Uno spettacolo spassosissimo scritto da Scarpetta, padre della moderna commedia napoletana
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      Scritto da Elena Gialloreti
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28/06/05
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'O Scarfalietto -  Commedia in tre atti di Eduardo Scarpetta Di recente abbiamo assistito ad una delle migliori creazioni in tre atti di Eduardo Scarpetta, 'O Scarfalietto (espressione napoletana che indica lo "scaldaletto"). Scritta nel 1881, è ispirata all’opera francese La Boulé di Meilhac e Halévy, di cui però Scarpetta non si è limitato a fare una semplice traduzione letteraria dal francese al napoletano: la sua è stata una rilettura completa. La commedia ruota tutta attorno al personaggio di Felice Sciosciammocca - una delle maschere più frequenti nelle opere di Scarpetta, che esprime in sé i caratteri fondamentali della commedia napoletana - e di sua moglie Amalia. I due giovani coniugi litigano continuamente a causa di tanti piccoli e quotidiani fraintendimenti, come l'invadente "scaldaletto" che tormenta le notti trascorse nel talamo nuziale. Un bel giorno, esausti l’uno dell’altra, decidono di separarsi convocando i rispettivi avvocati. A questo punto entrano in scena vari personaggi, tra cui Gaetano Capocchia, uomo curioso e dal carattere singolare, che si era rivolto ai coniugi Sciosciammocca per affittare una casa di loro proprietà nella quale sistemare la sua giovane amante, la ballerina Emma Carcioff. La storia si snoda nell’atmosfera esagerata ed inverosimile delle commedie di Scarpetta, e il finale, che si svolge in un aula di tribunale dove si chiariscono tutti gli equivoci, è un vero colpo di scena: i coniugi Scioscaimmocca decidono di non separarsi più. Il teatro di Scarpetta rappresentò una grande novità per i suoi tempi, tanto da produrre opere divertenti e godibili tutt’oggi. Egli era riuscito a percepire che i gusti del pubblico erano cambiati. Il repertorio della tradizione napoletana era diventato obsoleto e gli intrecci troppo ingenui, legati com'erano a un'epoca romantica – fine ’800 - ormai in declino. Elaborò quindi personaggi che, da una parte, esprimevano i caratteri immutabili della ‘napoletanità’; dall’altra, attingevano al quotidiano, rispecchiando fedelmente la condizione sociale del popolo napoletano: dalla sguattera maltrattata al nobile nullafacente. Ma la vera magia sta nel fatto che alla fine di ogni storia per tutti questi personaggi c’è un riscatto; ciascuno di loro vive un disagio quotidiano, una frustrazione, dalla quale però è possibile evadere. L’invito per il pubblico è quello di ridere, perché soltanto col sorriso e con la battuta la vita assumerà un altro colore!
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