"Quando il cielo si vuota di Dio, la terra si popola di idoli" (Karl Barth)
Hitler con il suo amato pastore tedesco
Tratto da: I Mostri della Ragione,
di Rino Cammilleri,
Edizioni Ares 1993
A cinquant'anni dall'inizio della seconda guerra mondiale non so se sia un bene continuare a parlare del nazismo, almeno così come se ne è parlato finora.
Tonnellate e tonnellate di carta stampata, biografie, diari veri e falsi, rivelazioni e controrivelazioni, film (anche porno-sado-maso), fumetti, fascicoli settimanali, pièces teatrali sono stati profusi sull'argomento, e tutto con un unico scopo: demonizzare.
Intendiamoci: terrificante realtà fu il nazismo, ma il demonio, brutto per quanto sia, ha pur sempre un suo fascino e l'esperienza insegna che a furia di parlar male di qualcuno si può ottenere l'effetto opposto, cioè far sorgere prima la curiosità e poi l'interesse. È come dire ai bambini di non toccare la presa di corrente e poi accorgersi che malgrado tutte le nostre raccomandazioni stanno lì come ammaliati, cercando di infilarci le dita. Il sistema migliore rimane quello di mostrare serenamente di che si tratta (e poi comprare un tappo).
Non sarà infatti sfuggito come certi movimenti giovanili spontanei (punk, skinhead) usino simboli nazisti per testimoniare la loro volontà di essere «contro» — per non parlare del neonazismo tedesco che riesce anche a raccogliere preoccupanti consensi.
Nel film The Wall dei Pink Floyd è acerbamente descritto — visto da «dentro» — come in molti giovani disadattati possa nascere una volontà distruttiva contro il «sistema», inteso come fonte unica di ogni insoddisfazione: il modo più conseguente di andargli contro è sposare la causa del dichiarato suo peggior nemico.
Da quel tipo di avversione al «sistema» alla simpatia per il nazismo, il passo è breve; anche perché quel che spesso affascina del nazismo sono le rapide soluzioni «igieniche» e il semplicistico manicheismo. È da ritenersi che gli stretti legami tra il mondo del rock «duro» e il satanismo abbiano la stessa spiegazione.
Il libro di Galli
II relativamente recente — e notevolmente interessante — libro di Giorgio Galli Hitler e il nazismo magico (Rizzoli, Milano 1989), potrebbe essere guardato anche alla luce di quanto detto, anche se l'autore tratta l'argomento con la serenità dello studioso, evitando di abbandonarsi a dichiarazioni di fede politica e a declamazioni di principio inopportune in un'opera storica rigorosa.
Tuttavia, come fece notare lo studioso di destra Marco Tarchi in un dibattito con l'autore svoltasi presso l'Accademia Nazionale dell'Ussero a Pisa poco dopo la pubblicazione, la tesi di fondo del libro (cioè che tutto il nazismo sia stato un fenomeno da leggersi in chiave esoterica, perché questa era l'intenzione dei suoi fondatori e dei suoi uomini di punta) può provocare in molti giovani, approdati a una certa destra per un fenomeno di rifiuto, una simpatia per il nazismo tanto più dannosa perché fondata anche — e ovviamente non solo — sull'irrazionale.
Giustamente, dal suo punto di vista, il Galli replicò in quell'occasione che lo storico «laico» non scriverebbe più niente se dovesse curarsi delle conseguenze che certe sue ricerche potrebbero avere su alcune minoranze esaltate.
Il numero sette
Ma è proprio vero che il nazismo fu «magico»?
Che Hitler e i suoi consultassero astrologi è cosa risaputa, così come è noto che qualche pezzo grosso del nazismo si considerava la reincarnazione di grandi personaggi del passato. La svastica tibetana, le teorie sulla terra cava, la stessa ossessione ariana avevano senz'altro questa valenza.
Qualcuno (e per l'esattezza Rosemberg, un nazista della prima ora) aveva addirittura teorizzato un Ordine nazionalsocialista, da fondare dopo la vittoria finale, con Hitler come gran maestro e le SS come cavalieri. L'idea fu lanciata proprio a Marienburg, l'antica sede dei Cavalieri teutonici, e provocò il decreto del 15 settembre 1935 che divise i tedeschi in due ranghi: Reichsbürger e Bürger semplici. Solo i primi avevano diritti politici. Non solo, ma forse da questo punto di vista possiamo qui aggiungere qualcosa che è sfuggito al Galli e cioè l'ossessione del Fuhrer per il numero sette, «magico» per eccellenza.
Hitler, quando militava come caporale nella prima guerra mondiale, venne ferito il 7 ottobre 1916 e fu ricoverato nell'ospedale di Beelitz, non lontano da Berlino. Qui vide il disfattismo degli imboscati e potè assistere agli scioperi nelle fabbriche di munizioni, organizzati dalle quinte colonne avversarie.
Secondo le sue stesse parole, fu in quella circostanza che la sua vocazione politica prese corpo. A ciò va aggiunto che il suo capitano (Rohm, che poi divenne uno degli uomini di punta delle SA e fu in seguito eliminato nella notte dei «lunghi coltelli»), evidentemente in obbedienza a ordini superiori, gli aveva affidato una missione un po' particolare: infiltrarsi in quella nuova associazione politica di cui tanto si parlava a Monaco.
Era un gruppetto fondato proprio il 7 marzo 1918 dal fabbro Drexler e si chiamava «Comitato indipendente di operai a favore di una pace onesta». Perduta la guerra, prenderà il nome di Partito operaio tedesco (e più tardi nazionalsocialista). Il caporale Hitler esegue e riferisce: niente paura, sono pacifisti ma anticomunisti.
Ma qui cominciano i misteri. Hitler ottenne la tessera numero sette (ancora il sette). Ma se l'associazione aveva già quell'importanza che Rohm le dava, come mai la tessera numero sette era ancora disponibile? E se invece si trattava di un gruppo di sole sei persone del quale Hitler avrebbe occupato il settimo posto, perché mai questo partito sarebbe stato tanto notorio e importante da richiedere una missione così riservata e l'infiltrazione?
Indagare tuttavia in questo senso ci porterebbe lontano, in una direzione che tutto sommato esula dallo scopo del presente lavoro. Qui ci basta rilevare la predilezione di Hitler, da quel momento, per il numero sette, predilezione che lo accompagnò tutta la vita. Basti pensare che quasi tutte le sue campagne furono iniziate il settimo giorno e precisamente all'alba di una domenica (1)
Magico?
Comunque, l'incidenza dell'esoterismo e dell'occultismo nel Reich secondo molti va senz'altro ridimensionata. Già si è accennato agli stretti rapporti che intercorrono tra razionalismo e occultismo, tra neopaganesimo ed esoterismo. L'ambiente tedesco — e non solo quello — prima dell'avvento di Hitler era saturo di tutte queste cose. Ancor oggi però assistiamo a inquietanti revival, senza che da noi vi siano totalitarismi, anzi in pieno pluralismo ideologico.
Tutte le grandi imprese tedesche dell'epoca — Siemens, AEG, IG Farben, Vereinigte Stahlwerke, Krupp, Schering — avevano sezioni dì grafologia e psicometria, e lo stesso Hitler ebbe in alta considerazione l'astrologia finché ne ottenne predizioni favorevoli.
Ma quando all'inizio del 1941 i pronostici non furono più di suo gradimento, cominciò a prendere le distanze dai maghi. Infine, sparito Hess, dalla freddezza si passò apertamente alla persecuzione.
La verità è che Hitler odiava la scienza accademica e non ne faceva mistero, ma il motivo era da ricercarsi nel fatto che egli non era in possesso di alcun titolo dì studio. Da qui il favore per tutto ciò che era «alternativo». Quelli che traevano vantaggio da questa situazione non erano certo personaggi esperti e corretti, bensì i ciarlatani e i piaggiatori. I centri dove le scienze astratte erano studiate seriamente erano tutto sommato pochi in Germania e furono quelli che finirono nelle liste di proscrizione.
Gli «Heilpraktiker»
In omaggio ai gusti del Fiihrer in tutta la Germania pullularono ben presto i praticoni delle medicine alternative.
Fu, col sesso, l'unica cosa veramente libera nel Reich. Chiunque poteva scrivere sulla propria porta Heilprakciker (esperto in guarigioni), purché di razza ariana e maggiore degli anni ventuno: fu stabilito da un decreto del 12 ottobre 1935, con la sola esclusione per la cura delle malattie veneree e delle vaccinazioni.
Hitler era infatti, come è noto, un salutista (anche se nessuno lo vide mai in maniche di camicia né in costume da bagno) col suo vegetarianismo, la sua avversione agli alcolici e alle sigarette, il suo amore morboso per gli animali e il suo odio viscerale per la medicina universitaria.
Nel 1934 venne inaugurato a Dresda un ospedale naturista, intitolato a Rudolf Hess, delfino di Hitler e come lui fissato per tutte queste cose.
Il centro era destinalo a studiare tutti i metodi terapeutici alternativi, come l'idroterapia, il vegetarianismo, la talassoterapia, l'aeroterapia, il nudismo. Non vi erano medici, ma solo Heilpraktiker. Da quel momento queste «scienze» ebbero un tale impulso che gli adepti fondarono addirittura un sindacato con tanto di albo professionale, lo Heilpraktiker Bund.
Ci si scagliò anche contro le attività che il decreto del 1935 aveva proibito agli Heilpraktiker. Il Gauleiler di Fran-conia, Julius Streicher, editore dei settimanale pomo-politico Der Sturmer (che faceva propaganda di nudismo), uno dei pochi che si permettevano di dare del tu al Fuhrer, iniziò una violenta campagna contro i sieri e i vaccini, arrivando a dire che si trattava di invenzioni ebraiche per corrompere il sangue tedesco, poiché Koch e Behring, scopritori dei vaccini, quantunque tedeschi, avevano mogli di razza ebraica.
Il nudismo, poi, si diffuse talmente che arrivarono a esistere vere e proprie città di nudisti, con più di diecimila abitanti, come quella di Kladow, presso Berlino.
Si giunse a incoraggiare il nudismo in tulle le circostanze. Non erano pochi i casi in cui anche i ricevimenti ufficiali finivano con uno strip collettivo in omaggio alle nuove tendenze (2).
Il nudismo, quale culto del corpo e della natura, oltre che di ascendenze paganeggi ami, è anch'esso strettamente collegalo al razionalismo. Ne troviamo manifestazioni durante la Rivoluzione francese (3) e in quella sovietica. Nei primissimi anni del colpo di stato bolscevico si potevano vedere nei parchi delle principali città russe uomini e donne nudi prendere il sole tranquillamente. Anzi, il fenomeno raggiunse tali eccessi che si dovette vietarlo.
Sempre per quanto riguarda l'Unione Sovietica, c'è da dire che il regime comunista non aveva nulla da invidiare a quello hitleriano in materia di scienze «alternative». Il Partito infetti spendeva somme colossali per le ricerche para-psicologiche, per le quali manteneva circa venti istituti sparsi in tutta l'Urss (4).
Hitler & le donne
L'unica cosa che mancava a Hitler per essere un ecologista radicale ante litteram era il femminismo. Incoraggiava sì il libero amore: le procreazioni extraconiugali erano legalmente parificate alle altre e fu creato un clima teso allo svuotamento culturale della famiglia; anzi, essendo la famiglia un duro scoglio per ogni totalitarismo, non era nascosta la predilezione per le nascite illegittime, perché tali creature appartenevano allo Stato più dì quelle nate all'interno di un nucleo familiare costituito (si arrivò persino a ordinare che si facessero invisibili perforazioni nei preservativi perché il Reich potesse avere più figli).
Ma che cosa pensasse effettivamente Hitler delle donne gli scappò detto di fronte a ventimila rappresentanti del gentil sesso riunite in congresso a Norimberga nel 1937: «Che cosa ho dato a tutte voialtre? Che cosa vi ha dato il nazionalsocialismo? L'uomo!» (4).
La verità è geopolitica
In ogni caso il continuare a esasperare gli aspetti occulti di Hitler finisce per portare acqua alla tesi della pazzia e non contribuisce a spiegare un fenomeno in realtà molto lucido che ha i suoi fondamenti nella geopolitica, scienza trascurata nelle epoche fortemente ideologizzate come la nostra, ma che non ha mai cessato di dettare direttrici di politica estera (e, dì conseguenza, interna), come gli studiosi più avveduti non mancano di mostrare, infastiditi in questo da interessi di partito e di moda.
Tra gli istituti-laboratori del Terzo Reich posizione centrale aveva proprio l'Istituto di geopolitica, diretto dal professor Karl Haushofer a Monaco. Nei suoi schedairi trovava posto il mondo intero. Si proponeva di classificare tutto: istituzioni, imprese, individui — specialmente quelli che emergevano a qualsiasi titolo, con tutti i dati possibili e immaginabili, fisici e psichici, con le ambizioni inespresse e perfino le tare morali e familiari.
Perché tutta questa importanza alla geopolitica, pianificata fino alle minuzie? Perché Hitler voleva dividere il mondo con l'Inghilterra, «sorella» ariana. A essa i mari, a lui la terra.
Questa è sostanzialmente la lesi che lo stesso Galli esprime nel suo libro, sebbene con due varianti: l'una è che questo scopo sia stato perseguito da Hitler per via delle sue fissazioni «magiche»; l'altra è che per questo stesso motivo cercò di evitare fino all'ultimo lo scontro con l'Inghilterra.
Ora, la seconda ipotesi è confutata da un certo fatto. Dopo l'incontro di Hitler e Chamberlain a Monaco il 15 settembre 1938, e a Godesberg il 22 dello stesso mese, il Fuhrer passò un breve ordine, scritto di suo pugno e firmato, all'Oberkommando des Heeres. C'era scritto: «Voglio far la guerra all'Inghilterra. Si proceda a prepararla. Si diano disposizioni senza perdita di tempo. Dobbiamo essere pronti entro un anno. Adolf Hitler» (6). Evidentemente Hitler aveva capito che la pazienza degli inglesi cominciava a esaurirsi e che se ancora non gli avevano dichiarato guerra era perché non si sentivano pronti. Bisognava precipitare gli eventi prima che l'Inghilterra potesse impedire la realizzazione dei piani germanici in oriente. Infatti il vero obiettivo era la Russia e le sue vaste risorse (che nella mente dei tedeschi dell'epoca erano diventate quasi leggendarie). Questa era l'idea fissa di Hitler o lui soggiogava la Russia o la Russia avrebbe soggiogato la Germania. E questo per puri, quanto ineluttabili, imperativi geopolitici.
Stalin era dello stesso avviso. Il generale Krivisky, capo del controspionaggio militare sovietico nell'Europa occidentale fino al 1939, scriveva: «La politica intemazionale di Stalin durante questi ultimi sei anni non è stata altro che una serie di manovre destinate a metterlo in posizione favorevole per trattare con Hitler. Quando aderì alla Società delle Nazioni, quando propose il sistema di sicurezza collettiva, quando cercò l'amicizia della Francia e fece la corte all'Inghilterra, quando flirtò con la Polonia e quando intervenne in Spagna, misurò i suoi movimenti con gli occhi fissi a Berlino» (7).
Quando Hitler capì che l'Inghilterra gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote, si mosse immediatamente. Non intendeva distruggerla, ma solo sconfiggerla. E se non la invase fu perché non vi riuscì. Ne fu distolto dai suoi uomini. L'ammiraglio Raeder lo dissuase da un'operazione navale (e Hitler, che si sentiva male solo a metter piede su una nave, si lasciò facilmente convincere), appoggiato anche da von Ribbentrop, ministro degli Esteri ed esperto di questioni inglesi. D'altro canto Goering assicurava che con i bombardamenti dall'aria si sarebbe ottenuto lo stesso effetto.
A ciò si aggiunga l'opinione diffusa dell'invincibilità dell'Inghilterra sul mare, complesso di inferiorità di cui non era esente nemmeno la nostra marina. Ma anche su questo argomento rischiamo di spingerci troppo lontano
I cattolici & il nazismo
Al neopaganesimo nazista non potevano non opporsi i cattolici, che costituirono praticamente — anche in virtù del loro riferimento transnazionale — l'unico movimento di opposizione al nazismo fin dal suo inizio.
Il concordato del 20 giugno 1933 non fu una resa al regime da parte del Vaticano — questo è ormai universalmente assodato — bensì una chance da cogliere per assicurare la libertà religiosa in Germania, dove il nazismo non faceva mistero delle sue idee in materia.
La violazione degli accordi iniziò ben presto. Nell'estate del 1935 cominciò la campagna anticattolica. Si scoperse, grazie alle «rivelazioni» di un aderente alla gioventù hitleriana, che i religiosi di un convento si dedicavano a corrompere i fanciulli della scuola da essi tenuta. Seguirono immediatamente altre «rivelazioni» (del tipo di quelle dei romanzi di Diderot) sui conventi di Fulda, Padeborn, Münster. Seguirono gli arresti e i clamorosi processi, con la stampa di regime che soffiava sul fuoco. Si chiusero le scuole cattoliche, si soppressero le pubblicazioni religiose, si sciolsero le organizzazioni confessionali e se ne incamerarono i beni. Aboliti i conventi (con annesse brutalità da parte delle SS), si convertirono gli edifici religiosi in case del partito e birrerie. La persecuzione si estese ai Paesi occupati. Quasi tutto il clero polacco finì a Dachau.
Per il resto il copione fu quello tipico dei totalitarismi: la Hitlerjugend organizzava le attività domenicali in modo che i ragazzi non potessero mai assistere agli uffici religiosi; lo stesso avveniva nell'esercito e nell'amministrazione. Chi reclamava, si ritrovava a pulire latrine tutte le domeniche e subiva ogni sorta di vessazioni.
L'enciclica Mìt brennender Sorge del 1937 proclamò al mondo che cos'era il nazismo. Il seguito è noto.
Naziecologismo & nazipluralismo
Le manie ecologiste del nazismo sono tornate di moda, anche se spacciate per novità. Naturalmente non sono più nere, ma verdi, rosso-verdi, bianco-rosse. A uno a uno tutti cedono, come i rinoceronti di Ionesco, al nuovo credo del duemila che reclama a gran voce molte di quelle «libertà» (aborto eugenetico, eutanasia) per le quali il nazismo era stato posto al bando della storia. La medicina «alternativa», le pratiche prano-talasso-omeoierapeutiche (e rispettivi praticoni), l'alimentazione «naturale», il nudismo, il sesso vissuto e usato come tonificante psicofisico, l'attenzione morbosa per i mammiferi o i volatili (non per gli insetti e gli animali «schifosi»), il volgersi a pratiche e credenze orientali e orientaleggianti, il ritorno in grande stile dell'occultismo e dell'esoterismo, per non parlare dello spiritismo e del satanismo come fenomeni «di massa», li ritroviamo oggi sotto i nostri occhi dopo averli visti campeggiare a tutto tondo nel nazionalsocialismo. Prima era nazismo, oggi tutto ciò lo si pretende «pluralismo».
Il termine «pluralismo» è stato precipitato nella stessa confusione semantica che ha coinvolto parole come «democrazia» e «liberalismo». Tutti e tre i termini sono diventati di fatto sinonimi e hanno finito per significare che ognuno è libero di fare quel che gli pare. E tuttavia curioso che in un mondo dove ognuno è libero dì fare quel che vuole tutti si finisca per fare e pensare le stesse cose. Naturalmente chi non si accoda al conformismo imperante (anzi, chi non dimostra sufficiente entusiasmo) viene accusalo di essere nemico della libertà ed emarginato con la tipica intolleranza dei totalitarismi.
E questo ci riporta all'assunto precedente, che, cioè, del nazismo vengono tutto sommato demonizzati più che altro gli aspetti folklorici, come le divise e le adunate obbligatorie. Si deprecano gli stermini di quelle minoranze che hanno un'organizzazione sufficiente a ricordarcelo (anche gli zingari finirono nelle camere a gas naziste, ma quasi nessuno lo rammenta). Ma il totalitarismo e l'intolleranza stanno ritornando con i loro tipici connotati — anche se in modo subdolo — servendosi del caos ideologico, che ne è l'opposto solo in apparenza.
Al di là degli sforzi di quanti cercano di conciliare l'inconciliabile, i più lontani dal modo di vita del paganesimo contemporaneo sono i cristiani. E proprio parlando dei cristiani nel mondo contemporaneo, Eliot diceva che può forse rivelarsi più intollerabile essere «tollerati» che perseguitati. Oggi in effetti sono tanti — e aumentano — gli argomenti di divisione tra i cristiani e gli altri (ovviamente qui non ci si riferisce ai battezzati, ma a coloro che prendono sul serio la loro fede). Sempre più il cristiano è costretto a tacere, sul luogo di lavoro o altrove, per non scontrarsi continuamente con le idee di moda. I più non possono reggere a lungo una situazione di conflittualità (e conseguente emarginazione) quotidiana, per cui finiscono con l'arretrare sui «valori comuni», il cui spazio si fa però sempre più esiguo. Quando al cristiano capita — che so — di trovarsi invitato a un pranzo dove ci sono due naturisti, tre seguaci di Sai Baba, un «verde», un vegetariano semplice, due femministe e un punk, la conversazione finisce col diventare, per amor di pace, quanto mai superficiale e noiosa. Ovvio: quel che divide è talmente esteso da rendere assolutamente risibile ciò su cui si può essere d'accordo.
È l'esito di quel che si intende oggi per «pluralismo» (che non è sociale, che sarebbe una bella cosa, ma ideologico). Almeno nelle vecchie battaglie sessantottarde c'era un terreno comune di scontro, la politica. Adesso il regno dell'opinione investe istanze così vaste e globali che l'unico terreno comune finisce per essere quello fornito dagli slogan di volta in volta lanciati dai mass media e da chi li controlla. Questo pluralismo non si limita a dividere, ma atomizza, disarmando completamente l'individuo — e al livello del pensiero — nei confronti del Grande Fratello.
Nemmeno il clero è indenne dal fenomeno. La Congregazione per la dottrina della fede ha messo in guardia sulle pratiche yoga e simili applicate alla preghiera cristiana. Massimo Introvigne, il maggior esperto italiano di culti alternativi, ha dimostrato che tali pratiche non sono neutre, ma veicolano credenze contrarie al cristianesimo, come quella della reincarnazione. Non solo, ma i mantra segreti che l'adepto deve ripetere, spesso non sono solo innocue vibrazioni, bensì precise invocazioni alla Trimurti. Anche le tecniche di respirazione yoga e il tantrismo soggiacciono alle stesse critiche.
Generalmente, quando la Chiesa decide di prendere posizione aperta su certi fenomeni, è perché essi sono arrivati a livelli preoccupanti. È difficile tuttavia che abitudini acquisite possano essere dismesse volentieri.
Ecologismo radicale, pacifismo (ricordiamo che il partito di Hitler iniziò proprio come movimento pacifista), animalismo, naturismo, salutismo, esoterismo, occultismo. E tutte le varianti. Ma sono varianti dell'antica gnosi, anche se adeguate ai tempi. E nazismo e comunismo ne sono state versioni politiche. Nel ventesimo secolo ancora una volta il cristianesimo si è misurato e continua a misurarsi con la sua nemica di sempre.
Note
1) Cfr M. Penella de Silva, Il numero sette. Superstizione di Hitler, Mondadori, Milano 1946.
2) Ibidem, p. 156. L'autore, all'epoca giornalista a Berlino, ne dà testimonianza diretta ricordando i banchetti offerti dal Ministero per gli affari esteri alla stampa internazionale, nel club della Fasanenstrasse.
3) Basta pensare ai cosiddetti «balli angelici», ricordati da F.M. Agnoli ne Gli Insorgenti, (Reverdito, Trenlo 1988) in cui uomini e donne, nudi, si davano a pubbliche danze preferibilmente davanti alle chiese o addirittura dentro.
4) R. Wurmbrand, L'altra faccia di Carlo Marx, Eun, Varese 1986, p. 77.
Il cardinale RaEongcr, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, parlando a proposito dei teologi cosiddetti del dissenso, ebbe a dire: «Se religione e ragione non riescono a trovarsi nel giusto rapporto, allora la vita spirituale dell'uomo sì disgrega da una parte in un razionalismo piano, e dall'altra in un oscuro irrazionalismo». Se a questo aggiungiamo l'ecologismo radicale, ecco che abbiamo il perfetto ritratto dell'uomo moderno. Forse il più tipico rappresentante di questa «mutazione antropologica» fu sir Arthur Conan Doyle, ex cattolico e inventore del razionalissimo Sherlock Holmes (che, altra coincidenza singolarmente «moderna», si drogava). Com'è noto. Conan Doyle fu accanito propagandista dello spiritismo e dell'esistenza delle fate. Un po' meno noto è il suo aspetto ecologista, che però gli fu ben presente. Nel 1927 scrisse infatti un racconto, When the world screamed (Quando il mondo urlò), in cui il protagonista, professor Challenger, crivellando la crosta terrestre dimostrava che la terra è un colossale essere vivente su cui l'umanità vive da parassita.
Quella dell'uomo parassita della terra è un'idea (gnostica) che ha trovato in seguito non pochi consensi. Filippo di Edimburgo, marito della Regina d'Inghilterra e fondatore del WWF, così dichiarava nel 1988 all'agenzia di stampa tedesca DPA: «Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell'eccesso di popolazione». E Fulco Pratesi, Presidente del WWF italiano, così scriveva nel suo Ecologia domestica del 1989: "Le ricorrenti notizie di famiglie sterminate dai funghi costituiscono un buon deterrente e un discreto disincentivo alla loro raccolta selvaggia». Il libretto di Pratesi (sponsorizzato dalla Coop) suggeriva, tra le altre cose, di utilizzare la carne dei cadaveri per confezionare scatolette di cibo per cani
5) M. Penella de Silva, op cit., p.123
6) Ibidem, pp. 218-219. Il Penella de Silva non ha visto il documento, ma ne ha avuto notizia da un ufficiale tedesco che trovò l'ordine durante il trasferimento dell'archivio dell'Oberkommando dalla Kurfürstenstrasse a Muskau nella Slesia. L'archivio è probabilmente caduto nelle mani dei sovietici. Dell'ufficiale non fa il nome. Da però informazioni sufficienti a una sua identificazione, in quanto l'ufficiale in questione era stato appena liberato dal campo di concentramento di Braunweiler, dove aveva occupato la stessa cella di Conrad Adenauer. allora sindaco di Colonia.
7) Ibidem, p. 222