Nel 1961 Umberto Eco pubblicò un articolo-saggio divenuto celebre, Fenomenologia di Mike Bongiorno, nel quale analizzava le ragioni del successo del noto presentatore. Queste ragioni venivano rinvenute nella scarsa cultura di Mike, che avrebbe consentito al pubblico di identificarsi senza soggezione nel personaggio.
Oggi Eco potrebbe riscrivere quel saggio cambiando poche virgole, e adattandolo a Fabio Fazio, nuovo simbolo della mediocrità di massa.
Anzi, se proprio vogliamo cercare differenze tra Bongiorno e Fazio, potremmo notare che il parallelo volge decisamente a favore del primo.
La “mediocrità” di Mike suscitava addirittura simpatia, perché era ammessa senza complessi dal presentatore stesso; il quale, anzi, ci giocava su, divertendosi ad inventare alcune gaffes.
Anche il pubblico che si identificava con lui può essere guardato con simpatia: era il pubblico di un’Italia che si risollevava dalla guerra, che stava costruendo il boom economico, che aveva desiderio di migliorarsi e ammirava chi riconosceva i proprî limiti (Mike) o chi si distingueva per la sua abilità e cultura (magari nozionistica, come i concorrenti dei giochi a quiz).
La mediocrità di Fazio, invece, è supponente.
Il conduttore di Che tempo che fa e Vieni via con me ostenta una finta umiltà, messa da parte quando assume toni gravi e solenni.
L’ironia di Fazio è sempre al servizio di un progetto politico: diventa satira pungente e sprezzante quando prende a bersaglio avversarî politici o ideologici; si stinge in una complicità scherzosa (o addirittura scompare nell’elogio magniloquente) quando il nostro sceglie di far da spalla all’ “intellettuale” radical-chic di turno.
Tralasciamo, per carità, ogni considerazione sul fatto che la faziosità (nomen omen) è esercitata – e ben pagata - sulla televisione pubblica.
I contenuti delle sue trasmissioni hanno paurose oscillazioni a seconda di chi sta al Governo: l’accorata denuncia sociale esibita quando governa il centro-destra (“Vado via dall’Italia?”) cede il posto alla celebrazione di un nuovo Rinascimento quando governa il centro-sinistra.
Il pubblico di Fazio, o almeno la parte che si identifica con lui, è lo stesso che ammira Santoro e compagnia: un pubblico che non vuole sorridere, ma irridere; che non vuole comprendere, ma indignarsi (perché ha già capito tutto).
Insomma, Fazio è l’alfiere ideale di una sinistra orfana di ogni valore, ripiegata in una vaga invocazione di moralità pubblica (quella degli altri) associata a un sostanziale libertinismo privato (che si nutre dell'espansione del desiderio); una pseudocultura insofferente per ogni idea diversa, secondo i dettami del politicamente corretto.
Per diventare alfieri di una pseudocultura, però, bisogna avere capacità particolari, bisogna saperla teorizzare. Ed è quello che Fazio è riuscito a fare in Vieni via con me, introducendo il modello comunicativo della “lista” o “elenco” che dir si voglia.
Dunque: venticinque secoli di sviluppo del pensiero occidentale si sono basati sulla logica aristotelica, sull’ars retorica di Isocrate e Cicerone, sulla tecnica definitoria e deduttiva della giurisprudenza romanistica, sulle costruzioni sistematiche della filosofia e della teologia; si sono basati, insomma, sul ragionamento e l’argomentazione.
Fabio Fazio, con sublime genialità (?), cancella tutto ciò con un grande colpo di spugna, e teorizza l’elenco, cioè l’affastellamento di frasi apodittiche (non argomentate), che sono accostate per associazione emotiva (quando non strumentale, manipolatoria) e vogliono convincere per suggestione. Un “metodo” arbitrario, non confutabile, che ognuno può utilizzare per sostenere tutto e il contrario di tutto. L’apoteosi del relativismo nichilista e della mediocrità.
Peraltro, Fazio non si accontenta (i genî hanno sempre grandi ambizioni) dell’innovazione, ma la vuole imporre come modello unico. Al ministro Maroni, che chiedeva il diritto di replica per l’accusa di collusioni tra Lega e malavita organizzata, Fazio lo ha concesso con la condizione resa pubblica dal direttore di RaiTre Ruffini: “Se il ministro non intende fare una precisazione, ma leggere un elenco, una sua lista in veste di Ministro degli Interni, attenendosi al linguaggio del programma, sarà anche in questo caso il benvenuto”.
Il “linguaggio del programma”...
P.S.: Nella logica aristotelica vigeva il principio di non contraddizione (che può magari essere tradotto come “coerenza”). Fazio, ovviamente, ritiene di poterne fare a meno.
Tempo addietro avevamo rilevato la noncuranza con cui lui e Moretti si facevano beffe delle regole.
Oggi annotiamo che i malati gravi e le associazioni pro-vita hanno chiesto, come Maroni, un “diritto di replica” all’elogio piuttosto evidente dell’eutanasia fatto in Vieni via con me. Fazio ha accontentato il ministro, non i malati, ai quali ha risposto che potevano avere spazio altrove, che non si può offrire una replica a tutti, ecc. ecc.
Peccato che una delle prime trasmissioni di Fazio, nel 1991, condotta con Sandro Paternostro, si intitolasse .... Diritto di replica !