Il periodico lancio da parte di alcuni media di campagne di denigrazione della Chiesa cattolica è sotto gli occhi di tutti.
Lo storico Ernesto Galli Della Loggia, in un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 21 marzo, scrive: “Sempre più di frequente il discorso pubblico delle società occidentali mostra un atteggiamento sprezzante, quando non apertamente ostile, verso il Cristianesimo. All'indifferenza e alla lontananza che fino a qualche anno fa erano la regola, a una secolarizzazione per così dire silenziosa, vanno progressivamente sostituendosi un'irrisione impaziente, un'aperta aggressività che non è più solo appannaggio di ristrette cerchie di colti, come invece avveniva un tempo. Il bersaglio vero e maggiore è nella sostanza l'idea cristiana nel suo complesso, come dicevo, ma naturalmente, non foss'altro che per ragioni numeriche e di rappresentanza simbolica, sono poi quasi sempre il cattolicesimo e la sua Chiesa a essere presi in special modo di mira. Dappertutto, ma, come è ovvio, in Italia più che altrove.
Il celibato, il maschilismo, la pedofilia, l'autoritarismo gerarchico, la manipolazione della vera figura di Gesù, l'adulterazione dei testi fondativi, la complicità nella persecuzione degli ebrei, le speculazioni finanziarie, il disprezzo verso le donne e la conseguente negazione dei loro "diritti", il sessismo antiomosessuale, il disconoscimento del desiderio di paternità e maternità, il sostegno al fascismo, l'ostilità all'uso dei preservativi e dunque l'appoggio di fatto alla diffusione dell'Aids, la diffidenza verso la scienza, il dogmatismo e perciò l'intolleranza congenita: la lista dei capi d'accusa è pressoché infinita, come si vede, e se ne assommano di vecchi, di nuovi e di nuovissimi”.
Il fondo di Della Loggia viene ripreso da Davide Rondoni, su Avvenire del 23 marzo. Rondoni rileva che Della Loggia “non può non vedere quanto un’élite culturale accanita e spregiudicata stia usando i mezzi di comunicazione di massa per inculcare sentimenti anticristiani tra il popolo”. Avvenire, però, non concorda con l’estensione ‘popolare’ del fenomeno: “Molti segni tra il nostro popolo ci mostrano – se vogliamo vedere davvero – che la Chiesa resta e anzi aumenta come riferimento positivo per la vita reale delle persone. Nonostante i giudizi anche taglienti e critici su di essa. Un libro del cardinal Biffi si intitola La Sposa chiacchierata”. Il fenomeno dell’ostilità al cristianesimo, insomma, sarebbe in larga misura elitario.
Questa considerazione di Avvenire, del resto, sembra avvalorata da numerose indagini sociologiche, riassunte ad esempio da Franco Garelli nel suo L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo (il Mulino, Bologna 2006): in Italia, negli ultimi anni, il prestigio della Chiesa e la pratica religiosa dei cittadini sono aumentati. Qualcuno parla di “eccezione italiana”. Un’eccezione, forse, nel panorama europeo; perché a livello mondiale si nota ovunque un trend simile a quello italiano. L’eccezione, semmai, è quella di alcune regioni europee secolarizzate…
Anche a livello di élites culturali, peraltro, si sono infine levate numerose voci a difesa del Papa, consce che si è passato il segno: l'appello di settanta intellettuali francofoni, i fondi su giornali liberal come il New York Times (lo stesso che è stato in prima linea nelle campagne denigratorie, forse timoroso di un’eccessiva perdita di credibilità) o il New Yorker ...
In questa sede, però, non vogliamo approfondire la questione se le campagne anticlericali abbiano presa o meno nel sentire comune. Vogliamo piuttosto analizzare queste campagne di informazione, la cui imponenza è del tutto evidente, domandandoci:
Sono campagne sincere e “spontanee”, sorte per l’inevitabile emergere di fatti imbarazzanti per la Chiesa, per “dovere di cronaca”? O sono campagne diffamatorie e orchestrate?
Se esiste una premeditazione, quali sono le cause?
Esistono anche interessi alla base di tali campagne? Chi sono i “mandanti”?
Da una campagna diffamatoria ha da temere solo la Chiesa, o anche le nostre libertà civili?
Cerchiamo dunque di rispondere a tali domande.
1) Le campagne contro la Chiesa sono sincere e “spontanee”, sorte per l’inevitabile emergere di fatti imbarazzanti, per “dovere di cronaca”?
Alcuni fatti imbarazzanti sono esistiti o esistono: abusi sessuali, distrazioni finanziarie, silenzi di fronte a ingiustizie manifeste, ecc.. Dare ai fatti la giusta dimensione – come ci proponiamo di fare – non può significare ignorare i problemi che si manifestano.
La Chiesa deve certo avere a cuore l’onorabilità dell’istituzione, che si traduce nell’onorabilità di milioni di sacerdoti, religiosi, religiose, laici impegnati, che quotidianamente si spendono per i più deboli.
Ma l’onorabilità, se richiede la difesa dalle calunnie, non può richiedere l’occultamento della verità (come purtroppo è talvolta avvenuto da parte di qualche prelato), laddove realmente si verifichino casi deprecabili: l’onorabilità è sporcata da chi tradisce il Vangelo, prima ancora che dal diffondersi della notizia negativa.
La Chiesa, poi, deve certo saper affrontare la “sporcizia” al suo interno con spirito diverso da ogni altra istituzione umana: la preoccupazione per la verità e il rispetto della dignità umana faranno sì che non vengano cercati capri espiatorî da dare in pasto all’opinione pubblica (anche perché la fame del giustizialismo moralista e dello scandalismo è una fame insaziabile). La punizione di chi sbaglia avverrà con spirito di carità e misericordia, collaborando ove richiesto con la giustizia civile.
Ma carità e misericordia non possono mai significare indulgenza verso il male, non possono mai mettere a repentaglio il diritto dei credenti a riporre fiducia nell’istituzione che annuncia il Vangelo. Se agli uomini di Chiesa non può essere applicato il metro di un perfezionismo disumano, non può nemmeno essere applicato quello del comodo confronto con altre istituzioni mondane: “dopo tutto altrove si fa peggio”. Il metro di giudizio, per chi annuncia il Vangelo (non solo i pastori, ma tutto il popolo di Dio), è il Vangelo stesso.
Per quello che riguarda la pedofilia in particolare, le parole di Cristo sono quanto mai chiare: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.
L’esigenza di punire chi sbaglia, di proteggere gli innocenti, non può essere aggirata con ingenue scorciatoie, come la fiducia nella possibilità di “guarire” i molestatori sessuali con la psicoterapia.
La questione degli abusi sessuali nella Chiesa si può ricondurre ad una crisi della fede: i pastori che hanno a cuore il proprio gregge, come anche i fedeli più responsabili, si preoccupano di difendere chi può essere oggetto di abusi, prima ancora del responsabile degli stessi.
Ciò detto, un conto è individuare puntualmente alcuni episodî, per porvi rimedio e purificare un’istituzione di cui si riconosce la nobiltà (anche non condividendone gli ideali); altro conto è partire da alcuni episodî veri per deformarli, esasperarli, accostarli ad altri episodî inventati, al fine di gettare discredito su quell’istituzione.
Ebbene: le campagne contro la Chiesa cattolica (e contro il cristianesimo in generale) non sono “sincere”, perché la denuncia di fatti concreti appare con evidenza l’appiglio per un’azione non solo denigratoria, ma anche diffamatoria.
Cosicché possiamo togliere il punto interrogativo al titolo di quest’articolo: sì, esiste un “attacco alla Chiesa”.
L’insincerità di queste campagne di disinformazione emerge dalla deformazione o falsità dei contenuti, dalla strumentalità, dal carattere di manipolazione intenzionale ed orchestrata, dal carattere intollerante.
a) Partiamo dalla deformazione o falsità dei contenuti.
I capi d’accusa sono così numerosi, come ricordato da Della Loggia nella citazione iniziale, che ci vorrebbe un’enciclopedia per confutarli tutti. A dire il vero, molti studiosi onesti e competenti si prendono la briga di evidenziare puntualmente le deformazioni (si parte da alcuni episodî veri per esagerarli, travisarli, alterarli, accostarli ad altri episodî inventati) e/o le falsità (spesso non c’è neanche l’appiglio di un fatto vero, ma si assiste ad una falsificazione totale). Il problema è che le calunnie ripetute insistentemente attecchiscono con facilità, e non ci si può aspettare che chi si lascia instillare dubbî da queste campagne si prenda la briga di ascoltare diligentemente l’altra campana (anche perché l’eco delle campane che suonano a difesa della Chiesa arriva spesso attutito sui media). E questo lo sa bene chi organizza campagne diffamatorie.
Per parte nostra, ci limitiamo a rimandare ad alcuni articoli in cui abbiamo avuto occasione di dimostrare falsità nei contenuti e contraddittorietà nelle argomentazioni addotte contro la Fede cristiana e la Chiesa: sulla pedofilia, sul ruolo della donna, sul rispetto della figura di Gesù, sui rapporti con l’ebraismo (e in particolare sulla figura di Pio XII), sulla difesa della famiglia, sull’uso dei profilattici, sul rapporto con la scienza (da Galileo ai giorni nostri), sulle “leggende nere” della storia (Inquisizione, potere temporale), ecc.
b) L’insincerità di queste campagne diffamatorie, e soprattutto di quelle basate sulla pedofilia, emerge non solo dalla loro falsità, ma anche dalla loro strumentalità.
Quelle contro la Chiesa cattolica, in particolare, sono mirate ad indebolire l’istituzione, portando l’attacco ad alcuni capisaldi della sua stabilità ed autorevolezza: il primato del Papa, il celibato dei sacerdoti, l'autorevolezza come agenzia educativa dei giovani.
Così accade che Benedetto XVI sia il Papa che ha mostrato un pugno durissimo contro la pedofilia già quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Eppure viene chiamato in causa (o addirittura viene coinvolto il fratello!) su presunte coperture di casi di pedofilia, con argomenti che rivelano subito la loro inconsistenza (rimandiamo all’articolo di Mastroianni).
Accade anche che Benedetto XVI sia il Papa che più sta facendo per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso: sono ad un punto di svolta i colloqui con gli Ortodossi, anche russi; è stato istituito (per la prima volta nella storia!) un Forum cattolico-musulmano, con la presenza di una delegazione dei 138 “saggi” musulmani che hanno firmato la lettera aperta ai leaders cristiani. Eppure il Papa viene accusato di ostacolare il dialogo perché ripropone con chiarezza le verità della Fede.
Accade – immancabilmente, e ipocritamente - che vengano rimpianti i predecessori del Papa attuale, creando una falsa contrapposizione; accadrà di essere rimpianto anche a Benedetto XVI…
Più in generale, è proprio il fenomeno pedofilia che può fornire un'ulteriore riprova dell'importanza del primato del Papa sulla Chiesa universale.
Va infatti ricordato che alcuni "insabbiamenti" di casi di pedofilia si sono purtroppo verificati ad opera di vescovi locali, timorosi dello scandalo o convinti con troppa superficialità che fosse sufficiente "curare" il colpevole.
Un deciso inasprimento della repressione è stato possibile a partire dal 2001, quando con la lettera De delictis gravioribus la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede guidata da Joseph Ratzinger (dando corso al motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela di Giovanni Paolo II) avoca a sé la competenza in materia di pedofilia, proprio per evitare insabbiamenti locali.
Quanto al celibato dei sacerdoti, non ha nessuna relazione con i casi di pedofilia, come ricorda ancora l’articolo di Mastroianni (né ha relazione, ad esempio, con la crisi delle vocazioni, altro pretesto solitamente usato per attaccare il celibato: le vocazioni cattoliche sono più numerose di quelle delle confessioni riformate; e – all’interno della Chiesa – sono più numerose proprio negli ordini religiosi che propongono uno stile di vita consacrata più severo).
Quanto all'autorevolezza della Chiesa nell'educazione dei giovani, viene taciuto il fatto che, anche se il fenomeno pedofilia è gravissimo, l'entità è trascurabilissima. Viene ignorato ogni paragone obiettivo con altre realtà educative (altre confessioni religiose, scuole, associazioni sportive), nelle quali il fenomeno degli abusi è molto più rilevante: la Chiesa cattolica resta la realtà più sicura cui affidare i giovani. L’accanimento contro la Chiesa dimostra che l’obiettivo non è la tutela dei fanciulli: tutti i casi che non possono essere “sfruttati” politicamente o economicamente vengono ignorati.
Insomma: la Chiesa cattolica viene accusata non per i vizî di alcuni suoi componenti, ma per le sue virtù, per la sua capacità di essere presenza forte nella società moderna. Il che – come vedremo – dà fastidio a molti.
c) L’insincerità di queste campagne diffamatorie emerge, infine, anche dal loro carattere di manipolazione intenzionale ed orchestrata, almeno per quanto attiene all’eco che ne forniscono alcuni media.
Qualche rapido esempio emerge dalla più recente campagna sulla pedofilia.
Innanzitutto: si può parlare di “dovere di cronaca” per fatti di trenta-quarant’anni fa?
L'enfasi sul numero dei casi di pedofilia si fonda spesso su una manipolazione delle cifre. Quando non sono gonfiate (accade spesso), capita però che siano spacciati per casi di pedofilia in senso stretto (cioè gli abusi su bambini impuberi) quelli che in realtà sono casi di efebofilia (cioè gli abusi su adolescenti, fino all'età di 17 anni; spregevoli anche questi, ma di tipo diverso), o di rapporti eterosessuali che violano il voto celibatario. I casi di pedofilia vera e propria sono circa il 10% del totale dei casi di abuso sessuale trattati dalla Chiesa.
Si consideri poi che vengono ignorati gli argomenti “a favore” della Chiesa.
Vengono ignorati gli sforzi concreti posti in atto da anni dalla Chiesa per porre rimedio alla situazione: negli ultimi anni (2007-2009) la media annuale dei casi segnalati da tutto il mondo è stata di 250. All’interno di questo numero (che comprende casi vecchi di anni, e accuse non ancora provate) i casi di vera e propria pedofilia – abusi su bambini impuberi – rappresentano circa il 10%; cifre che vanno rapportate ad un numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi che nel mondo è di 400mila (parliamo, quindi, di un’incidenza di circa lo 0,005%...).
Vengono utilizzati testimoni inattendibili.
Lo scoop lanciato dal New York Times – icona della sinistra liberal - sulla prima pagina del numero del 25 marzo, riguardante il presunto insabbiamento da parte del Vaticano di un caso di pedofilia, si basava innanzitutto sulla testimonianza di Rembert Weakland, ex arcivescovo di Milwaukee capofila dei “progressisti”, che aveva pagato centinaia di migliaia di dollari per tacitare il suo ex amante omosessuale, che era stato “dimissionato” quando lo scandalo era venuto alla luce, e che aveva scritto un libro di memorie con accuse a Ratzinger anche per l’eccessiva severità con cui sarebbe stato trattato il suo caso. L’altro testimone interpellato era Jeff Anderson, avvocato del Minnesota che si è costruito una fortuna con casi di “patteggiamento” per abusi sessuali e che è attualmente impegnato nella richiesta che le risorse del Vaticano siano aggredibili nelle cause di risarcimento danni.
Testimoni talmente inattendibili, nella ricostruzione della vicenda, che è bastato consultare la documentazione legale del caso pubblicata sul sito internet dello stesso New York Times (!), per verificare che la tesi dell’insabbiamento era una bufala.
All’inizio del caso pedofilia in Germania, poi, ci sono state le denunce di padre Klaus Mertel, preside del Canisius College, da tempo impegnato per una rivalutazione teologica dell’omosessualità.
d) L’intento manipolatorio emerge anche dalla stridente e ipocrita contraddizione tra il contenuto delle accuse e le convinzioni di chi le muove.
I severi censori dei preti pedofili sono gli stessi che hanno diffuso e alimentato un clima favorevole verso la pedofilia.
Sono gli stessi che accusavano - e tutt'ora accusano - la Chiesa cattolica di opporsi alla “liberazione sessuale” (anche dei fanciulli), riproponendo un concetto “obsoleto, reazionario e repressivo” come quello di peccato, difendendo il legame tra sessualità e riproduzione (come fece Paolo VI nella contestatissima enciclica Humanae vitae).
Negli anni Sessanta, dagli stessi ambienti culturali, si chiedeva che nei seminarî non fosse effettuata una selezione troppo rigida dei candidati al sacerdozio, che sarebbe stata “discriminatoria”.
A ben guardare, la maggior parte di casi di pedofilia nella Chiesa sono concentrati nel trentennio 1960/1990. La causa, forse, va ricercata proprio in un’eccessiva permeabilità alle pressioni determinate da quel clima culturale.
I censori dei preti pedofili sono gli stessi che quando era venuto alla luce lo scandalo sessuale dell’arcivescovo progressista Weakland, per restare in argomento, non lo avevano messo sul banco degli accusati.
Sono gli eredi di Voltaire, che accusava la Chiesa di essere l’Infame da schiacciare, e poi lucrava sul commercio degli schiavi.
L’argomento pedofilia è un argomento molto scottante, ed è lo strumento ideale per campagne denigratorie.
Goebbels, per screditare la Chiesa cattolica che si opponeva al nazismo, organizzò una campagna contro i “preti pedofili”, accusandone oltre settemila (ma i giudici ne condannarono solo 170, molti dei quali per crimini commessi dopo aver lasciato il sacerdozio). Diede ordine anche di confezionare cinegiornali in cui Pio XI veniva accusato di proteggere quei preti.
I metodi delle campagne di calunnia anticlericale sembrano gli stessi...
e) Infine, bisogna rimarcare il carattere intollerante delle campagne antiecclesiastiche.
Gli accusatori della Chiesa si proclamano paladini della "tolleranza" con notevole sprezzo del ridicolo, se consideriamo che combattono senza tregua una vera e propria “guerra” culturale, che rifiuta i simboli religiosi, deride la libertà di opinione dei credenti, vuole impedire al Papa di parlare, pubblica libelli di infimo livello in cui i cristiani sono definiti “cretini”.
Il sociologo (non cattolico) Philip Jenkins, in Il nuovo anti-cattolicesimo. L’ultimo pregiudizio accettato (The New Anti-Catholicism. The Last Acceptable Prejudice, Oxford University Press, Oxford - New York 2003) ricostruisce a fondo il contesto culturale nel quale vengono orchestrate le campagne diffamatorie contro la Chiesa.
Persino un osservatore "insospettabile", come l'ex sindaco di New York, Edward Koch (ebreo e liberal), in un fondo sul Jerusalem Post ha scritto: "Credo che i continui attacchi da parte dei media alla Chiesa cattolica e a Papa Benedetto XVI siano diventati manifestazioni di anti-cattolicesimo. La sequela di articoli sugli stessi eventi non ha più, a mio parere, lo scopo di informare, ma semplicemente di punire".
2) Se esiste una premeditazione nelle campagne antiecclesiastiche, quali sono le cause?
Della Loggia (che, ricordiamolo, non è un credente) nel suo articolo attribuisce il livore anticristiano ed anticattolico ad alcuni atteggiamenti che vanno emergendo nella società: l'ingenuità modernista (“siamo capaci di amministrarci finalmente da soli, non c'è bisogno d'alcuna trascendenza che c'insegni dov'è il bene e dov'è il male”); la condanna liquidatoria del passato (che reca con sé “l'ignoranza della storia, dei contenuti reali delle questioni, e l'antistoricismo, l'applicazione dei criteri di oggi ai fatti di ieri”); il cinismo della secolare antropologia italiana (“che appena sente predicare il bene sospetta subito il male”).
Al di là della condivisione di questa analisi (il cinismo, ad esempio, non ci sembra un tratto peculiare italiano), riteniamo debbano essere prese in considerazione anche altre cause.
L’ostilità e l’intolleranza anticattolica, infatti, non è un tratto della modernità, ma ha accompagnato tutta la storia della Chiesa.
Le persecuzioni sono state annunciate come inevitabili da Cristo stesso: “Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”.
Lo stesso Vangelo spiega una delle cause ('psicologiche') di questo destino: “Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate”.
La Chiesa – ripetiamolo - dà fastidio soprattutto per le sue virtù, per il suo proporre agli uomini un messaggio di salvezza esigente, che frustra la pretesa di autosufficienza di alcuni o minaccia radicati privilegi.
Ancor oggi il cristianesimo resta la religione più perseguitata al mondo: i cristiani sono oggetto di persecuzioni anche più feroci delle campagne diffamatorie, persecuzioni che arrivano a causare 160.000 vittime ogni anno (vedi le statistiche di un’associazione ‘insospettabile’ come Amnesty International, o l’approfondito studio di Antonio Socci: I nuovi perseguitati. Indagine sull’intolleranza anticristiana nel nuovo secolo del martirio, Piemme 2002).
Le campagne denigratorie, però, attecchiscono anche in persone che non hanno pregiudizî verso il messaggio evangelico, e che anzi ripongono grandi speranze nella capacità della Chiesa di annunciarlo. Queste sono le persone che contestano la Chiesa per i vizî di alcuni suoi componenti; sono persone animate non da risentimento, ma da delusione.
Possiamo invocare da costoro un giudizio equilibrato, non affrettato. Ma dobbiamo ripetere quanto già sottolineato inizialmente: il metro di giudizio per chi annuncia il Vangelo è un metro più esigente. La Chiesa è chiamata a un cammino di continua purificazione dei suoi membri.
Oltre agli errori o ai misfatti compiuti da alcuni uomini di Chiesa, bisogna registrare che molte polemiche nascono da un travisamento di dichiarazioni. Atteso che il travisamento è malevolo, da parte di organi di informazione pronti a mettere in cattiva luce le istituzioni ecclesiastiche, bisogna anche riconoscere che spesso sarebbe necessaria maggiore accortezza nei pronunciamenti pubblici.
Intendiamoci: non bisogna mai rinunciare a dire la verità per paura di conseguenze negative sul piano dell’immagine. Ma il modo di dire la verità deve essere commisurato al mezzo: quando si tratta di pronunciamenti pubblici, si dovrebbe tener conto dei meccanismi manipolativi del sistema mediatico, e utilizzare le necessarie accortezze (la consulenza di un ufficio stampa esperto). Del resto Cristo, proprio perché ha mandato i suoi discepoli “come agnelli in mezzo ai lupi”, li ha invitati ad essere “candidi come colombe e prudenti come serpenti”.
Bisogna anche notare che la Chiesa è l’unica istituzione chiamata in causa per episodi vecchi di decenni (o di secoli). Come mai?
Si tratta di un “accanimento” per certi versi inevitabile: la Chiesa è l’unica istituzione che attraversa i secoli, e quindi l’unica chiamata direttamente a rispondere al tribunale della storia. Questo “accanimento”, dunque, può essere volto in positivo: è la testimonianza di una forza e di un’autorevolezza uniche.
Piuttosto, potremmo aspettarci – come fa lo storico Della Loggia – che i giudizî sui fatti del passato non siano antistorici, avulsi dal contesto cui si riferiscono; che i luoghi comuni ampiamente confutati non attraversino indenni le epoche. Ma tant’è.
3) Esistono anche interessi alla base di tali campagne? Chi sono i “mandanti”?
Da sempre esistono anche attacchi alla Chiesa che trovano origine nella difesa di interessi particolari.
Questi attacchi hanno conosciuto uno sviluppo notevole nel Settecento, allorché i Paesi protestanti e anglicani (Inghilterra in primis) diffusero libelli calunniosi verso la Chiesa (le cosiddette “leggende nere”) per aver maggiori titoli a conculcare la libertà religiosa dei cattolici al loro interno, per poter incamerare i beni ecclesiastici, per avere giustificazione ideologica nella competizione coloniale con le potenze “cattoliche” (Spagna, Portogallo, Francia).
Le campagne antiecclesiastiche, negli ultimi tempi, sembrano prendere rinnovato vigore.
Ciò è dovuto anche al consolidarsi di interessi particolari per larghi aspetti nuovi, o che assumono nuove forme. La denigrazione della Chiesa, in tali casi, è funzionale a toglierle legittimità di intervento nel dibattito pubblico, e quindi la capacità di colpire interessi più o meno trasparenti.
I primi interessi che si sentono minacciati dall’azione pastorale della Chiesa sono alcuni interessi ideologici.
Esistono interessi ideologici antichi che assumono forme nuove: sono quelli di coloro che, come visto, inseguono l’utopia dell’autosufficienza, e sono ostili ad un magistero che evidenzia le loro contraddizioni.
Il rinnovato vigore di questa ostilità è dovuto all'accresciuta autorevolezza della Chiesa.
I laicisti e i corifei (oggi orfani) del materialismo storico ritenevano la fede cristiana, e soprattutto la Chiesa cattolica, un retaggio del passato destinato a sparire con l'avanzata del "progresso".
Invece il progresso pone con più forza domande antiche come l'uomo, produce problemi nuovi, accresce lo smarrimento della società, fa emergere con chiarezza il bisogno di una Parola di verità e di speranza.
La rabbia di chi riteneva la religione una pratica da archiviare si manifesta con attacchi più virulenti.
Agli interessi ideologici antichi se ne aggiungono poi di moderni.
Viviamo in un’epoca in cui le conquiste del progresso tecnologico e la diffusione del benessere economico si saldano in una cultura del benessere e antiumanista, che esalta il dominio dei desiderî, che sull’altare dell’utopia di una vita perfetta sacrifica la vita concreta (delle persone più deboli, dei Paesi più poveri); una cultura in cui si possono riconoscere i tratti di una cultura della morte, propagandata da centri di potere ben determinati, che si muovono con un’azione tenace e coordinata.
Questi centri di potere (alcune istituzioni internazionali, fondazioni, centri per il controllo delle nascite, gruppi ecologisti estremisti) esprimono un palese “fastidio” verso ogni autorità morale e verso le famiglie, che custodiscono i valori morali; conseguentemente, vedono nella Chiesa cattolica la principale agenzia di contrasto delle nuove politiche antiumaniste e antifamiliari.
I fautori dell’ideologia antiumanista sono sostenuti, ovviamente, dalle lobbies che si sentono maggiormente minacciate dalla Chiesa: lobby gay, massoneria.
Agli interessi ideologici si sommano quelli economici. Anch’essi antichi come l’uomo, ma che assumono oggi nuovi profili.
Esistono innanzitutto gli interessi economici personali di quanti sperano di trarre beneficio da azioni giudiziarie contro la Chiesa nei casi di pedofilia. In particolare i grandi studî legali anglosassoni, cui la legge consente di dividere a metà con il cliente gli enormi risarcimenti stabiliti dai tribunali, che hanno portato alla bancarotta diocesi e ordini opulenti. Il citato Jeff Anderson è indubbiamente tra i più abili.
Si è arrivati al punto che alcuni studî hanno pubblicato sui media annunci del tipo: “Vuoi diventare milionario? Metti tuo figlio in seminario per un anno e poi passa da noi”. Vengono setacciate le liste di ex seminaristi, anche anziani, alla ricerca di persone disposte a sporgere denuncia per diventare ricche. I soggetti destinatarî delle richieste di risarcimento, peraltro, essendo istituzioni religiose, sono particolarmente deboli di fronte anche ad accuse pretestuose: una difesa decisa con tutti gli strumenti legali attirerebbe l’accusa di voler “insabbiare” la vicenda, e spesso si è indotti a cercare composizioni extragiudiziali.
Non è un caso che le azioni risarcitorie private siano dirette in minor misura contro le comunità religiose più piccole, o che non hanno una struttura gerarchica organizzata su base nazionale (per esempio le denominazioni pentecostali), e che quindi hanno patrimonî meno ingenti da aggredire.
Esistono poi i grandi interessi economici e finanziarî.
Le parole decise pronunciate dalla Chiesa in favore dei ceti sociali svantaggiati o dello sviluppo dei Paesi del Terzo mondo sono malviste da quei gruppi economici che ritengono pericoloso ridiscutere gli equilibrî acquisiti, e preferiscono ridurre i costi di assistenza sociale e sanitaria eliminando i soggetti deboli, o contenere la povertà riducendo le nascite (tali gruppi, pertanto, finanziano le campagne antiumaniste).
Si aggiungano poi interessi di settori ben precisi, che si sentono minacciati dalle posizioni della Chiesa in materia bioetica: sono i settori che mirano ai finanziamenti pubblici sulla ricerca biomedica e farmaceutica (e in particolare su quei filoni improduttivi che non otterrebbero denaro senza pressioni politiche), ai profitti da brevetti biomedici, ai profitti da prodotti farmaceutici legati ad azioni invasive sul corpo della donna.
I grandi media che veicolano queste campagne uniscono l’elemento ideologico a quello economico, essendo di proprietà di gruppi editoriali portatori degli interessi descritti…
Esistono infine interessi ecclesiastici, quelli dei gruppuscoli del cattolicesimo “progressista”, che considerano “conservatore” il pontificato di Benedetto XVI, non perdonandogli il motu proprio che ha restituito spazio alla messa tridentina (nella versione approvata da Giovanni XXIII), la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani (un gesto distensivo il quale – si badi bene – non ha significato il loro ritorno nel seno della Chiesa), il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII.
Questi cattolici, a ben guardare, contestano Benedetto XVI come hanno contestato Giovanni Paolo II o Paolo VI; non contestano un Papa, ma – come tutti coloro che vogliono indebolire la Chiesa – contestano il ruolo stesso del papato (che è l'essenza del cattolicesimo!).
Si definiscono "progressisti", intendendo per "progresso" il radicale mutamento di natura della Chiesa (quasi che questa sia restata orfana dell'assistenza dello Spirito per duemila anni); si definiscono “cattolici adulti”, rimarcando la loro presa di distanza dalle gerarchie; si definiscono "di base" (cercando di accreditare una "base" in dissenso dalle gerarchie), anche se esprimono un'élite.
Questi cattolici sono convinti, con una certa dose di cinismo, che l’esplodere di scandali giovi alla buona causa di una “rivoluzione” ecclesiale. Per cui proprio dalle loro fila provengono molti accusatori implacabili (e spesso inaffidabili) della Chiesa: abbiamo visto i casi Weakland e Mertel. E dalle loro fila emergono commenti strumentali ai contenuti delle campagne di denigrazione della Chiesa.
4) Da una campagna diffamatoria ha da temere solo la Chiesa, o anche le nostre libertà civili?
In un'ottica religiosa e provvidenziale, gli attacchi alla Chiesa possono indurre alla purificazione e alla penitenza, come ha invocato Bendetto XVI.
Ricordare che dal male può venire anche del bene, però, non significa accettare il male passivamente, ignorarne gli effetti devastanti.
Ebbene: screditare la Chiesa significa anche indebolire la gigantesca azione spirituale, assistenziale, educativa da cui traggono giovamento miliardi di persone.
Significa indebolire la sua autorità morale, la forza dei suoi interventi nella sfera pubblica, che gli anticlericali chiamano “ingerenze” e che però hanno un valore di cui la società civile, laicamente intesa, non può fare a meno.
Non solo perché nella cultura cristiana affondano le radici delle libertà europee ed occidentali. Ma anche perché quella della Chiesa sembra rimanere l’unica voce libera, non pilotata da interessi occulti, capace di richiamare le coscienze alla difesa del bene comune.
Anche intellettuali non credenti come Pierluigi Battista e Piero Ostellino hanno sottolineato questi aspetti.
Battista, in un articolo che già abbiamo avuto modo di riprendere, ebbe occasione di deprecare il “tabù anticristiano”, che impedisce a molti di riconoscere lo stretto legame esistente tra libertà civili e cultura cristiana: chi attacca questa (come il fondamentalismo islamista) attacca anche quelle.
Ostellino sul Corriere della Sera del 14 aprile, con riferimento specifico alle accuse ingenerose contro il Papa, scrive: “Di fronte allo spettacolo inquietante cui stiamo assistendo, stupisce, infine, la grande quantità di spettatori che rimangono silenti in un’apparente indifferenza. Come se la stessa nostra democrazia liberale non fosse debitrice del messaggio cristiano che ha posto al centro la sacralità e l’inviolabilità della persona”.
Gli autori delle campagne denigratorie della Chiesa, quando fuoriescono dai confini di una critica puntuale e costruttiva, segano il ramo delle libertà e dei diritti sul quale sono seduti.