E’ morto Giovanni Paolo II, il Papa. Non un Papa, ma Il Papa. Perché per me, da quando ho memoria, il Papa è sempre stato lui.
Il primo nitido ricordo risale a quando, un pomeriggio del 1981, tornando a casa, trovai mia madre davanti alla televisione che piangeva mentre stirava. La guardai un po’ scosso e lei mi disse: “hanno sparato al Papa”.
Il Papa giovane (al momento dell’elezione aveva 58 anni), il Papa atletico veniva minato in maniera definitiva proprio nel fisico. In quel momento si è aggrappato al suo pastorale, a quel crocefisso che ha poi portato nel mondo. Da quel giorno la sua forza sarebbe dipesa dall’alto, da quel materno sguardo – quello di Maria - al quale si era totalmente affidato e al quale aveva consacrato il suo pontificato: Totus tuus. E’ stato innanzitutto un grande mistico, un uomo che ha fondato la sua fede sulla preghiera. Un Papa solenne nell’annuncio della Parola, ma anche familiare negli atteggiamenti: tenero con i bambini, allegro con i giovani, ironico e disponibile con i giornalisti. “Se sbaglio, mi corrigerete”: con queste parole di semplicità e umiltà si è presentato al suo popolo.
Il suo pontificato ha rivestito un’importanza straordinaria in primo luogo per la Chiesa Cattolica che ha, per così dire, ‘rimesso in carreggiata’.
Una Chiesa divisa, in cui alcuni non avevano ancora ben compreso il significato del Concilio Vaticano II (o lo confondevano con una visione personale: ai contenuti del Concilio veniva sovrapposto un ambiguo "spirito" conciliare).
Una Chiesa tante volte smarrita, perché vi era chi, invece di aprirsi al mondo per guidarlo e illuminarlo, si era messo a seguirlo. Giovanni Paolo II guarda la modernità negli occhi, e scandisce che non può considerarsi “modernità” l’abbandono della fede, la decadenza morale, la perdita di ideali; che la Fede è una, patrimonio di tutti, fondata sul primato di Pietro, e non può essere costruita à la carte da ognuno; che Fede, cultura e scienza debbono camminare assieme. Ed ecco le prime parole del Papa, “aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”, e l’enciclica Redemptor hominis: è Cristo la via, la luce da indicare alle genti.
Proclama la necessità di annunciare Cristo a coloro che ancora non lo conoscono, ma anche a coloro che – nell’Europa secolarizzata – lo hanno dimenticato: è la “nuova evangelizzazione”. Consegna al popolo di Dio il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che riporta chiarezza nei contenuti della fede.
Su questa via s’incammina, e inizia il suo pellegrinaggio nel mondo. E’ il Papa dei media, ma anche l’uomo che, nella storia, ha incontrato direttamente più persone di chiunque altro: si parla di quattrocento milioni di uomini! E’ il Papa che ha proclamato con forza, senza sconti, la Fede della Chiesa; ma nonostante questo – o proprio per questo – ha attirato a sé cristiani, fedeli di altre religioni, non credenti.
In America Latina ammonisce: nessun compromesso tra cristianesimo e marxismo. L’uomo è stato liberato da Cristo, nessuna ideologia materialista e basata sul conflitto di classe può essere spacciata per ‘liberatrice’ degli oppressi. Ed ecco che la cosiddetta “teologia della liberazione” si dissolve come nebbia innanzi alla nuova luce del mattino. Il “sol dell’avvenire” appare al tramonto. L’ideologia che allora dominava il mondo si sgretola sotto il peso della propria menzogna.
E’ il Papa che ha proclamato più santi e beati, di diverse categorie e condizioni sociali, quasi a sottolineare che la santità non è un’eccezione, ma la vocazione di ogni cristiano. Tra i santi molti martiri, a ricordare le persecuzioni che la Chiesa ha subito e continua a subire.
Guidato da quello stesso Spirito che lo aveva posto sulla Cattedra di Pietro, il Papa coglie i frutti del Concilio e dei diversi carismi che lo Spirito sempre suscita. Ecco allora il suo favorire, riconoscere e benedire tutti i movimenti che hanno rappresentato un soffio di vita nuova nella Chiesa: l’Opus Dei, i Focolarini, Comunione e Liberazione, i Neocatecumenali, il Rinnovamento dello Spirito ed altri ancora.
“Voce di uno che grida nel deserto, preparate la via del Signore”. Vi è chi non ha voce; vi è chi vive in un deserto materiale e morale. Lui gli va incontro e, da quell’immenso deserto, grida al mondo lo scandalo di una miseria che uccide, dell’infanzia negata, delle guerre dimenticate. Lui, invece, l’Africa l’ha portata nel cuore e ne è divenuto la voce, come testimoniano i suoi oltre trenta viaggi in quel continente.
Il Papa che rivitalizza la Chiesa cambia anche la storia. Avendo conosciuto e combattuto i due totalitarismi del XX secolo, nazismo e comunismo, contribuisce alla caduta del muro di Berlino, affermando con forza la dignità della persona – immagine di Dio - come fondamento di ogni sistema politico e sociale. Con le sue encicliche Laborem excercens, Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus, Giovanni Paolo II rilancia con vigore la dottrina sociale della Chiesa, rendendola l’unico sistema ideale davvero completo e capace di leggere la storia e le sfide della modernità. Una dottrina basata sulla libertà (e in particolare la libertà religiosa, radice di ogni altra e fondamento di ogni sistema genuinamente democratico); sui diritti naturali dell’uomo, inviolabili da qualsiasi “maggioranza”; sulla sussidiarietà; sulla liceità del profitto e del mercato; sulla solidarietà verso i più deboli; sulla dignità del lavoro; sulla centralità della famiglia.
Il mondo saluta il Papa della libertà, ma questo Papa ricorda che la libertà si coniuga con la responsabilità, che non può scivolare nel consumismo e nel relativismo etico; ribadisce al mondo la sacralità della vita, il no all’aborto, all’eutanasia, alle manipolazioni genetiche. La Verità (Cristo) vi renderà liberi. L’enciclica Veritatis splendor è il suggello.
Annuncia al mondo lo splendore di quella Verità che non può in alcun modo essere annacquata. Ed ecco il dialogo interreligioso, con gli ebrei, i musulmani, e tutte le altre confessioni religiose. Senza ipocrisie e impossibili sincretismi, perché solo conoscendosi a fondo e confrontandosi con sincerità si può imparare a rispettarsi. Storica la visita nella Sinagoga di Roma, che segna una nuova fase nel rapporto con gli Ebrei, “nostri fratelli maggiori”.
E poi gli incontri ad Assisi per pregare Dio per la pace, perché la pace viene da Dio. Una pace gridata con forza, ma la pace di Cristo (non il pacifismo), che non dimentica il dovere di difendere il più debole. Per cui abbiamo conosciuto un Papa che ha criticato gli interventi militari in Medio Oriente, ma ha invocato le “ingerenze umanitarie” in Bosnia, in Rwanda, in Sudan, a Timor Est.
E’ caduto il muro politico tra Occidente e Oriente, ma persiste quello tra i Cattolici e le altre confessioni cristiane. In realtà, anche in questo caso il dialogo ecumenico non solo è cominciato, ma è stato fecondo, soprattutto con gli Ortodossi. Innumerevoli sono stati gli incontri con quasi tutti i patriarchi di Oriente. Incontri alla cui base vi è un serrato confronto dottrinale, per cercare di ricomporre una frattura millenaria che richiede certamente pazienza e buona volontà. Quella che, pur nel dovuto rispetto, è mancata al Patriarca di Russia.
Il Papa sorprende tutti chiedendo perdono per le colpe della Chiesa. Anche per colpe commesse da singoli; anche per colpe commesse secoli addietro; anche per colpe che potrebbero essere lette nel contesto storico. Non chiede che le scuse siano reciproche, che provengano anche dagli ‘eredi’ di coloro che hanno perseguitato la Chiesa. La richiesta di perdono è gratuita, senza condizioni, anche a costo di suscitare qualche equivoco. Perdona spontaneamente il suo attentatore, Ali Agca.
Un Papa forte, una figura storica grandiosa. Che però ha saputo offrire un'altissima testimonianza anche con la sua malattia e la sofferenza degli ultimi tempi.
“Vi ho cercato, siete venuti, vi ringrazio”. Queste le ultime parole del Papa rivolte ai giovani in preghiera accorsi in Piazza S. Pietro. Di fronte ad una società che guardava e guarda ai giovani solo per sfruttarli, o quale massa di consumo, ovvero per fini politici suggerendo vuoti slogan, il Papa li pone al centro della sua pastorale. Ad una gioventù che sembrava capace solo di bruciarsi, ha chiesto di ardere e di riscaldare il mondo. Erano gli anni del “sesso, droga e rock ’n roll”, del “peace and love”, del “fumo” e delle idee fumose. Ecco nascere le Giornate mondiali della Gioventù che si svolgono ogni due anni nei diversi continenti. Centinaia di migliaia - a volte milioni - di giovani percorrono le strade di tante città e capitali, ma i negozi non chiudono, le serrande non si abbassano, la gente non parte né si chiude in casa. Si canta la speranza, si balla la gioia, si vive la fraternità.
A noi giovani ha indicato la Via. L’invito e l’ammonimento ad essere sale della terra: se il sale perde sapore a cosa serve? Ecco il richiamo alla castità e all’indissolubilità del vincolo matrimoniale, al dono totale e alla fedeltà: questo è l’Amore. A noi giovani ha affidato il compito più grande: essere sentinelle del mattino, dell’alba del terzo millennio che ci vedrà protagonisti.
Come scherzosamente sono solito dire, ho alle spalle "tre mondiali e un europeo", vale a dire che ho partecipato alle tre Giornate mondiali di Czestochowa, di Parigi e di Roma, più a quella europea di Loreto. Ognuna ha lasciato in me un ricordo straordinario, ma quella di Czestochowa, la prima per me, è stata speciale. Era caduto il muro, gli sguardi entusiasti dei giovani polacchi, la luce dell’Est … Di quella di Parigi ricordo la benevola pazienza di chi si è dovuto caricare i miei bagagli perché ero malato. Di quella di Roma, i fuochi d’artificio che illuminarono il cielo e un giovane vagare nell’umidità notturna con pantaloncini corti, novello Sam Pei.
Tra le pagine più belle di questo pontificato vi è infine la strenua difesa della dignità della donna, che tenta di strappare dai muri e dalle strade. Alla donna dedica una bellissima enciclica, la Mulieris dignitatem, sottolineandone il “genio specifico”. Un tema che mi piacerebbe fosse qualche amica a voler approfondire o scoprire.
Quello che ho tratteggiato a grandi linee appare indubbiamente il bilancio di un grande pontificato, tanto che già si parla di Giovanni Paolo Magno, di una sua canonizzazione. Un pontificato di cui non è possibile leggere una linea ‘politica’ (progressista, conservatore): la sua linea è stata l’amore di Cristo.
Caro Papa, a me non resta che ringraziarti e chiederti scusa se fino all’ultimo ho pregato e sperato che rimanessi con noi; ma come tu non hai mai pensato di rinunciare alla tua paternità, così io non potevo rinunciare a sentirmi figlio.