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"Siamo padroni di una banca?", "Consorte, facci sognare!"
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La vicenda Unipol-Bnl, le intercettazioni tra Consorte, Fassino e D'Alema, il caso Speciale
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      Scritto da Giovanni Martino
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26/01/06
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Ultimo Aggiornamento: 19/11/08
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| | Il segretario dei DS, Fassino | Il presidente dei DS, D'Alema |
La pubblicazione delle nuove intercettazioni relative al caso Unipol fa riemergere lo scottante tema della trasparenza dei rapporti tra politica e finanza nella sinistra italiana (ma non solo). Ricostruiamo dunque - aggiornando il nostro precedente articolo - la vicenda Unipol, collegata a quella più estesa delle "scalate" alle banche (Antonveneta e Banca Nazionale del Lavoro) e al Corriere della Sera, svoltasi nel 2005 e da noi descritta nell'articolo Scontro di potere. In quella vicenda è emersa un’alleanza di ampio respiro tra il banchiere Fiorani, il finanziere Gnutti, gli immobiliaristi Ricucci e Coppola, cioè i “concertisti” della scalata alla banca Antonveneta. Questi personaggi avevano solidi rapporti con Consorte, in quel momento presidente e amministratore delegato di Unipol, la grande assicurazione - punta di diamante del mondo della cooperazione “rossa” - che mirava a conquistare BNL (la Banca Nazionale del Lavoro) e a fare quindi un ingresso trionfale nel mondo della finanza. Un'alleanza finita travolta da un'inchiesta giudiziaria (seppure in parte conclusasi con la bolla di sapone dell'indulto). Uno degli aspetti più eclatanti di questa vicenda è il tentativo del mondo economico legato ai Ds, il mondo della cooperazione rossa, che ha il suo perno nella grande compagnia assicurativa Unipol, di consolidarsi nel mondo della finanza, con la conquista di una grande banca. Parliamo di aspetto eclatante, perché è emerso che questo tentativo ha avuto nei DS non spettatori neutrali, ma una sponda politica attenta e interessata. La BNL, come l'Antonveneta, era uno dei gruppi bancari non ancora entrati in gruppi più grandi, quindi possibile oggetto di conquista ("scalata"). Per acquistarla c'era concorrenza tra gli spagnoli del Banco di Bilbao (BBVA) e l'istituto assicurativo italiano UNIPOL, intenzionato a consolidarsi nel settore bancario. L'Opa di BBVA era stata ritenuta poco allettante dagli azionisti della BNL, che sembravano orientati ad accettare quella di UNIPOL, la quale ha fatto sottoscrivere alle cooperative sue azioniste parte dei soldi necessari. Anche qui, c'era chi sosteneva (come l'a.d. di BNL, Abete) che UNIPOL non aveva la solidità patrimoniale sufficiente, che si sarebbe indebitata troppo per la scalata, e che dunque il Governatore della Banca d'Italia Fazio non avrebbe dovuto dare ad Unipol l'autorizzazione alla scalata. Alle accuse a Fazio si sono poi aggiunte quelle ai Democratici di Sinistra - il principale partito d'opposizione - di essere intervenuti dietro le quinte per favorire la scalata di un gruppo ad essi amico (UNIPOL). I critici sottolineavano altresì che il mondo della cooperazione gode di agevolazioni fiscali perché raggiunga finalità mutualistiche, e non perché svolga rischiose scalate finanziarie. Infine, si rimproverava a Consorte di aver stretto accordi con gli stessi discussi protagonisti della scalata all'Antonveneta (Fiorani, Ricucci, Gnutti). A sollevare il caso, inizialmente, non era stato un avversario politico, ma un alleato dei DS, Arturo Parisi, esponente di spicco della Margherita e uomo molto vicino a Prodi. In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il 4 agosto 2005, aveva dapprima detto che la nomina dell'esponente DS Petruccioli alla RAI e la conquista dei diritti sul calcio di serie A da parte di Mediaset danno una "sensazione di baratto". Quanto alla scalata di BNL da parte di UNIPOL, Parisi ne aveva in sostanza contestato la legittimità, affermando che "l'ispirazione mutualistica che sta alla base dell'esperienza cooperativa non può essere trasposta in una condizione e su una scala diversa, non ci si può trasformare in raider di Borsa con l'aiuto del fisco". Ed ha anche insinuato che i DS abbiano sostenuto sotto traccia la scalata per coltivare i propri interessi: "hanno esitato nel farsi le domande giuste. E così, guidati dall'istinto che porta ognuno a difendere il proprio mondo, hanno dato l'impressione di avallare una regressione neo-corporativa". Rutelli, sempre sul Corriere della sera, era intervenuto per rincarare la dose, parlando di quella scalata come di "qualcosa che avviene sotto il segno di legami trasversali e poco chiari". Parole attentamente dosate, per non compromettere del tutto i rapporti politici (oltre che per non oltrepassare la soglia che porta alla denuncia penale). Ma, proprio tenendo conto dell'abituale diplomazia dei politici, il messaggio era stato sin troppo esplicito, scatenando infatti la reazione dei DS. Anche gli altri alleati della quercia avevano lanciato accuse, segnalando che forse si era passato il segno. Pietro Folena, ex diessino passato come indipendente a Rifondazione comunista, accusava la Quercia di "ambiguo e pilatesco laissez-faire" quando "la compagnia di assicurazioni della Legacoop si cimenta in scalate dai profili poco chiari". Si è assistito persino all'evento di un comunicato congiunto - sull'argomento - di Mastella e Bertinotti! Non era mancato chi, pure all'interno dei Democratici della Sinistra, aveva espresso riserve. Per Franco Bassanini (poi non fatto rieleggere in Parlamento dal suo partito...) "bisogna evitare di schierarsi per quelle imprese amministrate da dirigenti vicini al proprio partito". A spiegare le posizioni dissonanti interne c'è anche un retroscena. UNIPOL e i vertici DS avevano sollecitato il Monte dei Paschi di Siena (MPS, banca di proprietà di una fondazione in cui è forte il peso dei DS senesi) a partecipare all'Opa su BNL, con l'obiettivo di costituire un grande polo bancario-assicurativo vicino alla sinistra. Ma il Monte dei Paschi aveva declinato l'invito, ritenendo l'operazione - che richiedeva un grande indebitamento - troppo rischiosa. Da qui alcune frizioni interne nei DS tra amici di MPS e amici di UNIPOL. Ma i vertici dei Democratici di Sinistra, nella sostanza, avevano proclamato la loro estraneità alle vicende Unipol-BNL. Avevano sostenuto di essersi solo "informati". Avevano anzi parlato di "aggressione" da parte di quanti - anche tra i loro alleati - avevano denunciato un nuovo capitolo della "questione morale" della sinistra. In particolare Fassino, D'Alema e Bersani si erano esposti a difesa del diritto del mondo cooperativo di crescere e di effettuare la scalata alla BNL. Fassino aveva parlato di una "campagna per indebolire me e i DS", chiamando Prodi a scendere in loro difesa. Il quale Prodi, dopo aver lasciato che la disputa montasse, era infine intervenuto per proclamare che "la polemica è durata troppo" (!), senza spiegare il suo pensiero nel merito. Amen. La polemica sembrava effettivamente sopita, almeno finché Il Giornale ha pubblicato - nel gennaio 2006 - il contenuto di alcune intercettazioni tra Consorte e Fassino: emerge un'altra verità, che smonta completamente la linea difensiva DS. Si scopre che il 18 luglio 2005, quando le operazioni per la scalata di Unipol a BNL sembrano ad una svolta, Fassino chiama Consorte per complimentarsi ed esordisce così: "Allora, siamo padroni di una banca?" Salvo correggersi goffamente poco dopo: "Anzi no, siete voi i padroni della banca, io non c'entro niente". E poco dopo (ancora combattendo con la propria 'crisi d'identità'): "il problema adesso è dimostrare che noi abbiamo, che voi avete un piano industriale". Consorte, ormai sicuro del buon esito dell'operazione, si rivolge a Fassino: "ti ringrazio anche per l'aiuto che ci hai dato". Quindi esprime il proposito di denunciare coloro che hanno espresso critiche a suo avviso calunniose, ma Fassino lo frena: "Prima di denunciare aspetta. Prima portiamo a casa tutto". Più avanti Consorte commenta ancora alcune critiche ricevute: "Questi dicono: cazzo, adesso i Ds, oltre ad avere il mondo delle coop, Unipol, oltre ad avere il Monte dei Paschi, che non è così, hanno anche la banca Bnl. Il ragionamento demenziale che fanno è questo qui". Fassino non sembra cogliere subito il senso dell'affermazione: "Va bene e intanto noi lavoriamo, ma perché poi demenziale?". E Consorte: "No, noi sosterremo che è demenziale". Fassino vi sembra uno neutrale, che si "informa"? Che tipo di "aiuto" ha dato a Consorte? Ricordiamo anche che Ugo Sposetti, il tesoriere dei Ds, risulta aver detto per telefono a Consorte: “Il Governatore ha dovuto prendere le distanze dai vari Fiorani e Geronzi. Ora si trova con delle persone perbene. Siamo noi dell’Unipol”. Consorte e il suo vice Sacchetti vengono indagati dalle Procure di Milano e di Roma per aggiotaggio, manipolazione del mercato e ostacolo alle autorità di vigilanza. Consorte anche per associazione a delinquere, appropriazione indebita, ricettazione. Sui suoi conti correnti personali sono stati trovati oltre 50 milioni di euro (100 miliardi di lire) per misteriose “consulenze”. Consorte è stato indagato anche dalla Procura di Perugia (procedimento poi archiviato) per violazione del segreto istruttorio, insieme con il magistrato romano che conduceva l'inchiesta su BNL: tale magistrato era accusato di aver messo sull'avviso Consorte - tramite un altro magistrato milanese - delle indagini a suo carico. Consorte e Sacchetti dovranno infine lasciare anche tutti i loro incarichi in Unipol. Lo sconcerto del popolo della sinistra - o almeno di quanti credevano alla proclamata superiorità morale dei politici di sinistra - è stato inevitabile. Anche se noi - per così dire - ci stupiamo dello stupore. I legami stretti ed equivoci tra DS e mondo economico-finanziario-giudiziario avrebbero dovuto essere risaputi, e anche noi li avevamo evidenziati nell'articolo sulla questione morale dei DS. Forse la molla che ha fatto scattare lo sdegno è la notizia dei soldi sui conti correnti personali di Consorte (ammesso che quei soldi fossero davvero destinati a restare nelle sue tasche: 50 milioni di euro è una somma pari a quasi due terzi della famosa maxitangente Enimont dei tempi di Tangentopoli). Se lo sdegno fosse dovuto solo a questo, però, anche il popolo di sinistra dovrebbe fare un esame di coscienza: forzare le regole per beneficiare il Partito (come si faceva ai tempi di Berlinguer, forse con minore spregiudicatezza), alterando la vita democratica e l'efficienza del mercato economico, non è meno grave che farlo per interessi personali. Si sono registrate anche situazioni paradossali. Solo due giorni prima della pubblicazione della telefonata Fassino-Consorte, Beppe Grillo, sul suo blog, aveva individuato in Fassino il personaggio più onesto - o "meno peggio" - della sinistra, invitandolo a "cacciare" D'Alema e Violante per fare pulizia... Consorte era dapprima indicato dalla sinistra come un battitore libero, quasi isolato, persona "che se ha sbagliato deve pagare"; poi si è rivelato ottimo amico di tutti i vertici diessini, di esponenti di spicco dell'Unione come il Presidente della Regione Lazio Marrazzo, di magistrati, ecc. Giuliano Ferrara ha rilevato che anche Craxi aveva liquidato Mario Chiesa (l'uomo da cui partì Tangentopoli) come un "mariuolo", delle cui attività non si aveva conoscenza; e ha invitato a fare chiarezza sul "tesoretto" di Consorte, sulla sua possibile destinazione a finanziamento politico. La risposta di D'Alema è stata... una minaccia di querela. Emerge persino l'indignazione di esponenti DS per la violazione del segreto istruttorio, arrampicandosi sugli specchi di diversi livelli di gravità della violazione del segreto istruttorio. Eppure nel 2005, quando già girava la voce di colloqui intercettati tra Fassino e Consorte (e che però - a differenza di altri - non erano stati ritenuti "rilevanti" per il procedimento giudiziario, e non erano "filtrati"), era stato Fassino stesso a chiedere che fossero resi pubblici! Intendiamoci: noi restiamo convinti che i colloqui riservati non dovrebbero essere diffusi. Ma questo dovrebbe valere sempre! Non capiamo perché a sinistra si invoca la libertà di stampa e si cavalca la demagogia forcaiola quando le intercettazioni riguardano altri, difendendo gli ambienti giudiziari che non sono stati capaci di custodire efficacemente il segreto; e invece si grida allo scandalo quando si resta vittime dello stesso meccanismo. Lo conferma il tesoriere DS Sposetti, in un'intervista a La Stampa del 13 giugno 2007: "Io dissi che bisognava intervenire su questo famigerato meccanismo delle intercettazioni tanto tempo fa, quando uscirono quelle che riguardavano il senatore Grillo e la signora Fazio. Era l'occasione migliore, perché la politica interveniva per salvaguardare un potere terzo. Andai anche a parlare con i nostri capigruppo alla Camera e al Senato. Ma invano. Visto che erano nei guai gli altri non se ne occuparono...". Insomma, si grida al complotto o, meglio, all' "aggressione": eppure la sinistra ha sempre preso in giro Berlusconi quando questi lamentava campagne denigratorie! La telefonata Fassino-Consorte fu pubblicata da Il Giornale quando non era ancora depositata agli atti. Il sospetto dei diessini era che lo zelante informatore fosse stato qualche finanziere. Arrivati al Governo, il sottosegretario Visco, che aveva la delega per la Guardia di Finanza, ordina al Comandante generale Speciale il trasferimento d'ufficio e d'urgenza di tutti i vertici della Guardia di Finanza lombarda: uno di quegli ufficiali aveva indagato su Unipol (anche se Visco smentirà ogni collegamento). Il Comandante Speciale rifiuta di dar corso all'ordine, sostenuto dal procuratore di Milano, Manlio Minale, che chiede per iscritto chiarimenti al ministero. Ma quando (nel maggio 2007) la storia è emersa, il Governo Prodi rimuove Speciale dal suo incarico (pur essendo costretto a ritirare a Visco le deleghe sulla Guardia di Finanza). Che la questione fosse considerata particolarmente 'delicata' lo dimostra anche il fatto che il direttore dell'ANSA Pierluigi Magnaschi, secondo quanto lui stesso ha dichiarato pubblicamente, fu rimosso dal suo incarico su pressioni del Governo per aver diffuso - il 16 luglio 2006 - la notizia della richiesta da parte di Visco di rimuovere i vertici della GdF milanese. Chi tocca i fili della corrente... L'11 giugno 2007 filtrano nuove intercettazioni, depositate agli atti dal GIP di Milano Clementina Forleo in quanto si tratta di intercettazioni che vedono coinvolta una persona ancora oggetto di indagini come Consorte (anche se dall'altro capo del telefono c'erano politici che invece non sono sottoposti a indagine). Emerge con ancora più chiarezza il coinvolgimento diretto dei DS nella scalata. Se prima affermavano di "non aver fatto il tifo", oggi sentiamo un D'Alema che, da vero ultrà, in una telefonata del 7 luglio 2005 incoraggia Consorte: "Facci sognare, vai!". Non solo tifo; il giorno precedente Consorte aveva suggerito a Latorre (parlamentare DS): "Sarebbe meglio che D'Alema chiamasse Caltagirone (per convincerlo a vendere le proprie quote in BNL agli alleati di Unipol)". Il giudice Forleo denuncia pressioni di ambienti del Tribunale di Milano per non farle inserire negli atti le intercettazioni scottanti. Risultato: il 22 luglio 2008, al termine di un lungo procedimento disciplinare, il CSM (normalmente propenso ad offrire tutela ai magistrati anche nelle situazioni più imbarazzanti) disporrà il trasferimento della Forleo per incompatibilità ambientale. Ancora: chi tocca i fili... Il 18 novembre 2008 il Parlamento europeo (di cui D'Alema era componente all'epoca dei fatti) nega l'autorizzazione a utilizzare queste intercettazioni nei procedimenti penali cui il leader della sinistra è sottoposto. I DS, imbarazzati a rispondere nel merito, parlano di "circo mediatico", si affannano a sottolineare che non sono sin qui emersi profili penalmente rilevanti. Ma il problema, lo sappiamo bene, è un altro: quello della moralità e della trasparenza della politica. Messa davvero in ombra dall'intreccio con la finanza, nonché dall'affannoso negare tale intreccio: dicendo bugie agli Italiani, quindi. Quanto sia stretto (e poco chiaro) il legame politica-finanza emerge anche da una frase rivolta da Consorte a D'Alema: "E’ da fare uno sforzo mostruoso, ma vale la pena a un anno dalle elezioni". Il centro-destra non affonda il coltello nella piaga. Solo il comprensibile sconcerto rispetto all'uso indiscriminato delle intercettazioni? O anche una certa solidarietà corporativa, il timore che "quello che ieri è toccato a me, ed oggi tocca a te, domani possa di nuovo toccare a me"? A questo punto si va verso un definitivo chiarimento politico e giudiziario? Probabilmente no. Infatti, mentre Fiorani è stato sottoposto per parecchi mesi a numerosi interrogatori e alla carcerazione preventiva - che, si sa, scioglie la lingua con più velocità - stessa sorte non è toccata a Consorte, per "motivi di salute". E nel frattempo, il 29 luglio 2006, la Camere hanno approvato l'indulto, che si applica ai reati (anche a quelli che non hanno ancora portato ad una condanna) commessi prima del 2 maggio 2006, garantendo uno sconto di pena di tre anni. Le inchieste sono fortemente indebolite. Berlusconi è contento (per Previti), i DS sono contenti (per Consorte), e noi... (Nell'articolo sulla questione morale della sinistra ricordiamo anche l'amnistia votata nel 1989 dal PCI). Ma al di là dell'aspetto giudiziario, c'è quello politico. Non si può negare che siano esistite forti pressioni contro i DS da più direzioni. Dai loro stessi alleati, che vogliono difendere gli attuali vertici Bnl (Margherita) o vogliono riequilibrare i rapporti di forza nell'alleanza. Dai giornali (Corriere, Repubblica), che sognano un nuovo centrosinistra basato sul Partito Democratico, e ritengono questo disegno possibile solo se si indeboliscono i DS. Naturalmente, dagli avversari politici. Ma il punto vero è: gli argomenti utilizzati dagli accusatori sono veri o falsi? Il testo delle intercettazioni è stato smentito o no? Esiste o meno un grande e radicato "conflitto d'interessi" a sinistra? Quanto è emerso non autorizza - evidentemente - a fare dei DS il capro espiatorio del malaffare o a svalutare tutta l'esperienza cooperativa. Ma può aiutare, se tutti i cittadini aprono gli occhi, a capire che la questione morale non può essere tradotta in moralismo, non ha colore politico, non può essere strumentalizzata da qualcuno per colpire qualcun'altro. La sinistra ha avuto (e ha perso?) l'occasione di superare le tentazioni del giustizialismo, visto come una scorciatoia per far fuori gli avversari politici senza aggiornare la propria identità politica e i proprî programmi. Questo atteggiamento aveva prodotto due gravissimi danni: impedendo un dibattito serio sui programmi politici e sulla soluzione concreta ai problemi della gente; e impedendo anche di affrontare la stessa questione morale, facendo credere che per risolverla fosse sufficiente scegliere i presunti 'buoni' contro i 'cattivi'. L'obiettivo dovrebbe essere di fare pulizia a 360°, in tutti gli schieramenti politici, senza pretese d'impunità. Bisognerebbe discutere seriamente di tutti i conflitti d'interesse: di Berlusconi e della sinistra. Bisognerebbe fissare regole di vera trasparenza nei rapporti tra politica ed economia; regole anche etiche, perché spesso ciò che è semplicemente "legittimo" penalmente non basta a garantire onestà e correttezza. Ogni forza politica dovrebbe applicare innanzitutto a se stessa i criterî di rigore che predica per gli altri. Ai cittadini tornerebbero la libertà e la responsabilità - non facile, mai evitabile - di scegliere i più onesti e capaci a governare (se non prevalgono disincanto e rassegnazione). Bisognerebbe, dovrebbe, tornerebbero... un po' troppi condizionali, eh?
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