Sarà che non ho mai amato i luoghi comuni, sarà che per me la povertà è una cosa seria e ho troppo rispetto per chi ogni giorno (in Italia e nel Terzo mondo) deve veramente vivere in situazioni di grave disagio… ma questa storia della crisi imperante, “ai limiti della povertà”, in una società opulenta come la nostra… la trovo francamente eccessiva.
Ovviamente non dobbiamo ignorare che in Italia vi siano persone indigenti e da aiutare, o che esistano alcune questioni economiche più generali da affrontare. C'è stata una fiammata inflazionistica seguita all’introduzione dell’euro, che ha avuto contraccolpi in alcune categorie (soprattutto a reddito fisso); anche se i recenti rinnovi contrattuali (superiori all'inflazione) stanno recuperando il potere d'acquisto. C'è poi l'esigenza di crescere la competitività del nostro Paese, per prepararci alle sfide del futuro.
Ma un conto è analizzare questi fenomeni, altro è ripetere una vulgata corrente secondo cui le famiglie non ce la farebbero più ad andare avanti, non arriverebbero a fine mese, e iatture di questo tipo generale.
Cerchiamo di capire se questo “menar sfiga” sia davvero fondato, analizzando alcuni dati incontrovertibili, che sono (o dovrebbero essere) noti a tutti.
PIL
Il pil - prodotto interno lordo - indica la ricchezza che ogni anno viene prodotta in un Paese. Ebbene, ricordato che l’Italia fa parte delle sette nazioni più ricche del mondo, negli ultimi anni, più o meno velocemente, l’indice del pil è sempre cresciuto e quindi la ricchezza è sempre aumentata, a differenza di quanto è avvenuto in altri paesi come la Germania o il Giappone. Nell'ultima parte del 2005, poi, la ripresa si sta facendo decisa (le stime sono di un incremento dell'1,5-2% annuo)
FAMIGLIE POVERE?
Secondo l’Istat il numero delle famiglie povere - che a fine anni Novanta era aumentato - negli ultimi due-tre anni ha conosciuto oscillazioni che lo rendono sostanzialmente stabile. Ma va ricordato che si parla di povertà "relativa" (cioè rapportata al reddito medio): non si tratta di persone indigenti, e il loro reddito - in termini assoluti - è pur sempre cresciuto.
RISPARMI
Dopo la gelata del 2001, causata dall’euro e dalle incertezze seguite all’attentato alle Torri gemelle, che aveva portato il risparmio al record negativo dell’8,7 per cento del reddito, la propensione al risparmio ha continuato a crescere. Nei primi mesi del 2005 è stato accantonato il 12,8 per cento del reddito disponibile e le famiglie che non riescono a risparmiare nulla sono scese in quattro anni dal 42 al 27 per cento.
CASA
I prezzi immobiliari sono saliti molto negli ultimi anni, perché vi si sono riversati molti investimenti prima diretti in borsa. Quello della casa resta un problema per molte giovani coppie; ma lo era già in passato, ed anzi oggi, con i mutui bassi (e spesso l'aiuto dei genitori), l'impresa è meno ardua. La sostanza è che circa l’87,9% degli Italiani vive in una casa di proprietà (dal 72% del 2001). L’Italia è il primo paese al mondo per numero percentuale di proprietarî di case; più di Stati Uniti, Svizzera, Francia, Finlandia, Giappone e via elencando.
Inoltre, la maggioranza degli Italiani è proprietaria di due o più case (al mare o in montagna, al paese o in campagna, e qualcuno pure all’estero).
Dunque, tenendo presente il costo delle case, ciò significa che una larghissima maggioranza di Italiani possiede in immobilizzazioni finanziarie centinaia di migliaia di euro. Negli ultimi due anni, inoltre, i beni (mobili e immobili) posseduti dalle famiglie sono in media aumentati del 5%.
Peraltro, esistono diverse giovani coppie o famiglie che vivono in una casa in affitto per varie ragioni, ma non perché possano essere considerate “povere”.
LAVORO
Nel 2002 il livello di occupati è tornato dopo dieci anni quello del 1992, e negli ultimi anni il tasso di disoccupazione è sceso sotto l’8% (dal 12% a cui era arrivato alla fine degli anni ’90). Ciò significa che, anche in questo caso, abbiamo superato di gran lunga Paesi come la Francia e la Germania. Senza peraltro considerare il lavoro nero, che in Italia ha un’incidenza maggiore rispetto agli altri paesi industrializzati. In Sicilia "importiamo" lavoratori tedeschi per raccogliere gli agrumi!!!
Si diffonde il lavoro “precario”, dice qualcuno. Ebbene, i dati dicono che il 60% dei nuovi posti di lavoro creati ogni anno è a tempo indeterminato! La diffusione di altre forme contrattuali (a termine, a tempo parziale, a progetto, ecc.) è servita a creare nuovo lavoro, a riempire uno spazio che prima era riempito dalla disoccupazione, non a sostituire il lavoro “stabile”.
AUTOMOBILI
Mentre la Ferrari che produce auto di lusso va a gonfie vele (e non vende solo all’estero), la Fiat è entrata in crisi (anche se, per fortuna ,il momento peggiore sembra superato). Una delle ragioni di questa crisi – oltre agli errori di programmazione industriale - è nella non competitività nel segmento alto, dove gli Italiani preferiscono comprare BMW o Mercedes, nonostante generalmente costino il 20% in più. Non a caso il rilancio è cominciato cercando di tornare competitivi proprio in quel settore, con modelli quali le Lancia Lybra o Thesis, o le Alfa 156 e 166. Non solo: la Fiat è in difficoltà anche nel segmento delle city car, perché gli Italiani preferiscono acquistare la Smart che è una “piccola” il cui prezzo oscilla tra i 15.000 e i 20.000 euro !
CONSUMI
Infine, analizziamo i consumi. Anche quest’anno (ma è così da quando ho memoria) molti giornali sfornano articoli e titoli del tipo: “Per Natale gli Italiani scelgono regali utili”. E “utili” sembrerebbe significare di poco valore. La dimostrazione risiederebbe nel fatto che le vendite sono in calo nel settore dell’abbigliamento e degli alimentari. Sennonché uno continua a leggere l’articolo e scopre che le persone si orientano sempre più verso il settore hi-tech, e il mercato dei telefonini non conosce crisi.
Ebbene, mi riesce veramente incomprensibile capire perché una famiglia in crisi regali telefonini o telecamere digitali o televisori al plasma invece di una camicia o di un bel prosciutto. È vero che i telefonini vanno via come il pane, ma confondere l’uno e l’altro…
Perché, dunque, se l’Italia resta un Paese più che benestante, la gente si lamenta? (E alcuni media sono pronti ad amplificare...)
Una prima, semplice risposta è: per ragioni squisitamente politiche. Chi sta all’opposizione deve ripetere che tutto va male...
Una seconda risposta è: esistono anche insoddisfazioni personali, che possono non corrispondere a difficoltà gravi. Magari è insoddisfatto chi si confronta con il conoscente che si può permettere certi agi. Oppure sono aumentate le nostre pretese: oggi al minimo dolorino si pretende una costosissima risonanza magnetica. E poi, la lamentela è un vezzo che un po’ piace a noi Italiani…
Concludendo.
Non vogliamo dimenticare, soprattutto a Natale, le persone che vivono grosse difficoltà (qualunque sia la percentuale sulla popolazione complessiva). Ma penso che non aiutiamo certo queste persone imprecando contro la “crisi”, facendo del vittimismo collettivo, che anzi diventa un alibi: “sto già tanto male io, figuriamoci se posso preoccuparmi di altri…”
Forse dovremmo imparare ad apprezzare di più ciò che abbiamo, essere un po’ più solidali con chi ci circonda, riflettere (magari lo faremo in un prossimo articolo) sull’importanza di politiche mirate ad aiutare chi ha davvero bisogno e a mantenere competitivo il nostro Paese.
P.S. Un'inchiesta accurata su benessere - vero - e povertà - finta - degli ultimi anni ce la offre il volumetto di Filippo Facci, Poveri ma ricchi - La favola del grande declino italiano, ed. I libri del Foglio, Milano 2006