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Religione e societą - Notizie e Commenti
Chi contesta il papato Stampa E-mail
Tra le lodi a Wojtyla, anche critiche velate: nascondono una contestazione del ruolo del papato
      Scritto da Francesco Cassani
01/04/05
giovannipaoloII_conmitra_prega.jpg

La malattia del Papa ha raccolto solidarietà quasi unanime. Quasi. Non sono mancate sparute critiche di non credenti,  che non sanno accettare Lo "scandalo" di un Papa che soffre, e non nasconde la malattia, in una società che ha paura del dolore. Né sono mancate, anche negli ultimi giorni di vita del Pontefice, le critiche di alcuni - isolati - intellettuali cattolici.

Magari non hanno avuto il coraggio di attaccare direttamente un Papa che ormai godeva di grande ammirazione, come facevano nei primi anni del suo pontificato (quando parlavano un po' sprezzantemente di "papa polacco" e "inquisitore tedesco" riferendosi a Wojtyla e Ratzinger, considerati reazionari). Si è attaccato il Papa indirettamente, sostienendo che, negli ultimi tempi, non avrebbe avuto più in mano il timone della Chiesa, che ci sarebbe stata una Curia che lo "manipolava".

Padre Vincenzo Marras, direttore del mensile dei paolini Jesus, intervistato da La Stampa ha invitato “i collaboratori del pontefice” ad avere “maggior pudore”, accusandoli di “alimentare lo show del dolore”, di mettere “in un ostensorio il pontefice e la sua malattia” facendone “uno spettacolo ad uso e consumo dell’opinione pubblica mondiale”; tutto sarebbe concentrato “sul ‘Calvario’ di Giovanni Paolo II” mettendo “in secondo piano Cristo e il progetto salvifico di Dio”.

Lo storico Alberto Melloni, interpellato dall’Unità, ha parlato di “ostentazione fasulla”, di descrizione che si fa della salute del Papa “in qualche caso addirittura crudele o maramalda”, di “pubblicità taroccata sulle condizioni del Papa”, del Pontefice trattato come “un uomo anziano gestito da una corte variegata, con dentro atteggiamenti molto nobili e meno nobili”.  Alla domanda del cronista su quale fosse il potere reale in Vaticano, Melloni ha ripreso la battuta di un anonimo ecclesiastico (“Habemus papam, Stanislaus I”), insinuando che il pontefice di fatto fosse il segretario personale di Papa Wojtyla, l’arcivescovo Stanislao Dziwisz; sarebbe stato lui, negli ultimi tempi, a "tirare i fili" di un Papa incapace, d'intesa con prelati come Sodano, Ratzinger, Re, Ruini. Ora, a parte il fatto che chiunque abbia avuto contatti diretti col Papa negli ultimi mesi ne ha confermato la lucidità, questi critici dimenticano che Giovanni Paolo II stesso ha scelto i suoi collaboratori, che lo assistevano da anni. Si tratta di polemiche pretestuose, che riecheggiano la vecchia propaganda protestante e anticlericale sulle "trame vaticane".

In questi critici c'è innanzitutto una visione della fede intellettualistica, disincarnata, personalistica, che conduce ad un'incomprensione per il ruolo della sofferenza. Ma, a parte questo, il vero obiettivo è il pontificato di Wojtyla e il ruolo del papato cattolico, che è stato riaffermato e rilanciato.

Il problema è stato ben illustrato dallo storico Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, il quale ha sottolineato come si voglia riproporre "l’immagine di un Papa contrapposto ai vescovi, alla chiesa di base, alla collegialità. Il solito ritornello che ripete che la Chiesa non è il Papa. E invece la Chiesa cattolica storicamente è il Papa. Su questo i cattolici si sono presi l’accusa di papismo da parte dei protestanti. Ed è sempre questo che storicamente ha fatto la massima differenza”. Quanto alle dichiarazioni di Massimo Cacciari, che auspicava nel governo della Chiesa l’avvento dell’era della repubblica dopo la monarchia, Galli della Loggia si dice sorpreso: “Possibile che non si renda conto che la Chiesa è un’istituzione particolare, non uno Stato di cui si può stare a discutere se è meglio che sia retto da una democrazia o da una monarchia assoluta? A chi obietta che i tempi cambiano, rispondo che, per quanto riguarda il Papa, dobbiamo osservare che è proprio la modernità ad aver rafforzato la sua figura e il suo ruolo”. La secolarizzazione, cioè, non solo non li ha resi anacronistici, “ma ha mostrato con quanto vigore la Chiesa abbia resistito a un secolo e mezzo di difficoltà stringendosi attorno a un comando unico e a un simbolo unico, che parlava a nome di tutti. Il protestantesimo ha assicurato a tutti la libertà di parola, ma questo ha anche voluto dire la babele dei linguaggi e quindi la disintegrazione sul piano storico-organizzativo. Come fa, chi ha coscienza storica – chiede Galli della Loggia – a non tener conto della peculiarità del papato?”. Inoltre, aggiungiamo noi, le confessioni - sia ortodosse sia protestanti - che non hanno avuto una figura di riferimento unica e universale, sovranazionale, non hanno avuto la forza di resistere alle pressioni e alle ingerenze degli Stati nazionali.

La mitizzazione di una base contrapposta alla gerarchia, di una base in cui risieda la salvezza, secondo Galli della Loggia, “è un ritornello abusato. Da un punto di vista storico questa interpretazione lascia spazio a molti dubbi. L’idea che dando la parola alla base si garantisca la sopravvivenza dell’istituzione, in modi diversi, è un elemento di ottimismo storico. Più probabile, semmai, che significhi disgregazione o sostituzione con una nuova struttura di potere. Ed è ingenuo e improprio il richiamo alla democrazia. La Chiesa è una struttura che si fonda ideologicamente sul principio di verità, e verità e democrazia sono due cose alquanto antitetiche, perché la seconda si fonda sulla pluralità delle opinioni". (Galli della Loggia non si sofferma a ricordare che i massimi esponenti del pensiero democratico-liberale, da Tocqueville in poi, hanno ricordato che anche le democrazie sopravvivono se il pluralismo mantiene una tensione alla verità, un radicamento nel diritto naturale, un rispetto rigoroso dei diritti umani fondamentali).


P.S.: capita anche che gli attacchi al ruolo del papato siano frammisti ad Attacchi alla Chiesa in quanto tale. Attacchi che provengono congiuntamente dall'esterno e dall'interno della Chiesa, partendo magari da mancanze ed errori gravi e reali, ma venendo orchestrati in un crescendo di strumentalizzazione e falsificazione.



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