" - seppure "minore" - da superare, ma anzi come comportamento buono.
Peraltro, nel passo appena riportato (ma ancor di più in un passaggio che abbiamo omesso, in cui il ragionamento è esteso al caso dell'adulterio, non preso in considerazione dal Papa), l'autore dell'articolo probabilmente forza il pensiero del pontefice. Infatti, per quanto Benedetto XVI si astenga dal condannare la teoria "ABC" come strumento di prevenzione sanitaria, non la ripropone come insegnamento morale. Non si spinge, cioè, a suggerire - sia pure come male minore - l'uso del preservativo; non pone una nuova norma generale capace di attenuare l'immoralità di alcuni comportamenti (altrimenti, qualsiasi comportamento immorale potrebbe essere giustificato dall'essere un male minore rispetto a qualcos'altro...). Il Papa, piuttosto, ricorda che "singoli casi motivati" possono essere prudentemente valutati in funzione pastorale, quando cioè rappresentano il "primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana". Ndr)
(...)
Un altro modo di pensare
In poche parole, il papa ci ha aperto uno spiraglio su di un modo nuovo (e tradizionale) di pensare i problemi della teologia morale. L'argomentazione del papa sembra essere consequenzialista ma non lo è.
(...) L’etica consequenzialista ritiene che la valutazione morale dell’azione sia interamente dipendente da una considerazione delle conseguenze dell’azione stessa. (...)
All’etica consequenzialista si oppone l’etica della coscienza (o "deontologica", ndr) che ritiene che alcune azioni siano cattive di per sé e indipendentemente da qualunque considerazione delle conseguenze. [Tali azioni] sono “intrinsice mala” e non possono mai essere accettate. La qualifica morale dell’atto non dipende (solo) dalle conseguenze ma, primariamente, dalla sua natura propria. Il dibattito sulla Humanae vitae è stato dominato in larga parte dal confronto fra queste due scuole teologiche.
(Esiste anche un'etica motivazionale, che guarda alla motivazione interiore del soggetto che compie l'azione. L'etica cristiana, nella valutazione morale complessiva di un atto, comprende sia la dimensione motivazionale, sia quella deontologica, sia quella consequenziale: v. Catechismo della Chiesa Cattolica ai nn.1750/1756. Ndr).
La posizione del papa non è consequenzialista perché per lui non ci sono dubbi sul fatto che la contraccezione artificiale è intrinsecamente cattiva, sempre e in ogni caso, e non può mai essere buona. Alcune azioni (e la contraccezione è una di queste) hanno una loro natura intrinseca che comporta una valutazione morale.
Come mai allora il papa introduce un argomento consequenzialista (ma anche motivazionale, ndr)? Lo fa perché (correttamente) la valutazione delle conseguenze è importante per determinare il grado della responsabilità morale (e la valutazione della motivazione interiore - cioè della "intenzione di diminuire il pericolo di contagio", come dice letteralmente il Papa - è importante per valutare la possibilità di iniziare un cammino di conversione, ndr).
(...)
Già Giovanni Paolo II, nella esortazione apostolica Familiaris consortio aveva parlato di una “legge della gradualità” distinguendola accuratamente da una (supposta) gradualità delle legge. La legge di Dio non cambia. La conversione, però, non è un avvenimento puntuale ma un cammino con le sue tappe ed i suoi ritorni indietro. La Chiesa accompagna l’uomo in questo cammino, con rigore e pazienza. Qualcosa del genere aveva scritto, anni prima, un grande amico di Joseph Ratzinger, Hans Urs von Balthazar.
In conclusione
Il papa riconosce chiaramente il ruolo e anche un certo primato dell’oggetto nella determinazione della natura dell’atto morale. Richiama però a non sottovalutare il ruolo, complementare ma importante, delle circostanze e del lato soggettivo dell’azione. Bisogna domandarsi quanto il soggetto sia in grado di percepire pienamente la situazione morale nella quale si trova e guidarlo per un cammino progressivo di avvicinamento alla verità. La natura dell’atto non cambia ma la responsabilità soggettiva per esso può variare. Si apre qui lo spazio dell’accompagnamento pastorale dell’uomo verso la verità.
pubblicato sul blog di Sandro Magister Settimo cielo.
*Il nome dell'autore dell'articolo è uno pseudonimo.
Il 21 dicembre, su L'Osservatore romano, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato una Nota sulla banalizzazione della sessualità. A proposito di alcune letture di "Luce del Mondo", che fornisce un'interpretazione "autentica" - e, ci pare, esauriente - delle parole del Papa.