Ripercorrere in poche righe le geniali impostazioni date agli studi storici, artistici ed archeologici dall’Abate Luigi Lanzi, è impresa non facile, quasi impossibile, dopo la mole di convegni, celebrazioni e studi, che dal 1962 ad oggi hanno avuto a tema la figura di questo Gesuita. Il mio modestissimo contributo appare mediocre per mancanza di tempo e spazio e non per l’imponente raccolta bio-bibliografica che durante i corsi di etruscologia alla Sapienza andavo raccogliendo su di lui.
Chi era, dunque, Luigi Lanzi?
Naque a Treia (Marche) il 14 giugno 1732 e morì a Firenze il 30 marzo 1810. Fu sepolto in S. Croce, ai piedi di Michelangelo. È considerato uno dei fondatori dell’etruscologia moderna ed i suoi studi sono ritenuti tuttora validi, nonostante appartenga all’età Winckelmmanniana. La sua importante innovazione è di stabilire un “metodo” che scardini dalle fondamenta gli studi antiquari dell’epoca - ormai datati da più di 200 anni - basati sulla memorizzazione enciclopedica (già applicata in filosofia: si pensi ad esempio a Giordano Bruno) e sulla pansofia rivolta ad eruditi, privi di critica e metodo proprio. Il gesuita Lanzi appronta il suo metodo che altro non è che una ricerca settoriale, sia essa rivolta allo studio di templi, stili, scuole e persone per la storia dell’arte, o di iscrizioni italiche, monete antiche, tombe etrusche e romane per l’archeologia. Si pensi alla modernità di questo concetto, usato a distanza di più di due secoli, ad esempio nelle nostre Università: dopo qualsiasi iter universitario, è sempre maggiore la richiesta di master o specializzazioni.
Tornando alla storia dell’arte, il concetto che ne espresse il Lanzi, trova epigoni insospettabili. Stendhal, ad esempio. L’illuminista Stendhal fu per anni legato alla sua Histoire de la peinture, che è frutto di studi compiuti sui quattro tomi della Storia pittorica dell’Italia del Lanzi stesso, precisamente sull’ultima edizione uscita dai torchi ancora vivente l’autore: quella di Bassano, presso G. Remondini e Figli, MDCCIX. Ora, evitando un discorso lungo e complesso, basterà ricordare che i quattro volumi del Lanzi, passarono dopo diversi proprietari alla Braidense di Milano. Ebbene, il foglio di guardia del 2° e 4° volume è zeppo di annotazioni e appunti di Stendhal come promemoria per la propria Histoire de la Peinture, alcuni passi della quale echeggiano fedelmente le teorie lanziane; addirittura la prosa è quella tipicamente erudita del gesuita. A proposito di Gesuiti: al suo ordine Lanzi fu sempre fedele, anche dopo la soppressione dell’ordine imposta dai Francesi (1783).