Il presidente della Camera e leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, ha messo in guardia dai pericoli di “cesarismo” (cioè di concentrazione di potere nelle mani di singoli uomini, a imitazione di Giulio Cesare) che corre la politica italiana.
Gli osservatori hanno colto immediatamente una polemica – neanche troppo velata – contro Silvio Berlusconi; un ammonimento sulla necessità di costruire il nuovo Popolo della Libertà (che nasce dalla fusione di Forza Italia ed Alleanza Nazionale) su basi democratiche. Anche se Fini ha poi smentito che nel suo discorso ci fossero obiettivi precisi.
I commentatori politici si sono divisi tra coloro che hanno apprezzato e quelli che hanno censurato l’esternazione di Fini.
Chi lo ha applaudito (a sinistra, ma non solo) ha sottolineato che sì, Berlusconi ha da anni più potere di chiunque altro, eppure lamenta di non averne abbastanza.
I “sostenitori” di Fini invocano un Popolo della Libertà che si regga su basi di partecipazione realmente democratica. Non si dovrebbe ripetere lo schema di Forza Italia, per cui i coordinatori regionali non sono eletti dal basso, ma nominati dal Presidente nazionale. Non dovrebbero essere accettabili quote predeterminate (80% Forza Italia, 20% Alleanza Nazionale). La partecipazione degli iscritti dovrebbe essere reale (elezione degli organi, definizione degli indirizzi), e non ratificare plebiscitariamente decisioni prese dall’alto (modello gazebo).
I “contestatori” di Fini lo accusano di parlare solo in funzione di una lotta di potere interna, di voler ingessare con giochi di corrente la capacità di Berlusconi di risolvere i problemi. Rinfacciano a Fini di non essere credibile, perché ha gestito in maniera “cesarista” il suo partito per quasi vent’anni.
Oppure sottolineano che – se la sua preoccupazione fosse sincera - avrebbe ben dovuto pensarci al momento in cui ha abbracciato il progetto del partito del “predellino”. Ricordano che il problema del ‘leaderismo-cesarismo’ in Italia non è solo un problema di Forza Italia: esercitano una leadership abbastanza netta (seppure in diversa maniera) anche Veltroni, Casini, Bossi, Di Pietro, Pannella...
I due maggiori partiti, peraltro, non danno segno di voler cambiare l’attuale legge elettorale per le elezioni politiche; una legge che – senza voto di preferenza - assegna ai segretarî il potere di “nominare” i parlamentari, e quindi il controllo quasi assoluto sui loro partiti.
Tutte queste osservazioni, se prese singolarmente, possono essere usate con faziosità. Ma non negano – in genere... - che la democrazia sia importante, che il "cesarismo" sia un pericolo da evitare. Considerate nel loro complesso, offrono un quadro veritiero della situazione politica italiana.
Una sola replica all’intervento di Fini ci ha lasciati di stucco: quella del portavoce di Berlusconi e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.
Secondo Bonaiuti (in una dichiarazione resa a Rainews 24), “Cesare non era certo un personaggio negativo: varcò il Rubicone e portò sulla scena nuove classi produttive”. "In più Berlusconi è una persona molto ragionevole e disponibile alle discussioni: non vedo problemi di democrazia interna".
Qualcuno ha osservato che Bonaiuti avrebbe voluto stemperare la carica polemica della denuncia di Fini, raccogliendo - sul filo dell'ironia e del paradosso - il paragone tra Giulio Cesare e Berlusconi. Il leader di Forza Italia avrebbe - come Cesare - "varcato il Rubicone" della politica italiana, rompendo gli assetti della "prima Repubblica"; e avrebbe dato voce a nuove classi sociali, in particolare al "popolo delle partite IVA".
Il paragone Berlusconi-Cesare appare però davvero avventuroso (vogliamo conservare un po' di senso delle proporzioni, senza invocare a sproposito "ironia" e "paradosso"?). E maldestro.
Bonaiuti dovrebbe sapere (sa sicuramente) che varcare il fiume Rubicone con un esercito in armi era, nell’antica Roma, un gesto eversivo dell’ordinamento repubblicano. Il giudizio storico su Cesare non può essere formulato solo su questo episodio, ma citarlo come esempio da imitare...
È vero, inoltre, che Cesare coinvolse nuove classi produttive nelle istituzioni repubblicane; ma ridusse tali istituzioni quasi al ruolo di organi burocratici. Cesare non creò per sé nessun nuovo titolo; ma cumulò tutte le magistrature di vertice repubblicane, sino ad assumere, agli inizî del 44 a.C. (poco prima della sua uccisione), la carica di “dittatore a vita” (dictator perpetuus). Una carica che si preparava a rendere trasmissibile, come faceva presagire l’adozione del giovane nipote Ottaviano.
Insomma: Cesare, per portare avanti le sue riforme politiche e sociali (alcune delle quali certamente lungimiranti), preparò la fine della Repubblica romana e l’inizio dell’Impero assoluto. È questo l’aspetto del “cesarismo” denunciato (in buona o cattiva fede) da Fini. E pensiamo che Bonaiuti avrebbe fatto meglio a ribadire la condanna di ogni deriva “cesarista” (condanna che - siamo assolutamente convinti - anche lui condivide).
Quanto alla "ragionevolezza" e alla "disponibilità alle discussioni" di Berlusconi, non è questo il punto. Bonaiuti converrà che la democrazia non è graziosa concessione del capo "ragionevole", ma esercizio del potere che i cittadini (gli iscritti a un partito) detengono autonomamente; converrà che la democrazia non è solo "discussione", ma condivisione delle decisioni.
Onorevole Bonaiuti, il compito di un portavoce dovrebbe essere quello di dissipare gli equivoci, non di crearne nuovi (a meno che non si tratti di "voce dal sen fuggita"...)
P.S.: In un'intervista apparsa il 6 dicembre su Il Messaggero, Alberto Gentili ha domandato a Berlusconi: "Negli ultimi tempi si è discusso di cesarismo... Lei si sente un po’ Cesare?" Il Presidente del Consiglio ha risposto: "Magari!", lamentando la scarsezza dei suoi poteri...