Richard Dawkins punta l'indice accusatore contro Dio...
Pensavamo che compito della scienza fosse quello di seguire le prove e le evidenze fin dove esse conducono, invece ci accorgiamo che parte degli scienziati cerca semplicemente di trovare le prove che rafforzino le loro convinzioni materialiste e discreditino il pensiero deistico e teologico. Personaggi come il biologo Richard Dawkins, il neuroscienziato Sam Harris, il fisico Steven Weinberg, spalleggiati dal filosofo Daniel Bennet, sono gli esponenti di spicco di questa scuola di pensiero (il cui alfiere italiano - in sedicesimo - è Piergiorgio Odifreddi…). Secondo costoro la scienza sarebbe il miglior, se non l’unico, strumento per giungere ad una conoscenza credibile e affidabile, mentre le rivendicazioni religiose sarebbero solo il frutto dell’irrazionalità. Gli atei incarnerebbero la classe superiore mentre gli spiriti religiosi sarebbero, per usare le parole di Dawkins, “gente pazza e illusa” che si è inventata un “delinquente psicotico” (Dio). Ergo, gli scienziati “veri”, non possono che professarsi atei. Ma la pia illusione di Dawkins va a schiantarsi sonoramente contro i numeri. A seguire la logica del biologo oxfordiano le recenti scoperte scientifiche avrebbero dovuto rafforzare il partito degli atei, invece, da un’indagine del 1997, risulta che il 45% degli scienziati credono in Dio, il 40% no e il 15% sono incerti. Un risultato che non si discosta di molto da un’indagine simile del 1916 da cui risultò che il 40% degli scienziati credevano in Dio, il 40% no e il 20% erano incerti.
Perché molti scienziati sono credenti? Perché il mondo può essere interpretato in differenti modi, senza per questo perdere la propria integrità intellettuale. Alcuni lo interpretano in modo ateo. Altri in modo deistico: c’è un creatore, ma questi ha creato il mondo e poi se n’è disinteressato. Altri lo interpretano in senso cristiano: Dio ha creato il mondo ed è coinvolto attivamente nelle sue vicende.
A questioni quali: “Come tutto è iniziato? Perché siamo qui? Qual è il senso della vita?”, la scienza non è in grado di dare risposte convincenti, mentre lo è la religione che si occupa dei significati ultimi della vita. La scienza si occupa dell’organizzazione e della struttura dell’universo materiale, spiega solamente i fenomeni osservabili che accadono nel mondo. L’economia, la sociologia, le leggi hanno a che fare con fenomeni osservabili, ma non spiegano il mondo. Ma, sulle questioni trascendentali, filosofia, religione, letteratura hanno tutte un posto legittimo nella ricerca umana della verità e del significato della vita.
Per di più la concezione puramente materialistica dell’universo, in cui tutto sarebbe materia e in cui la materia sarebbe la sola realtà ultima, si sta sgretolando. Ironia della sorte è proprio la scienza, segnatamente la meccanica quantistica, a mettere in dubbio quella che sembrava un’indistruttibile concezione quando afferma che le caratteristiche delle particelle elementari dipendono dal modo in cui le si osserva e non da un’intrinseca oggettività della materia, come pretendono i materialisti. La meccanica quantistica non riguarda solo le particelle subatomiche ma si applica a tutta la materia e a tutta l’energia. Se passiamo dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, scopriamo che quella che chiamiamo materia costituisce, a detta di molti fisici, solo il 5% dell’intero universo, il restante 95% è costituito da “materia scura” ed “energia scura”.
I materialisti vorrebbero convincerci che la loro visione del mondo, basata sulla conoscenza, a mala pena, del 5% dell’universo, sarebbe esaustiva e scientificamente fondata. Ci vuole davvero tanta fede per essere convinti di ciò. Provate però a metterla in discussione e vi ritrovate etichettati come bigotti, oscurantisti, rozzi e ignoranti. Voi zittiti e quegli scienziati che perseguono la libertà scientifica, non l’affermarsi di un’ideologia, derisi, ostracizzati, criminalizzati.
Come è successo a Richard von Sternberg, paleontologo, per aver pubblicato nella rivista dello Smithsonian Institute da lui diretta, un articolo del geologo Steve Meyer che ritiene più plausibile spiegare l’esplosione Cambriana, altrimenti inspiegabile, con l’Intelligent Design (la teoria che non affida lo sviluppo delle specie viventi alla cieca casualità evoluzionista, ma a un a un progetto intrinseco, un “Disegno intelligente”). Von Sternberg, che non è un sostenitore dell’Intelligent Design, viene cacciato via e gli viene impedito l’accesso alle collezioni di fossili, necessarie per le sue ricerche. Un rapporto del Congresso americano mette alla sbarra i dirigenti dello Smithsonian per averlo accusato falsamente e discriminato.
L’astronomo Guillermo Gonzalez, un esperto riconosciuto nel campo dell’abitabilità galattica, a seguito delle sue ricerche si convince che la casualità dell’universo non è scientificamente sostenibile. Apriti cielo! Un pugno di colleghi professori dell’Iowa State University firmano una petizione per iscriverlo nel libro nero. Non perché la sua teoria sia priva delle caratteristiche di scientificità (evidenze, testabilità e falsificabilità), ma perché sostiene che l’universo sembra sia messo a punto in modo talmente preciso proprio per consentire la vita umana sulla terra, il cosiddetto principio antropico. Principio ribadito dal Freeman J. Dyson, secondo cui, viste le più recenti scoperte scientifiche e astronomiche, “sembra quasi che l’universo sapesse che stavamo arrivando”. Se la forza di gravità fosse stata anche leggermente diversa, l’universo non sarebbe stato abitabile. “Se il ritmo dell’espansione un secondo dopo il Big Bang - sostiene Stephen Hawking - fosse stato più breve persino di una frazione di centomila milioni di milioni, l’universo sarebbe ricollassato prima di raggiungere la dimensione attuale”. Abbiamo accennato solo a due costanti universali ma queste sarebbero in numero ben maggiore. La gravissima colpa di Gonzalez, secondo Mario Beauregard, è quella di aver accumulato prove contro la teoria materialista dell’universo.
Ci sono tanti altri casi simili di caccia alle streghe. Non li conoscete, perché i giornali che si occupano di divulgare le scoperte scientifiche al grosso pubblico sono tutti controllati da questa casta arrogante e intollerante.
I materialisti si professano difensori della scienza e della razionalità ma, spesso e volentieri, si fanno beffa del tanto decantato metodo scientifico, scadendo talvolta nel ridicolo.
Quando la comunità scientifica deve fare i conti con la teoria - unanimemente condivisa - del Big Bang (la quale asserisce che l’universo ha avuto origine dal nulla in un preciso istante), gli scienziati materialisti, terrorizzati dalle implicazioni teistiche (lo stesso Einstein, che pure era credente, quando ancora non si erano avuti riscontri mormorava che il Big Bang “sa troppo di creazione”), si esibiscono immediatamente in acrobazie speculative per liquidarla. Dal modello oscillante di Sagan ai modelli quantici di Tryon e Hawking, è un continuo tentativo di sbarazzarsi, spesso con pure e semplici speculazioni filosofiche, dell’ingombrante singolarità iniziale dell’universo. Quella dei “multiversi”, in opposizione a un universo, è un’altra ipotesi, altamente speculativa, che non spiega però le origini delle leggi della natura. “Se l’esistenza di un universo richiede una spiegazione, multipli universi richiedono una spiegazione ancora maggiore” (A. Flew). Qualche scienziato, come il fisico Lee Smolin, si spinge persino nel grottesco quando sostiene che il nostro universo sarebbe sopravvissuto in quanto il più adatto degli universi. La selezione naturale applicata al cosmo! La disperazione sembra ormai l’unica forza che guidi simili scienziati.
Ci raccontano che la teoria dell’evoluzione introdotta da Darwin è un fatto, tale e quale ad una mela che cade giù e non su. Quindi inconfutabile. Già, ognuno di noi ha osservato la mela che cade, ma dubito che qualcuno abbia mai visto il comune progenitore di uomo e scimmia.
Secondo varie valutazioni, noi umani avremmo in comune con gli scimpanzé tra il 95 e il 99 per cento del DNA. Quindi perché mettere in dubbio che discendiamo dalle scimmie? Perché il DNA non è tutto per comprendere la psicologia umana.
Se c’è un animale che interagisce con le emozioni umane questo non è lo scimpanzé, ma il cane. La similarità genetica non è tutto. Molti ricercatori si sono impegnati ad insegnare alle scimmie il linguaggio dei sordomuti e queste lo hanno imparato ed usato. Ma una cosa è chiara, non hanno nulla da dirci e non usano tali sistemi nel loro habitat naturale. Il linguaggio non è quindi qualcosa che interessi le scimmie. Secondo il radiologo Andrew Newberg, il cervello dello scimpanzé manca di quella complessità neurale necessaria alla formulazione di pensieri astratti che portano alla cultura, all’arte, alla matematica. La differenza tra noi e le scimmie è tremendamente ben più importante che la rassomiglianza. La vera differenza sono i processi mentali non riconducibili a fatti genetici (peraltro, anche un grande paleoantropologo evoluzionista come Yves Coppens rimarca che la coscienza è un fenomeno unicamente umano).
Paradossalmente, sono proprio i dati scientifici a contraddire il darwinismo. Un insospettabile darwinista, del calibro di Stephen Jay Gould, parla di “imbarazzante” mancanza di dati fossili che confermino l’evoluzione. Se c’è stata una lenta evoluzione le specie intermedie avrebbero dovuto farla da padrone. Lapalissiano. Invece le scoperte fossili (l’esplosione Cambriana per esempio) dimostrano il contrario, l’apparizione improvvisa di specie già formate. E Gould, ancora lui, smentisce il gradualismo. I fossili presentano due caratteristiche che contrastano con il gradualismo: stasi - la maggior parte delle specie non subisce mutazioni sostanziali, così come appaiono, scompaiono – e apparizione improvvisa e pienamente formata di molte specie.
Se la sopravvivenza del più adatto è un fatto scientifico, perché non esistono prove nei fossili dei deboli spazzati via? Non esistono ancora, ma abbiate pazienza, ci rassicurano i darwinisti, un giorno arriveranno.
Sono trascorsi oltre centocinquant’anni dalla formulazione della teoria, ma queste prove non sono mai arrivate. Anzi, più andiamo avanti più emergono prove contrarie.
La sopravvivenza del più adatto significa che tutti i comportamenti umani dal sesso, alla guerra, alla politica, alla religione dovrebbero essere funzionali a tale scopo. Ma come la mettiamo con l’altruismo e l’auto-sacrificio? Se vedo una persona che sta annegando e mi butto in acqua per tentare di salvarla, ben sapendo che rischio di morire, non sto cercando nessun beneficio per me stesso e tanto meno per i miei discendenti. È evidente che qualcosa non quadra. Ecco quindi il “colpo di genio” di Dawkins: il gene egoista. Anthony Flew lo liquida perentoriamente come pura e semplice mistificazione.
A parte queste preoccupanti crepe nel bastione del naturalismo, come i suoi adepti giustificano l’evoluzione? Come un processo casuale e senza significato. Sull’origine della vita fanno a gara a chi la spara più grossa, si va da un “iniziale colpo di fortuna” (R. Dawkins) al “quindi un miracolo accadde” (D. Dennett), agli alieni venuti da un altro pianeta o galassia (F. Crick). In confronto a simili campioni di razionalità, una qualsiasi chiromante assurge al ruolo di autorità scientifica di prim’ordine.
Nel giugno del 2000 viene ufficialmente presentata al mondo intero la scoperta del genoma umano, il programma che contiene tutti i DNA e le istruzioni per lo sviluppo della nostra specie. Un programma di 3 miliardi di lettere scritto utilizzando un codice di 4 lettere, talmente complesso che ha fatto dire al direttore della ricerca che lo ha scoperto, lo scienziato americano Francis S. Collins, “abbiamo dato il primo sguardo al nostro libro di istruzioni, conosciuto precedentemente solo da Dio”. Persino Dawkins deve riconoscere che il genoma è una sorta di software che, come ben noto, non è frutto del caso. Tutte le speculazioni sulla casualità dell’origine della vita cadono in picchiata a dimostrazione che il darwinismo ha basi filosofiche, non scientifiche e che, tolto lo strato iniziale, non è altro che naturalismo metafisico privo di ogni evidenza empirica.
La replica dei materialisti è, come al solito, stizzita e arrogante. “È assolutamente sicuro dire che se incontrate qualcuno che dichiara di non credere nell’evoluzione, questa persona è ignorante, stupida o insana” (R. Dawkins).
Insomma noi poveri ignoranti, stupidi e insani a cosa dovremmo “credere”? “Credere nell’evoluzione chimica della prima cellula da inanimati componenti chimici è come credere che un tornado possa imperversare in un immondezzaio e formare un Boeing 747” (F. Hoyle, astrofisico inglese). Egli ritiene praticamente impossibile che gli enzimi si formino a caso, per probabilità. Non è solo Hoyle ad essere scettico. Un altro ignorante, stupido e insano come Karl Popper (in realtà il più grande epistemologo moderno, colui che ha definito i nuovi parametri della “scientificità”) non crede alla favola del fatto “inconfutabile”: “il darwinismo non è una teoria scientifica, perché la selezione naturale è una spiegazione polivalente che non giustifica niente, e quindi non spiega niente”.
Non potendo provare con dati scientifici e non potendo convincere attraverso ragionamenti logico-razionali, gli atei si inventano una guerra tra scienza e religione.
Benché la relazione sia variegata e complessa, scienza e religione possono benissimo convivere e intersecarsi senza scadere in una grottesca disputa tra razionalismo e superstizione. “I principi della fede sono complementari ai principi scientifici” (Francis Collins, genetista), “L’universo è stato creato intenzionalmente e con scopo e questo non interferisce con l’impresa scientifica” (Owen Gingerich, astronomo di Harvard).
Eppure, secondo Sam Harris la religione sarebbe “la più potente sorgente dei conflitti umani, passati e presenti”. Accusare la religione di alimentare coscientemente l’ignoranza e di promuovere attivamente l’intolleranza, la conflittualità e le divisioni sociali è un atto di repellente disonestà e volgarità intellettuale. Certo abbiamo visto atrocità commesse in nome della cristianità, ma non perché venissero seguiti gli insegnamenti di Gesù Cristo, anzi per l’esatto opposto. Ha mai Gesù istigato alla violenza? Ha mai istigato alla tortura dei nemici? Ha istigato alla caccia alle streghe?
Gli atei esagerano i crimini commessi in nome del cristianesimo, ma trovano ogni tipo di scusa per giustificare o almeno attutire quelli commessi in nome dell’ateismo. Le streghe bruciate a Salem non erano 100 mila, come vogliono far credere, ma come precisa Dinesh D’Souza, meno di 25. Vengono i brividi sulla schiena nel ripensare agli orrori di cui sono stati capaci, nel solo XX secolo, campioni dell’ateismo militante quali Lenin, Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot; le loro vittime sono nell’ordine di un centinaio di milioni. Chi sarebbe “la più potente sorgente dei conflitti umani”?
Benché si siano commessi crimini, la cristianità (intesa come l’esperienza storica delle società in cui si è diffusa la religione cristiana) ha aspetti largamente positivi. Ha creato i primi ospedali, la Croce rossa, ha fondato le prime università, ha dato impulso alle arti figurative, all’architettura, alla musica e ha posto le basi per la scienza moderna. Quali sarebbero gli aspetti positivi del comunismo e del nazismo?
C’è molta gente (non necessariamente tra i credenti) che è ostile alla scienza, e le posizioni oltranziste di certi scienziati atei non fa che portare acqua al mulino degli ostili. La fede ha solide basi razionali e anche scientifiche e non è, come vorrebbe farci credere Dawkins, un “credo non fondato sulle prove e... un processo di non-pensiero”. La religione, ricordiamolo, non è solo credere in Dio, è qualcosa che coinvolge la conoscenza, l’esperienza, i rituali, l’affiliazione sociale, le motivazioni e i conseguenti comportamenti.
A parte le scienze naturali, c’è un altro terreno in cui i materialisti amano trastullarsi: l’intelligenza artificiale. Ray Kurzweil, inventore che si occupa di intelligenza artificiale, vagheggia scenari inquietanti. In The Age of Spiritual Machines (1999) paventa la possibilità che le macchine, entro la fine del secolo, comincino a mostrare segni di qualcosa di simile alla consapevolezza e ai sentimenti umani e si spinge anche ad affermare, non senza una buona dose di ironia, che alle macchine potrebbero essere riconosciuti, infine, diritti legali e civili. Nel febbraio del 2008, in un'intervista alla BBC dichiara che “entro il 2029 avremo la tecnologia hardware e software per raggiungere il livello di intelligenza artificiale dell'uomo, con l'ampia flessibilità dell'intelletto umano anche nella sua dimensione emotiva”. Nonostante il cervello umano sia ancora un enorme mistero, qualche scienziato disinvolto è convinto di poterne replicare le caratteristiche.
Ricordate le sfide scacchistiche tra un computer e Kasparov? Visto che qualcuno come Marvin Minsky, un “esperto” di intelligenza artificiale, pensa che la mente umana non sia altro che un computer in carne e ossa, perché non mettere in atto una sfida con tanto di premio tra uomo e computer? Sappiamo come è andata a finire: ha vinto dopo sei partite IBM Deep Blue. Vi dice niente, però, il fatto che il programma del computer sia stato scritto da tre esseri umani? Comunque, il computer era in grado di analizzare 3 milioni di mosse al secondo, mentre Kasparov non più di due o tre ma, “potete scommetterci la vita - precisa il giocatore russo - le migliori in assoluto”.
Il computer fa operazioni matematiche ma non ne coglie il senso, non ha piani né obiettivi, non si pone domande e non ha risposte sul significato dell’esistenza.
I più convinti sostenitori della possibilità di dotare i cervelli artificiali di vita, coscienza e sentimenti sono gli scienziati materialisti che ritengono, in base alla teoria dell’evoluzione, che il cervello una volta raggiunto un certo livello di complessità dia origine alla consapevolezza, alla soggettività, ai sentimenti, all’introspezione, in un modo molto simile a quello del rene quando produce l’urina. Secondo Dawkins esseri umani e animali non sarebbero altro che “macchine per la sopravvivenza, veicoli-robots ciecamente programmati per conservare molecole egoistiche note come geni... Noi e tutti gli altri animali siamo macchine create dai nostri geni”. La scoperta del genoma umano è lì a confutare simili avventate dichiarazioni.
I materialisti non sono in grado di offrire nessuna prova plausibile, come ammette lo stesso filosofo darwinista Michael Ruse: “Perché un pugno di atomi dovrebbe avere l’abilità di pensare?... Nessuno, e tantomeno un darwinista come tale, sembra avere una qualsiasi risposta a questo… La risposta è che non c’è una risposta scientifica”.
Uno studioso dell’intelligenza artificiale, Hugo DeGaris, professore di Scienza del Computer alla Utah State University, così si esprime: “Vedo il mondo evolvere in due fazioni, una che celebra iI successi tecnologici degli artilects [combinazione di Artificial e Intellect] e che vede questa attività come una sorta di religione, l’altro gruppo si opporrà categoricamente, sostenendo che questo è troppo rischioso e ci sarà un terzo gruppo di organismi cibernetici che tenterà di convertirsi in cyborgs umani”.
Vi chiederete: su cosa si fondano simili asserzioni? Sulla fede nei futuri sviluppi della scienza, principalmente sull’evoluzione che, abbiamo visto, è apertamente in crisi.
Non si capisce quindi in base a quali evidenze scientifiche questi scienziati vorrebbero farci credere che in un futuro non lontano saremo in grado di debellare il dualismo cervello/consapevolezza umana in laboratorio. Un dualismo che i puri e semplici processi biochimici non sono in grado semplicemente di spiegare e tanto meno di replicare. Lo stesso DeGaris ammette candidamente che non “conosciamo ancora abbastanza su cosa la consapevolezza sia… I neurologi, per dirla francamente, non ne hanno la minima idea. Conoscono abbastanza bene il nocciolo dei piccoli dettagli, ma sulla situazione generale, su roba fondamentale, come il cervello funzioni, non sanno nulla”.
Le ricerche in corso non fanno altro che confermare ciò che sostengono il filosofo Robert Augrus e il fisico George Stanciu, e cioè che allo stato delle attuali risultanze scientifiche, la mente non è riconducibile alla materia. “Uno scienziato inglese [Sam Parnia], studiando pazienti soggetti ad attacco cardiaco, dice che sta trovando prove che suggeriscono che la consapevolezza continuerebbe anche dopo che il cervello ha smesso di funzionare e il paziente è clinicamente morto”.
Un dualismo che lo stesso Einstein aveva intuito perfettamente “Un essere umano è parte del tutto, chiamato da noi ‘Universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Vive se stesso, i suoi pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, un tipo di delusione ottica della consapevolezza”.
Insomma se la mente umana, non il cervello, è ancora un mistero e, a sentire gli scienziati, lo sarà ancora a lungo, perché lanciarsi in simili inutili fughe in avanti? Perché inseguire i sogni della fantascienza? Perché fantasticare su robot che diventano e si comportano da esseri umani? Perché questi sono in grado di drenare finanziamenti pubblici. I fondi per le ricerche infatti premiano, in larghissima parte, quelle che perseguono le conferme dei dogmi e non la libertà scientifica. Gli eretici, in compenso, si vedono rimossi dagli incarichi universitari, vedono le loro ricerche vanificate dalle combinate aggressioni di establishment e media e i loro laboratori privati dei finanziamenti. Per finire con i nomi iscritti nelle liste di proscrizione della moderna Inquisizione.
Come abbiamo visto, i materialisti, pur di non darla vinta ai credenti, sono disposti a falsificare le carte, a reagire in modo irrazionale e dogmatico, a criminalizzare chi non condivide le loro idee, a vilipendere la loro stessa metodologia (scientifica). Ma è proprio lo scienziato che ha segnato il XX secolo a sconfessarli apertamente. Come risponde Einstein alle strattonate – non proprio gentili - dei colleghi che pretendevano li aiutasse a mettere al rogo non solo il pensiero teistico, ma il libero pensiero tout-court? Con una secca e concisa presa di distanza: “La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca”. La limpida risposta di un uomo di scienza e fede, equilibrato e saggio, che rifiuta di mettere in gioco la propria integrità per gli interessi di una casta che vorrebbe relegare Dio ai margini della storia e della cultura.