Al Gore è uno dei maggiori propagandisti del cosiddetto 'effetto serra'
Pubblichiamo un estratto dell'articolo pubblicato su www.svipop.org in relazione al nuovo scandalo del "climagate" (o, all'inglese, "climategate"). Le evidenziazioni in grassetto sono nostre.
Se fosse stato Michael Crichton a scrivere la storia di e-mail rubate all’Università dell’East Anglia che in questi giorni preoccupa (e non poco) alcuni dei più influenti climatologi del mondo, in pochi avrebbero trovato il romanzo noioso. Nella notte di venerdì 20 novembre il Centro di ricerca sul clima (Cru) dell’Università inglese ha subìto un attacco da parte di un pirata informatico (forse agevolato da una talpa interna) che ha pubblicato su un server russo 62 mega byte di e-mail e allegati scambiati dal 1996 a oggi tra gli scienziati del famoso Centro che da tempo collabora con l’Ipcc nella stesura dei rapporti dell’Onu sui cambiamenti climatici (rapporti in cui si sostiene che le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo starebbero surriscaldando pericolosamente il nostro pianeta).
Nella mattina di venerdì diversi blog specializzati (primo tra tutti Air Vent, poi Climate Audit e What’s up with that) riportano la notizia con alcuni stralci di queste e-mail. Subito i cosiddetti “scettici” dell’origine antropica del global warming (cioè coloro che non credono che il riscaldamento terrestre sia dovuto all'azione dell'uomo, ndr) si affrettano a dire che in quelle mail c’è la "pistola fumante" del grande raggiro perpetrato dai cosiddetti “catastrofisti”: in effetti la lettura di questa corrispondenza (scaricabile ormai da molti siti sulla rete, primo tra tutti quello del Wall Street Journal) svela un fitto scambio di informazioni e pareri tra gli studiosi del global warming su come filtrare le informazioni per selezionare cosa far passare al pubblico e cosa no. In poche parole, i climatologi si consigliano a vicenda di non pubblicare dati e numeri che contesterebbero la loro teoria.
(...) Uno degli scienziati più attivi in questo scambio di e-mail, P. J., scrive a diversi colleghi che ha “appena utilizzato il trucchetto di Mann (noto climatologo, ndr) per nascondere il declino (delle temperature, ndr) in alcune serie a partire dal 1981”.
A questo punto sulla rete è il caos, le parole “trick” (trucchetto) e “hide the decline” (nascondere il declino) sono inequivocabili, dicono in molti. Nella sera di venerdì anche il New York Times racconta l’accaduto. Sabato, in Italia, solo il Foglio ne parla: il mistero è ancora fitto, nessuno degli scienziati coinvolti ha parlato nel merito (alcuni sono intervenuti per dire che il furto di corrispondenza è un reato). Domenica il Corriere della Sera e la Stampa scrivono dell’accaduto. Lunedì sui giornali italiani non c’è già più traccia della notizia, che invece resta nei giornali internazionali: il Wall Street Journal gli dedica l’intera pagina tre, ieri, e quello stesso articolo è il più letto del giorno sul sito Web.
(...) Gli scienziati coinvolti hanno scritto la loro versione su Real Climate, un blog nato proprio da alcuni di loro. La cosa interessante è che non è arrivata nessuna smentita su quanto scritto nelle mail (a questo punto da considerare tutte genuine?), ma solo precisazioni sul significato di alcuni termini usati in gergo colloquiale e accuse di “decontestualizzare” i contenuti degli scambi epistolari. Resta il fatto che i contenuti sono abbastanza espliciti, e misteriosamente quasi nessun quotidiano li ha analizzati.
La linea che sta passando – anche in Italia – è che questo “attacco” sia stato portato da chi vuole far fallire la Conferenza sul clima di Copenaghen. Così, la Stampa domenica intervistava il geologo Bob Ward che sosteneva come “le mail dell’East Anglia vergognosamente rubate mostrano solo la frustrazione degli scienziati per i continui attacchi di questi sedicenti scettici che sanno dire solo di no”. In sostanza, in quelle e-mail ci sarebbero solo le lamentele di chi sta salvando il mondo ma non è capito dai colleghi “negazionisti”, e non la prova che questi scienziati falsificassero i dati perché non sapevano come sostenere la loro teoria di fronte alla realtà.
Leggiamo questo passaggio da una lettera di K.T. riportato anche dalla Stampa:
“Il fatto è che non possiamo spiegare l’assenza di riscaldamento in questo momento storico” (come abbiamo evidenziato in un articolo recentemente pubblicato, ndr).
Tranne il Telegraph (che sul suo sito pubblica un’interessante antologia delle frasi più contestate) e pochi altri, nessuno sottolinea l’incertezza scientifica che appare evidente nei botta e risposta tra i membri del Cru. Si fa notare solo quanto sia sospetto che proprio a pochi giorni da Copenaghen (dove dal 7 al 18 dicembre si tiene la Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, ndr) questo materiale sia stato reso pubblico. Il Guardian si lancia addirittura in una excusatio non petita: “Non ci sono tracce di alcuna cospirazione tra climatologi, allora perché la risposta dell’Università dell’East Anglia è stata così patetica?”. In effetti dalla sola lettura delle e-mail è difficile parlare di complotto organizzato, ma si può notare una rete di connivenze, omertà e collusione votata allo scopo di dimostrare le proprie idee, più che trovare per esse conferme scientifiche. Così almeno la pensa Lord Lawson, Chairman della Global Warming Policy Foundation, che ieri ha chiesto che si apra un’inchiesta sui contenuti “molto gravi” delle mail, “che colpiscono al cuore l’integrità e la credibilità scientifica”. Scrive M.M. in una delle e-mail: “Sappiamo tutti che in questo dibattito il problema non è affatto ciò che è vero o falso”.
Ognuno può avere gli amici che gli pare, ma certo non può non destare qualche sospetto la vicinanza che emerge dal materiale del Cru tra gli scienziati e certe organizzazioni ambientaliste dall’approccio spesso poco scientifico per quello che riguarda i cambiamenti climatici. Così ci sarebbe la richiesta a Greenpeace di un endorsement alla “causa” (sic), fatta appena prima della ratifica del protocollo di Kyoto, e la richiesta fatta dal Wwf australiano perché il Centro di ricerca alzi la percentuale di rischio di occorrenza di siccità ed eventi estremi in Australia, così che il Wwf possa fare un “big public splash”, un gran bel botto. (...)
Ulteriori squarci sullo scandalo nell'articolo "Climagate": rotolano le prime teste
Per una visione complessiva della propaganda sui cambiamenti climatici, vedi anche le recensioni del libro Che tempo farà. Falsi allarmi e menzogne sul clima