vignetta di Roberto Mangosi (da peacelink.it)
Premessa: negli anni, non abbiamo mai voluto partecipare – nel nostro piccolo – alla corrida del “Berlusconi sì, Berlusconi no”. Una corrida che, come abbiamo di recente evidenziato, giova solo a Berlusconi stesso e ad alcuni suoi oppositori, perché copre la mancanza di idee e proposte politiche.
Ma non possiamo fare a meno di ritornare ad occuparci di lui dopo breve tempo, per evidenziare alcune sue esternazioni che non sono più semplici cadute di stile, ma veri – e pericolosi – attacchi alla libertà di stampa e di espressione.
Già il 13 giugno il Cavaliere aveva incitato i giovani di Confindustria a non finanziare con la pubblicità i media "pessimisti", perché "disfattisti" (quella di disfattismo è un'accusa tipica dei regimi autoritarî. E poi, non era pessimista anche Berlusconi, quando era all'opposizione?).
Il 26 giugno rincara la dose. Nella conferenza stampa a Palazzo Chigi per l’approvazione del decreto legge anticrisi, ha affermato: “Gli imprenditori (…) devono spingere gli editori a non diffondere sui giornali o sulle televisioni il panico arrivando anche a minacciare di non dargli più pubblicità”.
Dissentiamo fermamente. Ognuno fa pubblicità dove vuole, magari sulla testata di cui condivide maggiormente l’impostazione; ma è inammissibile immaginare che gli inserzionisti possano far pressioni per condizionare la linea editoriale! Si chiama ricatto…
E se la minaccia di togliere la pubblicità non basta, Berlusconi non si accontenta: bisogna "chiudere la bocca (…) agli organi di stampa che tutti i giorni danno incentivi alla paura e diffondono il panico". "Gli organi di stampa riprendono le posizioni del tanto peggio tanto meglio delle opposizioni e danno incentivi alla paura. Dobbiamo fare in modo che gli italiani tornino ai loro stili di vita precedenti perché non hanno nessun motivo di ridurre i loro consumi".
Ora: che la crisi finanziaria ed economica sia soltanto psicologica è argomento che Berlusconi dovrebbe rivolgere a chi ha perso il posto di lavoro o è in cassa integrazione o ha visto drasticamente diminuire i suoi guadagni…
Ci sembra di risentire la litania della sinistra al governo, secondo la quale l'insicurezza degli Italiani rispetto alla criminalità era solo una "percezione".
Anche l'idea che la crisi si superi sic et sempliciter tornando agli "stili di vita precedenti" è discutibile, perché alcuni stili di vita - e di azione finanziaria - improntati alla cultura del debito sono stati proprio tra i fattori che hanno condotto alla crisi.
Esiste nella riduzione dei consumi di alcuni una componente psicologica? E in questi casi, si tratta non di legittima prudenza, ma di timore immotivato? Può darsi.
Una presa di posizione legittima può essere quella di affermare questa tesi per infondere fiducia, come dovrebbe fare Berlusconi; ma non si può impedire che altri affermino una tesi opposta!
(Tralasciamo di sottolineare che soffermarsi solo sulla componente psicologica è anche un modo per far dimenticare che il Governo dovrebbe adottare misure anticicliche più decise, ma non ha la forza per farlo…)
Insomma: se qualcuno afferma che la crisi potrebbe perdurare (sia pure attenuata), anche perché ha origini strutturali come il calo demografico, formula un’osservazione ragionevole, forse anche utile a individuare le ricette migliori per uscirne. Eppure, secondo Berlusconi bisognerebbe obbligare i mezzi di informazione a censurare alcune opinioni o a dire bugie “a fin di bene”, per favorire una ripresa (ammesso che sia un bene spronare i consumi senza affrontare i nodi strutturali)!
Ma non soffermiamoci sul merito delle tesi relative al modo di affrontare la crisi. La cosa grave è che Berlusconi parli di “chiudere la bocca” ai mezzi di informazione che esprimono opinioni discordanti.
I media “riprendono le posizioni delle opposizioni”? ‘Reato’ gravissimo…
(A Berlusconi, ovviamente, danno fastidio anche quei media che diffondono pettegolezzi sgraditi sulla sua vita “privata”. Se si tratta di calunnie, può - e deve - sporgere querela. Se si tratta di fatti veri, può legittimamente protestare, ma dovranno essere i lettori a giudicare se quei fatti sono o meno rilevanti, magari penalizzando le testate ritenute immotivatamente scandalistiche).
Ad ogni modo: possiamo discutere l’opportunità di pubblicare alcune opinioni o notizie, ma non possiamo mai negare la libertà di farlo.
Riportiamo l’articolo 21 della nostra Costituzione:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi”.
Per il premier, poi, dovrebbero tacere non solo i mezzi d’informazione, ma anche "tutti questi organismi internazionali che ogni giorno dicono la crisi di qua e la crisi di là”. “Dovremmo veramente chiudere la bocca (repetita iuvant, ndr) a tutti questi signori che parlano, magari di cose che i loro uffici studi gli dicono possono verificarsi, ma che così facendo distruggono la fiducia dei cittadini dell’Europa e del mondo".
Chiudere la bocca agli organismi internazionali… li accuseremo di “ingerenza” nei nostri affari interni, come fanno la Cina o l’Iran o il Venezuela?
Difendere la libertà di espressione e di stampa significa approvare nel merito tutti gli attacchi rivolti a Berlusconi? Significa ignorare che molti media (ed anche molti organismi internazionali) sono mossi da interessi altrettanto di parte, che manipolano le notizie, che nascondono ipocritamente quelle che potrebbero nuocere ad alcune parti politiche?
Ovviamente no.
È legittimo, allora, contestare faziosità delle idee, manipolazione delle notizie, omissioni. Esigere correttezza dell’informazione se viene da organi o enti che godano di finanziamenti pubblici. Denunciare le calunnie. Ma non può esserci nessuno che si arroghi il diritto di una censura preventiva generalizzata.
Quel che ci appare ancor più grave, poi, è il tono usato per negare la libertà di espressione: “chiudere la bocca” è una formula che ha un tono apertamente repressivo. Meglio non immaginare quali soluzioni abbia in mente il nostro Presidente del Consiglio (che qualche potere ce l’ha), oltre a prosciugare i finanziamenti pubblicitarî…
A dire il vero, forse non è neppure necessario che Berlusconi agisca in prima persona. Quando si invoca un’azione repressiva, si spiana la strada a qualche esecutore anche troppo zelante.
Non è certo un caso se il Giornale ha tentato di coinvolgere esponenti dell’opposizione come D’Alema e Cesa in vicende scandalistiche che non li vedono direttamente coinvolti (se poi il Giornale trovasse gli elementi di un coinvolgimento diretto, l’enfasi data a tali elementi sarebbe motivata). L’obiettivo è quello di far passare l’idea che “se si gratta la superficie sono tutti uguali”; ed anche di lanciare un’intimidazione ai media dell’opposizione: “guardate che se il gioco si fa duro, ci faremo tutti male”.
Non serve che sia Berlusconi - o qualcuno della parte opposta - a dare queste direttive: se la volontà del leader è chiara, i suoi simpatizzanti sanno precederne i desiderî. L'esempio più clamoroso è poi venuto dall'attacco de il Giornale, sotto la direzione del nuovo direttore Vittorio Feltri, al direttore di Avvenire Dino Boffo.
Il giorno dopo le sue dichiarazioni, come al solito, Berlusconi rettifica (peggiorando, se possibile, la situazione): “Io non ho mai detto di chiudere la bocca agli enti o ai media (ma se era in conferenza stampa ed esistono le registrazioni! Ndr); e se l'ho detto (l’ha detto o non l’ha detto? Ndr) non c'era assolutamente nulla di violento o meno che liberale", ma solo "un invito alla prudenza".
Come il tale: “Io non c’ero, e se c’ero non ho visto, e se ho visto non ho visto nulla di male”…
Si tratta del “solito” Berlusconi o si è passato il segno?
Il leader del Popolo della libertà (e prima di Forza Italia) è sempre stato personaggio sopra le righe: con le sue finte gaffes, con le sue dichiarazioni al vetriolo rettificate o smentite. Ma non ci sembrava – fino ad oggi - che quelle dichiarazioni avessero mai superato certi “limiti” (arbitrarî quanto si vuole).
Berlusconi ha sempre usato in maniera spregiudicata i suoi mezzi di informazione. Ma erano mezzi di informazione che si erano aggiunti a quelli storicamente omologati a sinistra; disegnando sì un panorama informativo scarsamente pluralista, pur tuttavia meno monocorde che in passato.
La speranza di molti era che la “normalizzazione” della “seconda Repubblica” portasse ad una normalizzazione della presenza politica di Silvio Berlusconi.
I suoi avversarî avrebbero potuto accettare la sua esistenza come soggetto politico (ovviamente contestandolo, o battendosi perché il potere di cui dispone non fosse tale da condizionare la democrazia, e accettando una reciproca diminuzione di potere dominante).
Berlusconi stesso avrebbe potuto rinunciare alle “forzature” dialettiche e istituzionali con le quali cercava di inserirsi nel gioco politico, e riconoscere che le istituzioni possono essere migliorate, ma non abbattute e sostituite dall’ “uomo solo al comando”.
Invece, negli ultimi due anni abbiamo assistito ad un’escalation molto pericolosa, che sembra dar ragione a quanti - sinceri o ipocriti - hanno sempre diffidato della capacità del Cavaliere di adattarsi al confronto democratico. Anche perché sono progressivamente venuti meno gli alleati in grado di condizionarlo ("espulsa" l'Udc, inglobata An, resta solo la Lega...)
L’invocazione nel titolo di questo pezzo - “Silvio, torna in te!” - è evidentemente retorica. Esprime la speranza in una resipiscenza del Cavaliere, al di là delle rettifiche di rito; una speranza che, sinceramente, non abbiamo.
(Così come imitiamo ironicamente il malvezzo di chiamare confidenzialmente per nome i politici, e Berlusconi in particolare).
La democrazia non si fonda sul buon cuore di chi ha troppo potere, bensì sulla libertà di tutti di concorrere a determinare la politica del proprio Paese.
Una libertà che dovrebbero difendere per primi gli ammiratori di Silvio.