Il viso segnato dalle rughe, dalle lacrime e dalle urla. Negli occhi il desiderio di verità, una luce che è stata spenta per sempre il 7 ottobre 2006 da quattro pallottole mentre rincasava.
Figlia di diplomatici russi trasferitisi negli Stati Uniti, Anna era una brillante giornalista del settimanale moscovita Novaja Gazeta. Ha iniziato presto ad interessarsi di Cecenia (la regione caucasica dov’è in corso da anni una ribellione contro il governo russo): non sopportava le barbarie compiute dai suoi connazionali in una terra intrisa di oro nero e martoriata da due guerre violente, nella quale hanno perso la vita un numero consistente di vite umane.
Scriveva quello che vedeva, senza limiti, cercando di eliminare la censura che nella Russia del presidente Putin si respira anche solo camminando per la strada. Non temeva nessuno: neanche quando si è trovata di fronte Ramzan Kadyrov, allora primo ministro ceceno e poi, nel marzo 2007, presidente della repubblica dell’Ikeria (Cecenia nella lingua originale). Non aveva paura: si batteva affinché la comunità internazionale venisse a conoscenza delle torture e delle percosse che i civili ceceni subivano dalle forze militari russe, delle violenze che le donne erano costrette a sopportare, delle sparizioni e delle morti. La maggior parte delle volte, atroci.
Raccoglieva dati, notizie, fatti e testimonianze direttamente sul luogo, senza remore. A volte passava giorni senza lavarsi, mangiando quel che trovava, ma senza mai abbandonare le madri e i familiari che a lei si rivolgevano per far da tramite e far giungere - attraverso lei - il grido del dolore.
Anna Politkovskaja è stata mediatrice durante l’assedio al teatro Dubrovka di Mosca nel 2002, quando ribelli ceceni presero in ostaggio gli spettatori di uno spettacolo nominato “Nord-Ost”. La situazione degenerò quando le forze speciali russe entrarono con un blitz e lanciarono un gas, si crede nervino, che causò la morte di circa 200 persone.
Il 1° settembre 2004 Beslan, una cittadina nel nord dell’Ossezia, fu teatro di una tragedia terribile. Un gruppo di ribelli ceceni prese in ostaggio la scuola, chiedendo al governo russo che le truppe andassero via dalla Cecenia. L’assedio durò tre giorni, i morti furono 331, di cui 186 bambini.
Anna Politkovskaja era in viaggio verso Beslan quando fu avvelenata. Ma l’avvelenamento non aveva sortito, forse, l’effetto desiderato.
Due anni dopo, il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno di Putin, Anna moriva. Sola, freddata da un killer che ha agito a volto scoperto.
In suo onore, il sindaco di Roma Veltroni ha inaugurato il 4 ottobre scorso un largo all’interno di Villa Doria Pamphili. Erano presenti la figlia Vera e la collega di Anna, la giornalista Zoja Eroshok, che l’ha ricordata cosi: “Rappresentava un giornalismo molto elevato ed è sempre stata dalla parte dei più deboli ed indifesi: il suo studio era una camera di accoglienza per tutti, ogni giorno venivano a trovarla uno, due, tre, quattro persone. Lei le ascoltava per ore ed ore. E’ stata uccisa in maniera crudele".
C’è un’inchiesta in corso alla quale lavora anche la Novaja Gazeta. A distanza di un anno, sono stati identificati ed arrestati i presunti mandanti ed esecutori materiali del suo omicidio. Appartengono quasi tutti all’entourage del presidente ceceno filo-putiniano Ramzan Kadyrov, anche se tra di loro spiccano i nomi di funzionari ed ex agenti dell’Fsb (Servizio di sicurezza federale). E’ però difficile dire chi l’abbia davvero uccisa. Certo è che si tratta di omicidio su commissione. Ma, come la stessa Eroshok ha confermato, molti degli arrestati poi sono stati rilasciati. E’ parere comune che il vero mandante non sarà mai trovato, perché, come dice Vera, la figlia di Anna: “In Russia non esiste la giustizia”.
Dopo il "premio letterario Tiziano Terzani 2007", assegnatole alla memoria, tra i tre finalisti del "premio Sakharov per la libertà di pensiero" (assegnato dal Parlamento europeo) c’è anche Anna Politkovskaja, per il contribuito che ha apportato all’intera opinione pubblica internazionale. Anna ha pubblicato due libri (La Russia di Putin edito in Italia da Adelphi, e Cecenia. Il disonore russo edito da Fandango), e altri due post mortem (Proibito parlare edito da Mondatori, e Diario Russo edito da Adelphi).
Una donna che mancherà al mondo. Ai suoi figli, ai suoi colleghi. Anna aveva madri e figli ovunque. La sua scrivania è vuota. Su quale spalla piangeranno le donne cecene?