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Cultura - Storia
Martiri in Spagna Stampa E-mail
La persecuzione anticristiana prima e durante la guerra civile spagnola
      Scritto da Vittorio Messori
05/11/07
fucilazione_cristo.jpg
I miliziani del Fronte Popolare fucilano la statua (poi distrutta) del Sacro Cuore di Gesù a Cerro de los Ángeles
Il 28 ottobre in Vaticano sono stati beatificati 498 martiri della feroce persecuzione religiosa esplosa in Spagna dopo il 1931 e specialmente fra il 1934 e il 1936. Benedetto XVI prosegue il ciclo di beatificazioni avviato dal suo predecessore (e commentato da Vittorio Messori nel brano che segue): un atto di giustizia, ma anche un’occasione per rileggere alla luce dei fatti la storia e la politica.



Si sa che uno dei marchi che contrassegnano il "mondo" è quello di dividere non soltanto i vivi ma anche i morti: non tutti i morti - né, tantomeno, tutti i martiri - sono eguali; ci sono quelli da venerare e rievocare e quelli da dimenticare.

Purtroppo, questa prospettiva così "mondana" (perché legata al potere politico e a quello culturale via via prevalenti) sembrava aver inquinato anche una certa parte dell'istituzione ecclesiastica. In effetti, ci furono anni in cui una sorta dì silenzio imbarazzato (quando non, addirittura, una presa di distanza da parte di certa pubblicistica cattolica) sembrò calare sul terribile massacro di cui furono vittime, nella Spagna della guerra civile, ben 6.832 tra preti, religiose, suore, oltre a migliaia di laici, uccisi soltanto perché credenti. Così, a partire dagli anni Sessanta, come scrive monsignor Justo Fernández Alonzo, direttore del Centro Spagnolo di Studi Ecclesiastici, "motivi di opportunità consigliarono di rallentare il corso dei processi di beatificazione già avviati: soltanto a partire dai primi anni Ottanta hanno avuto di nuovo via libera".

Ci voleva il coraggio e l'amore per la verità di Giovanni Paolo II per riaprire una pagina di storia che anche forze potenti all'interno della Chiesa avrebbero volentieri lasciata chiusa per sempre.

(...)

E' certo che il massacro, nella Spagna repubblicana, di cattolici (e di quelli soltanto: pastori e chiese protestanti non furono toccati) non volle "punire" uomini specifici e loro presunte colpe. Fu un tentativo di far scomparire la Chiesa in sé. Come scrive lo storico "di sinistra" Hugh Thomas: "Mai, nella storia d'Europa e forse in quella del mondo, si era visto un odio così accanito per la religione e i suoi uomini". E, per citare un altro studioso insospettabile e per giunta testimone diretto come Salvador de Madariaga (anti-franchista convinto, schierato a fianco del governo repubblicano ed esule dopo la disfatta): "Nessuno che abbia insieme buona fede e buona informazione può negare gli orrori di quella persecuzione: per anni, bastò il solo fatto di essere cattolico per meritare la pena di morte, inflitta spesso nei modi più atroci".

Ci furono casi come quello del parroco di Navalmorel sottoposto allo stesso supplizio di Gesù, a cominciare dalla flagellazione e dalla corona di spine per finire alla crocifissione (ma anche il martoriato si comportò come il Cristo, benedicendo e perdonando i miliziani anarchici e comunisti che lo tormentavano). Ci furono religiosi rinchiusi nel recinto dei tori da combattimento, con taglio finale delle orecchie come per gli animali. Ci furono preti e suore arsi vivi a centinaia. Una donna "colpevole" di essere madre di due gesuiti fu soffocata incastrandole in gola un crocifisso. A un certo punto, al fronte, mancò la benzina, impiegata a fiumi per bruciare non solo gli uomini ma pure le opere d'arte e le antiche biblioteche della Chiesa: un disastro anche culturale, per cieco odio verso la fede. Ma questo si era già visto: con il vandalismo francese giacobino e poi quello risorgimentale italiano.

Saliti al potere nel 1931, i partiti e movimenti repubblicani (anarchici, comunisti ma, in posizione maggioritaria, socialisti che si distingueranno poi nella guerra come feroci demagoghi) favorirono subito il clima di odio religioso che già nel 1934, nella insurrezione delle Asturie, in soli dieci giorni portò al massacro di 12 sacerdoti, 7 seminaristi, 18 religiosi e all'incendio di 58 chiese. Dal luglio del 1936, la strage divenne spaventosa e generalizzata: nei modi più atroci furono uccisi 4.184 preti diocesani (includendovi i seminaristi), 2.365 frati, 283 suore, 11 vescovi, per un totale di 6.832 vittime "clericali". Decine di migliaia, poi, i laici uccisi anche solo perché trovati in possesso di una medaglietta religiosa, dell'immagine di un santo. In certe diocesi, come quella di Barbastro in Aragona, in un solo anno fu massacrato l'88 per cento del clero diocesano.

La casa delle salesiane di Madrid fu assaltata e incendiata e le religiose violentate e ridotte agli estremi a bastonate dietro l'accusa di dare ai bambini caramelle avvelenate. Le salme delle monache di clausura furono dissepolte e esposte in pubblico, per dileggio. Si giunse a riscoprire barbarie cartaginesi come il legare un vivo a un cadavere e lasciarlo così, esposto al sole, sino alla decomposizione di entrambi. Sulle piazze, si fucilavano anche le statue dei santi, e le ostie consacrate erano usate in modo osceno.

Eppure, per decenni, anche per certo mondo "cattolico" sembrò che chi doveva farsi perdonare e far dimenticare, nella tragedia spagnola, fosse la Chiesa, non fossero gli anarchici, i socialisti, i comunisti. Ed è con fastidio che si respingeva l'idea stessa di "martirio" di quegli innocenti, fino al punto di bloccarne i processi.

Ma, apparentemente debole, nel mondo, la verità è invincibile alla distanza. E liturgie di beatificazione e canonizzazione come quelle che ormai si susseguono in San Pietro cominciano a farla riemergere in pieno.


tratto da
Pensare la storia, ed. Sugarco, Milano 2006




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