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Fecondazione artificiale
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I nodi della fecondazione artificiale e della ricerca sugli embrioni
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Tutti gli aspetti della materia, i referendum bocciati, le conseguenze se fossero stati approvati
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08/05/05
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Ultimo Aggiornamento: 14/09/09
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(vignetta di Vincino, da Il Foglio) L’antefatto. Febbraio 2004: il Parlamento italiano approva la legge (n.40/2004) sulla “procreazione medicalmente assistita” (come sempre, gli eufemismi devono mimetizzare l’espressione concreta - fecondazione artificiale - che a qualcuno dà fastidio), legge che disciplina un settore sino a quel momento del tutto privo di regole. Giugno-settembre 2004: vengono raccolte le firme per indire una serie di referendum per l’abrogazione della legge. Gennaio 2005: la Corte costituzionale dichiara inammissibile il referendum che intendeva abrogare tutta la legge, mentre ammette i quattro referendum che vogliono abrogare alcune parti della legge, anche se queste parti contengono in pratica i punti più controversi e importanti. Il 12 e 13 giugno 2005 sono stati celebrati tali referendum, con una schiacciante affermazione del fronte astensionista (75%), che non voleva l'abrogazione della legge. Se poi agli astensionisti sommiamo quelli che hanno espresso il loro favore per la legge andando a votare "no", raggiungiamo - a secondo dei quesiti - percentuali dal 77,2 all'80,5%... Abbiamo spiegato in un altro articolo qual era la posta in palio complessiva. Per conoscere in dettaglio gli aspetti della materia, per capire i motivi che ci hanno indotti a difendere la legge, resta utile l'analisi dei singoli quesiti referendari (noteremo che i titoli scelti dai promotori suggerivano spesso il contrario di quello che era il reale contenuto del quesito...) Quesito numero 1, intitolato dai referendari "Per consentire nuove cure...", voleva consentire di: distruggere embrioni e fare clonazioni
COSA PREVEDE LA LEGGE La legge, coerentemente col principio espresso all’articolo 1 di tutela dei diritti del concepito, vieta, agli articoli 13 e 14, la sperimentazione sugli embrioni che non sia volta a «finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso». Quindi viene vietata la produzione di embrioni umani a fini di ricerca, così come ogni forma di selezione eugenetica o manipolazioni per alterarne il patrimonio genetico, ogni intervento di clonazione, nonché la produzione di ibridi tra gameti umani e gameti di specie diverse. Per cercare di garantire il diritto alla vita dei concepiti, ne viene vietata la crioconservazione (congelamento), che mette gli embrioni in condizione di essere considerati «a disposizione», non solo per future gravidanze, ma anche dei ricercatori. COSA VOLEVA CAMBIARE IL QUESITO Il referendum si proponeva di abolire ogni divieto alla sperimentazione sugli embrioni. In particolare viene negata la necessità di effettuare ricerche solo a beneficio dell’embrione su cui si opera. Viene consentita la crioconservazione degli embrioni e, soprattutto, viene permessa la clonazione «mediante trasferimento di nucleo». Lo scopo dichiarato era quello di permettere di effettuare ricerche con le cellule staminali embrionali, attraverso la cosiddetta «clonazione terapeutica». Con questa tecnica, alcuni sperano di trovare terapie per gravi malattie producendo cellule sane con lo stesso patrimonio genetico del malato da curare: ma il prezzo da pagare è la distruzione di embrioni. COSA SAREBBE SUCCESSO SE AVESSERO VINTO I SÌ L’embrione sarebbe stato considerato, di fatto, semplice materiale biologico nelle mani degli scienziati e dei tecnici di laboratorio. Sarebbe stato tolto infatti ogni divieto alle sperimentazioni sugli embrioni, nella speranza di sviluppare terapie utili per l’uomo. In particolare si sarebbe riammesso il congelamento degli embrioni, che li rende disponibili – oltre che per eventuali successivi impianti in utero – anche per la ricerca scientifica «tout court», per essere utilizzati come cavie. Sarebbe stata anche possibile la clonazione umana mediante trasferimento di nucleo. In questo modo si permette la produzione di embrioni in laboratorio per trarne cellule staminali. La grancassa mediatica ribadisce a ogni pie' sospinto che ci sono milioni di malati in attesa delle terapie con le cellule staminali embrionali. Innanzitutto si pone l'inaccettabile principio per cui in vista di futuri, ipotetici, benefici per alcuni esseri umani (sia il numero dei malati, sia il tempo necessario per ottenere cure, sono dati imprecisabili), si distruggono altri concreti, presenti, esseri umani. Inoltre, le terapie presentate sono solo un’ipotesi non convalidata da dati scientifici: le ricerche già avviate in altri Paesi con le cellule staminali embrionali non hanno dato buoni risultati, perché queste cellule, per la loro indifferenziazione, si riproducono in maniera incontrollata (un po' come le cellule cancerogene). Mentre risultati promettenti sta dando proprio la ricerca su staminali adulte o estratte dal cordone ombelicale, senza bisogno di utilizzare embrioni. Sembra proprio che la "fiducia nella scienza" dei promotori del referendum si traduca in superstizione... Consentire sperimentazioni sugli embrioni significa poi aprire la porta alle orribili creazioni di incroci, di ibridi, tra specie umana ed altre specie animali (le cosiddette "Chimere", che sembravano un'esclusiva della mitologia o della fantascienza); significa spianare il tentativo di produrre uomini superiori "artificiali", che alcuni - le associazioni dei "trans-umanisti - invocano già apertamente! Infine, nonostante venga sostenuto che non è nelle intenzioni, l’abolizione del divieto di clonazione non avrebbe reso più punibile nemmeno chi mira alla clonazione non solo a scopo terapeutico, ma anche a scopo riproduttivo, cioè a far nascere bambini fotocopia (privati del diritto ad un patrimonio genetico originale, sui quali si trasferirebbe inevitabilmente la frustrazione di chi vuol crescere un altro "se stesso" immune da fallimenti...). Quesito numero 2, intitolato dai referendari "Per la tutela della salute della donna", voleva consentire: accesso non più limitato alle sole coppie sterili, possibilità di produrre embrioni in sovrannumero da sopprimere o commercializzare, selezione 'eugenetica' degli embrioni
COSA PREVEDE LA LEGGE L’articolo 1 della legge spiega che il provvedimento è mirato a «favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana». E, secondo un iter diagnostico-terapeutico improntato alla gradualità, indica che il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito quando non vi siano altri mezzi per rimuovere tali problemi (articolo 4). Una volta deciso il ricorso alla fecondazione artificiale, la legge prevede che le coppie vengano dettagliatamente informate su «metodi, problemi bioetici e possibili effetti collaterali sanitari e psicologici» delle tecniche, nonché dei «costi economici dell’intera procedura». Dopo essersi formati una volontà consapevole, i due partner devono esprimere un consenso informato scritto, che può essere revocato «fino al momento della fecondazione dell’ovulo», cioè fino al formarsi dell’embrione. La legge, all’articolo 14, allo scopo di tutelare gli embrioni prodotti, prevede che ne venga prodotto un numero utile a un unico e contemporaneo impianto e comunque non più di tre. Solo in caso di «documentata causa di forza maggiore» relativa allo stato di salute della donna che intervenga tra la fecondazione e l’impianto, viene consentito di congelare temporaneamente gli embrioni fino a che sia di nuovo possibile il trasferimento in utero. Quindi non è vero, come sostenevano alcuni referendari, che la legge è pericolosa per la salute della donna perché "obbliga" all'impianto degli embrioni. I rischi per la salute della donna (trattamenti ormonali) non sono una conseguenza della legge che si vuole abrogare, bensì sono legati alla fecondazione artificiale in sé; anzi, la legge tutela le donne esigendo una gradualità delle terapie ed una corretta informazione sui rischi che corrono. Ed è proprio questa tutela che i referendum volevano far venir meno... COSA VOLEVA CAMBIARE IL QUESITO Il quesito numero 2 mirava ad abolire il vincolo che per accedere alla procreazione assistita le coppie debbano avere problemi di sterilità accertata. Intendeva inoltre cancellare ogni principio di gradualità nel ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale. Voleva abolire ogni limite alla produzione di embrioni e dare la possibilità di rifiutare qualunque impianto anche dopo la formazione degli embrioni. Consentiva quindi di utilizzare la diagnosi pre-impianto come strumento per rifiutare l'impianto e scartare l'embrione. COSA SAREBBE SUCCESSO SE AVESSERO VINTO I SI' Il quesito che mirava ad abolire i limiti nell’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale e a facilitarne l’utilizzo aveva il chiaro scopo di volere solo soddisfare i desideri - e le ansie - degli adulti. Che per risolvere un problema di salute si faccia riferimento a un percorso graduale di diagnosi e terapia dovrebbe essere ovvio in campo medico. Cancellando il requisito della sterilità, inoltre, si puntava a trasformare la fecondazione artificiale da strumento per superare la sterilità a mezzo per dare un figlio a qualunque coppia; in particolare, permettendo la selezione eugenetica dei figli sani in caso di coppie portatrici di malattie genetiche, o la produzione di figli che abbiano determinate caratteristiche (compatibilità di tessuti per poter essere donatori, trasformando il futuro figlio in magazzino di parti di ricambio; oppure ). Eliminando poi il principio della gradualità delle terapie e di una corretta informazione delle donne sui rischi legati alle pratiche fecondative, il referendum indeboliva la tutela della salute della donna (l'esatto contrario di ciò che proclamava il titolo del quesito). Prima della legge, ma anche adesso in alcuni Paesi esteri, nel 50% dei casi (!) si pratica la fecondazione artificiale a chi potrebbe avere figli in maniera naturale, sottoponendo la donna agli inutili rischi da iperstimolazione ovarica (una storia incredibile - ma purtroppo vera - è quella narrata nel terzo degli articoli ripresi nella pagina Dalla parte delle donne). Inoltre, abolire ogni limite al numero di embrioni da produrre e ogni termine al "ripensamento" da parte delle coppie al loro utilizzo porta a favorire la produzione di embrioni destinati a non essere utilizzati: l’obiettivo è infatti solo dare un figlio in braccio, trascurando tutti quelli che nella procedura verranno sacrificati per evitare parti plurigemellari. Senza contare che la possibilità di "ripensamento" avrebbe consentito la produzione di embrioni non per essere utilizzati dalla coppia che li ha generati, ma intenzionalmente destinati ad essere donati o commercializzati per l'impianto in altre coppie, per esperimenti di laboratorio, per l'utilizzo nella cosmesi... Abolendo il vincolo che si punti a correggere situazioni di sterilità, e consentendo che a seguito della diagnosi pre-impianto alcuni embrioni possano essere scartati, si sarebbe arrivati a dare la possibilità di utilizzare la fecondazione artificiale per una selezione eugenetica di figli privi di malattie genetiche. Si tratta di una cosa pericolosissima per tutti, anche per gli adulti, perché porta a ritenere che una persona non perfettamente "sana" non abbia dignità pari a quella di tutti gli esseri umani. Chi stabilirebbe poi che cosa è la "sanità"? Chi impedirebbe che la selezione utilizzi anche criteri come il sesso, l'aspetto, l'altezza, la robustezza, l'intelligenza, programmando una schiera di individui di serie A e scartando quelli di serie B? La selezione già è stata usata per eliminare embrioni nei quali "avrebbero potuto" svilupparsi malattie; oppure è accaduto che embrioni, che la diagnosi aveva considerato incapaci di svilupparsi, sono stati impiantati e sono nati perfettamente sani. Peraltro, Non richiedere una gradualità nell’utilizzo delle tecniche significa trascurare una seria ricerca scientifica delle cause della sterilità e favorire chi propone subito alle coppie l’accesso alle tecniche – più costose – di fecondazione artificiale. Il bilancio del primo anno di applicazione della legge 40, il 2004, è stato di 200 bambini nati in più (applicando tecniche di fecondazione assistita) rispetto all'anno precedente! Non è vero nemmeno, quindi, che il limite dei tre embrioni riduca le possibilità di gravidanza, costringendo le donne a più cicli di trattamenti; la richiesta di produrre più embrioni serve solo ad averne un maggior numero da selezionare e su cui effettuare esperimenti. Quesito numero 3, intitolato dai referendari "Per l'autodeterminazione della donna", voleva consentire di: cancellare ogni diritto del concepito
COSA PREVEDE LA LEGGE La legge ha inserito tra le sue finalità, all’articolo 1, il riconoscimento dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. Vale a dire l’embrione prodotto con le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Si tratta di un’affermazione che intende dare una dignità all’essere umano sin dal concepimento, evitando di considerarlo un oggetto o un essere non ancora umano. E per dare seguito a tale affermazione si vieta che l’embrione venga trattato come una cosa, congelandolo o facendone oggetto di sperimentazione. Per il resto il quesito referendario numero 3 richiama gli stessi articoli della legge presi in esame dal quesito 2. COSA VOLEVA CAMBIARE IL QUESITO L’aspetto più significativo del quesito era proprio l’abolizione dei diritti del concepito. Secondo coloro che hanno proposto il referendum, il riconoscimento dell’esistenza di diritti al concepito porterebbe a rimettere in discussione il diritto ad abortire sancito dalla legge 194 del 1978 (dimenticando che quella legge non nega i diritti del concepito, ma si limita ad ammettere l'aborto in casi di necessità; per cui la nuova legge 40, già in vigore, non ha inciso e non incide su quella che regola l'aborto). Inoltre si riproponevano le richieste del quesito precedente: abolire il vincolo che per accedere a queste tecniche le coppie debbano avere problemi di sterilità accertata; cancellare ogni principio di gradualità nella loro applicazione; abolire ogni limite alla produzione di embrioni e aprire la possibilità di rifiutare qualunque impianto anche dopo la formazione degli embrioni. COSA SAREBBE SUCCESSO SE AVESSERO VINTO I SI' L’embrione sarebbe stato considerato un essere umano privo di qualsiasi diritto, in particolare quello alla vita. Si dimentica che l'inizio della vita a partire dal concepimento è ormai un'acquisizione comune della scienza: una sintesi di queste conclusioni è nel numero del luglio 2002 di Nature, la più importante rivista scientifica mondiale. Per cui sono infondate (oltre che volgari) affermazioni come "l'embrione è un ricciolo di materia, un grumo di cellule, un tessuto del corpo femminile". In realtà, l'embrione ha un codice genetico nuovo e unico, per cui è il primo stadio di sviluppo di ognuno di noi (coloro che si ostinano a negare la natura umana dell'embrione appena concepito sono peraltro in disaccordo su quando farla cominciare: da 14 giorni, 7 giorni, 30-40 ore dopo la fecondazione; non manca chi dà la dignità di persona solo agli individui in grado formulare ragionamenti articolati...). Dal momento del concepimento, esistono solo fasi ulteriori di sviluppo, anche dopo la nascita. E per chi coltivasse in ogni caso dubbi: non è più 'laico' e ragionevole attenersi al principio di precauzione, considerando intangibile quella che ha - almeno - grandi possibilità di essere vita? Quello stesso principio di precauzione invocato persino per gli OGM vegetali... Disconoscere la natura umana dell'embrione e pretendere di abolire ogni limite nell’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale si traduce nel favorire solo i desideri degli adulti, trasformati in «diritti». Inoltre, viene riproposto un vecchio schema propagandistico che cerca di contrapporre la donna ai suoi figli e ai diritti di altri soggetti deboli, che vede in ogni regola un attentato alla "autodeterminazione della donna", che si nasconde dietro questo schermo per portare avanti pesantissimi interessi economici. L'autodeterminazione della donna è difesa proprio dalla legge 40, perché richiede che la decisione di ricorrere alla fecondazione artificiale sia attenta e meditata. Quesito numero 4, intitolato dai referendari "Per la fecondazione eterologa", voleva consentire che: lo Stato fa nascere figli con un genitore anonimo
COSA PREVEDE LA LEGGE La legge consente di utilizzare nelle pratiche di fecondazione artificiale solo tecniche di tipo omologo, cioè con gameti (ovociti e spermatozoi) prelevati ai due partner - uomo e donna stabilmente conviventi - che vogliono avere il figlio. Questa è infatti una misura che intende tutelare il diritto del nascituro ad avere una famiglia con due genitori noti. Il divieto si accompagna a sanzioni nei confronti di coloro che esercitano una professione sanitaria (medici, infermieri, eccetera) che, in contrasto con il dettato della legge, utilizzino tecniche di tipo eterologo: sia pecuniaria, sia di sospensione dall’esercizio professionale. COSA VOLEVA CAMBIARE IL QUESITO Il referendum si proponeva di abolire il divieto di fecondazione eterologa. E, conseguentemente, le sanzioni che sono legate a chi trasgredisse a tale disposizione. La motivazione è esclusivamente «utilitaristica», cioè per ampliare il campo delle possibilità di trattamento per coloro ai quali le tecniche più tradizionali si dimostrano insufficienti o impossibili da impiegare. COSA SAREBBE SUCCESSO SE AVESSERO VINTO I SÌ Se avessero vinto i sì al referendum, lo Stato si sarebbe assunto la responsabilità di far nascere bambini che hanno solo un genitore biologico tra i due componenti della coppia. Un evento non dovuto ad una tragica fatalità, ma "programmato" in partenza... Cosa quanto mai singolare in un’epoca in cui la ricerca scientifica ci mostra ogni giorno che passa l’importanza della conoscenza del proprio patrimonio genetico. La legge avrebbe poi dovuto essere modificata o integrata in altre parti. In particolare si sarebbe dovuto chiarire se chi cede (solitamente a pagamento, contrariamente all’abitudine di chiamarlo "donatore") i propri gameti possa restare anonimo, o debba essere individuabile dal figlio biologico, sia per eventuali necessità di salute, sia per coloro che – cresciuti – desiderassero conoscere i propri genitori. L'importanza di conoscere i propri genitori biologici è ormai ampiamente riconosciuta dagli studi di psicologia. I "figli dell'eterologa" con donatore anonimo subiscono gravi turbamenti psicologici, ben diversi da chi stato adottato o è figlio di una relazione extraconiugale: questi figli si sentono ingannati dalla collettività. E' stato un 'adulterio' con molti testimoni all’origine della loro vita; tuttavia nessun registro dice la verità, “è una bugia perfino l’atto di nascita”. Joanna Rose, una donna che ha vinto in Gran Bretagna la causa per vedersi riconoscere il diritto di sapere chi è suo padre, ha dichiarato: “Quella che è stata applicata a noi è una logica da allevamento di animali in batteria". Sono problemi che si sono posti all’attenzione dei legislatori in quelle nazioni (per esempio Gran Bretagna e Svezia), dove l’eterologa è stata ammessa: la soluzione che viene sempre adottata è quella di rendere individuabile chi dona i propri gameti e questo ha fatto calare drasticamente il numero dei donatori... Dovrebbe poi essere noto l’utilizzo dei gameti di ciascun donatore, per escludere l’eventualità – remota ma non impossibile, soprattutto perché un donatore può avere molti più figli di un padre reale – di incesti tra i discendenti di uno stesso genitore. Bisognerebbe regolamentare i conflitti tra genitore biologico e genitore legale, che potrebbero rivendicare il figlio, facendo sorgere in questo gravi turbamenti. E le mamme in affitto? Le richieste di alimenti o di risarcimento di un figlio al proprio genitore biologico? Per una trattazione sistematica della materia:
Dossier sulla fecondazione del Movimento per la Vita -consultabile su http://www.mpv.org/a_22_IT_24_1.html -scaricabile in formato PDF dal link in fondo alla seguente pagina: http://www.mpv.org/a_16_IT_34_1.html
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