Il 30 giugno e il 1 luglio Rosy Bindi e Pierluigi Castagnetti hanno convocato i loro amici cattolici “democratici” (cioè di sinistra) e “adulti” (perché vogliono smarcarsi dalle indicazioni della gerarchia ecclesiastica) per un convegno presso la comunità di Bose. E da quel pulpito abbiamo assistito ad una nuova, sorprendente puntata della polemica contro il Papa e i vescovi, dei quali viene apertamente rifiutato l’insegnamento.
Già la sede del convegno era una presagio. Il 28 maggio la comunità di Bose, una delle ultime roccheforti del cattolicesimo progressista, aveva diffuso la propria Lettera agli amici, nella quale ci si lamentava dell’atteggiamento della Chiesa, e del Papa in particolare: “Quante durezze in nome di ‘valori non negoziabili’ che fanno trasparire nello stesso linguaggio usato un approccio ‘mercantile’ ai fondamenti etici del bene comune!”.
L’espressione “valori non negoziabili” è un’espressione di Benedetto XVI, che l’ha utilizzata nel senso esattamente opposto a quello che gli viene attribuito: esistono valori che investono direttamente la dignità della persona, e non possono quindi essere oggetto di scambio (“mercantile” o politico che sia). E invece il Papa si becca la patente di “mercante” di valori, di simoniaco!
Sul tema dei valori non negoziabili Papa Ratzinger aveva già ricevuto l'anatema della 'papessa' Rosy Bindi, che - utilizzando sempre il giochino di capovolgere il senso delle frasi - aveva paragonato l’atteggiamento del Pontefice a quello del “servo malvagio” descritto nel Vangelo...
Oggi la Bindi e Castagnetti tornano alla carica, prendendo di petto tutti i vescovi italiani (una volta rotto l’argine, è bene fare le cose in grande!).
Ecco dunque la rampogna di Rosy: "Questi ultimi anni rappresentano una parentesi da chiudere nel rapporto tra Chiesa e politica, per riaprire invece la stagione dell'impegno lanciata dal Concilio (cioè dall’interpretazione tutta particolare che i cattolici progressisti danno di un presunto "spirito" del Concilio, ndr). Dobbiamo essere i protagonisti di una gioiosa, serena correzione fraterna su ciò che è accaduto, ci è mancata la radicalità evangelica per dire ai vescovi: così non si fa!". Capito, cari vescovi?
(La Bindi ci perdonerà, ma queste sue “correzioni” ci sembrano così grottesche che non possiamo fare a meno di immaginarla nei panni di una severa istitutrice, con una “gioiosa e serena” bacchetta in mano: “così non si fa!”)
E ancora: "Non può essere Radio Maria a formare le coscienze cattoliche (forse sarebbe compito del Papa e dei Vescovi, ma neanche loro sembrano andare a genio alla Bindi..., ndr). Non dubito della buona fede di chi la ascolta (perché, ci sono ascoltatori in “mala fede”? Oppure in "buona fede" significa stupidi e ignoranti?), ma dobbiamo difendere la nostra Chiesa (cioè, deve difendere la sua Chiesa... dagli assalti del Papa?!)".
Notiamo anche che attribuire l'esistenza di posizioni differenti dalla propria solo alla 'potentissima' azione di Radio Maria sia un modo per fare la caricatura di quelle posizioni.
Se in passato i vescovi avevano cercato di evitare repliche dirette, per non esasperare i toni, questa volta mons. Rino Fisichella - rettore della Pontificia Università Lateranense e tra i vescovi più autorevoli - non può trattenersi: "In nessun altro Paese un ministro della Repubblica si sarebbe permesso un'uscita del genere. Alla quale - naturalmente - devo rispondere. (...) Abbiamo rispetto dei governanti, ma non possono sostituirsi a noi nello stabilire la conformità del nostro impegno al Concilio, o ai nostri doveri. Sennò finisce che, fra tante parole sulla presunta ingerenza della Chiesa nella politica, si arriva invece e con certezza all'effetto opposto".
Ma torniamo al convegno di Bose, in cui le dichiarazioni della Bindi non sono state uno sfogo isolato. Il tono di Castagnetti è stato meno provocatorio, ma la sostanza del suo discorso non meno dura, con la denuncia “un vincolo fortissimo, quello del ‘ruinismo’ (l'azione pastorale della Chiesa italiana negli ultimi vent'anni viene liquidata come ideologia personale imposta dal presidente della CEI, ndr), che ha prodotto una rappresentazione obbligata dell'unità cattolica e ha portato a un progressivo sbilanciamento verso il centrodestra, che è stato pronto ad utilizzarlo”.
Concetti ribaditi da Castagnetti sul quotidiano della Margherita, Europa, in un articolo del 3 luglio: “la dichiarata neutralità della Chiesa rispetto ai due schieramenti politici italiani ha finito, per ragioni diverse e oggettive, per trasformarsi in uno sbilanciamento verso il centrodestra, dove pure sono presenti posizioni fortemente secolarizzate, ma dove prevale la duttilità e la spregiudicatezza culturale, e dunque la propensione a cogliere nel rapporto con le posizioni della Chiesa una decisa opportunità elettorale”.
Quindi, per non correre il rischio “oggettivo” di uno sbilanciamento verso il centrodestra, la Chiesa avrebbe dovuto rinunciare alla sua neutralità, e schierarsi con il centrosinistra?
L’articolo continua: “È stato grave che il centrosinistra abbia rinunciato a capire ciò che stava avvenendo (e che produceva per sé medesimo gravi penalizzazioni elettorali, come hanno dimostrato le analisi del voto dei cattolici nelle ultime elezioni) per un’imperdonabile distrazione o una non meno imperdonabile supponenza”.
Castagnetti manifesta candidamente quelle preoccupazioni elettorali e di potere che aveva poco prima bollato – nel centrodestra – come segno di “spregiudicatezza”...
Preoccupazione condivisa dalla Bindi, che la proietta sulla propria corrente politica: "Non so se avete chiaro che i nostri nuovi amici (i DS, ndr) trovano e troveranno più facile accordarsi con i 'teodem' che con noi". Dunque: non è importante che nel centrosinistra ci sia qualcuno che difenda i valori di ispirazione cristiana, e che sia capace di raggiungere su di essi accordi con la sinistra; l'importante è che gli accordi si facciano solo con Bindi & Co.!
Che cosa aggiungere?
Nel nostro precedente articolo sulla Papessa Bindi e i “cattolici adulti” abbiamo già analizzato l’ipocrisia e l’assurdità di certe posizioni. Non perché rivendichino l’autonomia del laicato cattolico nel definire le scelte politiche concrete, e chiedano di confrontarsi con la Chiesa su questi temi (il che sarebbe legittimo). Ma perché pretendono di negare al Papa e ai vescovi persino il diritto di enunciare i principî, lanciando accuse dirette e pesantissime. Una pretesa, peraltro, del tutto inedita e priva di qualunque riferimento significativo nella storia del pensiero cattolico.
La verità, purtroppo, è che in certi settori del “cattolicesimo progressista” sembra persistere una convinzione assai poco cattolica. Cioè che il Vangelo non sia da prendere alla lettera, in tutte le sue implicazioni, ma sia da ‘interpretare’ e ‘aggiornare’ come strumento per l’emancipazione sociale delle classi svantaggiate. E poiché la guida di tali classi viene riconosciuta alla sinistra postcomunista, l’unico valore strategico da difendere è l’alleanza con la sinistra. Tutti gli altri valori sono... “negoziabili”, e su di essi deve essere sacrificato anche il dialogo con altri cattolici.
"Quos Deus perdere vult, dementat prius (Quelli che Dio vuole mandare in perdizione, prima li fa istupidire)" (da un epigramma di Euripide)