Giorni fa Michele Salvati scriveva su queste colonne (del Corriere della Sera, ndr) del «rompicapo dei riformisti». Questo: che una sinistra liberale e di governo «non può vincere né con la sinistra radicale né senza di essa». L’abbiamo già detto in tanti. Ma se lo dice un «esterno», la Casta cestina subito. Se invece lo dice Salvati, che è un protagonista rispettato e importante, la Casta dovrebbe ascoltare. Invece niente, cestino anche per lui. Senza dubbi di sorta (nel capo) il vice di Veltroni, Dario Franceschini, ribadisce che il nuovo sistema elettorale non deve tornare alle «mani libere» di quando le maggioranze si formavano dopo il voto, e che all’elettore non deve essere tolta la «maggiore libertà» di scegliere le coalizioni di governo e il candidato premier.
Davvero maggiore libertà? Oppure intollerabile sopraffazione? Quel che so è che nel vituperato passato ho sempre votato e cambiato voto senza problemi, mentre di recente non sapevo per chi votare. Mettiamo, per illustrare, che io mi senta di sinistra. Le sinistre sono tante. Ma invece io mi trovo al cospetto di un indigesto polpettone, di un pacchetto preconfezionato de omnibus rebus et quibusdam aliis, che per metà include proposte che disapprovo. Per esempio, io approvo la pensione a 60 e più anni, la legge Biagi, la priorità di ridurre il debito pubblico; e per di più non mi piace Prodi. Eppure il polpettone mi impone di approvare quel che non voglio; dopodiché mi sento raccontare, ultima beffa, che il povero Prodi fa per me quel che io gli ho chiesto di fare. Ma quando mai?
Il programma di governo dell’Ulivo è stato negoziato e parcellizzato tra le oligarchie di partito, e in quella confezione il demos non c’entra per niente. E il sottoscritto ancora meno. E, mutatis mutandis, lo stesso vale se io mi sentissi di destra. Torno a Salvati e al suo «rompicapo». La situazione del «vincere (le elezioni) per perdere (la governabilità)» è una classica situazione no win, di un gioco non-vincibile. E in tal caso la dottrina spiega che il gioco è sbagliato e che va giocato diversamente. Per esempio tornando al normale gioco dei sistemi parlamentari. Cosa osta? Osta soltanto lo stupidume inventato in Italia. Perché solo in Italia si racconta al popolo bue che il Parlamento non deve avere «mani libere», mani libere per cambiare, occorrendo, coalizioni e leader. E’ intelligente o stupido tenersi per 5 anni una coalizione paralizzata? Per noi è intelligente; ma per il resto del mondo (e anche per me) è stupido. E’ intelligente o stupido godersi per 5 anni un capo del governo che non sa governare? Per noi è intelligente; per il resto del mondo (e anche per me) è stupido.
Un ultimo punto. Per salvare un bipolarismo rigido e sbagliato (quello che ci occorre si salva benissimo da solo) noi abbiamo imboccato la china delle coalizioni «massime»: tutti dentro, cani e gatti (più la repubblica di Ceppalonia). Il che contraddice la teoria delle coalizioni, che invece raccomanda coalizioni minimum winning e cioè «minime», il meno estese possibile. E questo perché la dottrina sa da gran tempo che tanto più si allarga e tanto più una coalizione sarà eterogenea e bloccata da conflitti interni. La dottrina sì, ma Prodi no. E se Veltroni ha approvato il testo di Franceschini, allora non lo sa nemmeno lui. È anche un cattivo esordio che Veltroni abbia ricusato il sistema tedesco. Ignoro chi consigli, in materia, il Pd. Speriamo che non siano i soliti noti.
Riprendiamo quest'articolo, pubblicato sul Corriere della Sera, perché ci sembra di particolare interesse. Per l'autorevolezza dell'autore, il maggior esperto italiano di politiche istituzionali. E per la novità del contenuto: Sartori era sempre stato un fautore del sistema elettorale maggioritario "a doppio turno" vigente in Francia; oggi ammette che la situazione italiana ha bisogno di un'altra via d'uscita.