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Libri - Recensioni e Profili
"La Repubblica, le religioni, la speranza" Stampa E-mail
Una nuova 'laicità' (non antireligiosa) anche per la Francia, nel libro del neopresidente Sarkozy
      Scritto da Carlo Cardia
07/05/07

libro SarkozyNicolas Sarkozy
La Repubblica, le religioni, la speranza   
Edizioni Nuove Idee, Roma, 2005


La Francia - ci si perdoni qualche luogo comune - è il Paese dei formaggi, dei profumi ed anche... della laïcité, storicamente intesa non tanto come equilibrata laicità, quanto come laicismo antireligioso.
Ebbene, qualcosa potrebbe cambiare con il neoeletto presidente Nicolas Sarkozy, l'uomo nuovo. Nuovo perché figlio di immigrati, non formatosi nell'élite dell'ENA (Scuola Nazionale di Amministrazione). Nuovo per la voglia di rilanciare l'economia in senso più liberale, per il desiderio di riaprire la politica estera ad un rapporto atlantico. Nuovo per la voglia di riparire spazi di responsabilità e coesione sociale, superando la cultura del "maggio '68". Nuovo anche per la voglia di declinare in maniera diversa la
 laïcité, riaprendo il dialogo con le religioni. Avrà vinto le elezioni anche per questo (oltre che per la pochezza della sua antagonista)?
Al tema della rinnovata laicità Sarkozy ha voluto dedicare un libro, di cui vi proponiamo la recensione apparsa su
Avvenire del 3-5-2006.
(Un interessante parallelismo è con la posizione del neopresidente americano Obama, il quale ha evidenziato l'esigenza di un rapporto tra religione e politica in maniera più esplicita di quanto fosse abituale nella cultura liberal).


L’evento sembra veramente notevole. Il ministro dell'interno francese, aspirante all’Eliseo, Nicolas Sarkozy, offre ai lettori di un libro-intervista, ora uscito anche in Italia dal titolo La Repubblica, le religioni, la speranza, la più compiuta e severa revisione della “laïcité” francese che sia mai stata azzardata sino ad oggi.

La riflessione proposta ha un ampio respiro storico e teorico, fino a prospettare importanti cambiamenti normativi che mettono in discussione un tabù della Repubblica francese, la legge del 1905 sulla separazione tra stato e Chiesa.

La revisione ha sùbito il sapore della sincerità, quando Sarkozy ricorda che in Francia “esiste una vecchia diffidenza ereditata dal periodo delle grandi lotte laiche”, e quando invita i suoi interlocutori a considerare criticamente “le generazioni precedenti” che avevano “schernito, vilipeso, ridicolizzato i preti e i frati”.

L’autore aggiunge che il capovolgimento di immagine per la Chiesa in Francia è dovuto al grande carisma di Giovanni Paolo II.

La revisione teorica proposta da Sarkozy è fatta di tanti tasselli. La religione svolge un grande servizio per la società. Fornisce agli uomini quella speranza spirituale sulla quale lo stato è muto. E assolve alla funzione – alla quale lo stato è impreparato – di difendere “i più deboli ed i più indifesi”: “Se la Chiesa non si preoccupasse dei più poveri, chi potrebbe farlo? Rispettare la Chiesa significa riconoscerle quella vocazione a difendere coloro che nessuno difende, quella tradizione di apertura, di conforto, di fraternità”.

Addirittura, Sarkozy tesse l'elogio della vita contemplativa, perché una società come quella odierna che è totalmente orientata verso l'attività, la produzione, l'azione spasmodica, ha bisogno di “luoghi adatti alla contemplazione e di uomini che guidino, con la loro vita e la loro saggezza, i loro contemporanei sulle vie della pratica contemplativa”.

Partendo da queste premesse, è naturale che per il ministro francese il concetto di laicità debba essere profondamente rivisto.

La vecchia concezione deve evolversi perché “credere che lo stato possa rimanere del tutto indifferente al fatto religioso è una posizione continuamente contraddetta dalla realtà dei fatti”.

Si deve tornare ad una laicità attiva e non passiva, e si deve dire apertamente che oggi “è più importante aprire luoghi di culto nelle grandi aree urbane che inaugurare sale sportive, esse stesse utilissime. Dobbiamo preoccuparci perché diventino gli ideali della gioventù che cresce. Tutti questi giovani che non hanno ideali, ecco una sfida per tutte le religioni”.

La revisione, quindi, è a tutto campo, e inizia dall'indifferentismo e dall’ostracismo che ha costituito a lungo l’essenza della “laïcité” francese. (In apertura del libro, Sarkozy ha voluto riportare questo brano tratto da La democrazia in America di Alexis de Tocqueville, uno dei padri del pensiero liberale: “Vi sono delle persone in Francia che vedono nella République uno stato permanente e tranquillo, un fine necessario verso il quale le idee e i costumi conducono ogni giorno le società moderne, e che vorrebbero sinceramente aiutare gli uomini a essere liberi. Quando però attaccano le credenze religiose, essi seguono le loro passioni, non i loro interessi. È il dispotismo che può fare a meno della fede, ma non la libertà. La religione è molto più necessaria nella République da essi preconizzata che nella monarchia che essi attaccano, e lo è nelle repubbliche democratiche più che in tutte le altre”. Ndr)

Bisogna, quindi, saperne trarre le conseguenze pratiche. Nonostante, però, il lettore sia preparato a novità importanti, lo stupore è egualmente forte quando si leggono nel libro le proposte di modifica delle norme del 1905.

Queste norme, dice Sarkozy, non sono “come scolpite nel marmo ed impossibili da modificare”. E individua l'oggetto principale della riforma in “una questione che non è congiunturale né episodica: quella del finanziamento delle grandi religioni di Francia”.

Sì, la proposta strategica è proprio questa. La Francia deve affrontare il tema del finanziamento delle Chiese: “Ammettiamo senza ipocrisia che c’è una contraddizione tra la volontà di riconoscere le religioni come un fattore positivo nella società, e il negare loro completamente ogni forma di finanziamento pubblico”.

Il contrasto insuperabile, per Sarkozy, è quello secondo cui “si giudica naturale che lo stato finanzi un campo di calcio, una biblioteca, un teatro, un asilo; ma a partire dal momento in cui i bisogni riguardano il culto lo stato non dovrebbe impegnare neppure un centesimo”.

Se dal principio generale si passa all'applicazione concreta, non diminuisce la meraviglia, perché il finanziamento proposto da Sarkozy dovrebbe riguardare la costruzione di edifici di culto, le “agevolazioni fiscali più consistenti per i fedeli, che partecipano alle offerte per il mantenimento del clero”, e addirittura gli aiuti finanziari per la formazione del clero, anche “mettendo a disposizione insegnanti nelle materie non spirituali, prestando locali, firmando convenzioni con i rappresentanti delle religioni per educare ministri di culto francese”.

Un primo pensiero deve andare anche ai laicisti italiani. Chi glielo dice che mentre essi combattono per abolire ogni sostegno alle Chiese in Italia, ostentando ammirazione per il separatismo francese, proprio dalla Francia si senta l'esigenza opposta di sostenere le religioni perché fattori essenziali per la società?

Ma la riflessione da fare è assai più ampia. Anche nel paese dove l'attaccamento al sistema separatista – molto ammorbidito nel tempo: in Francia esiste una vasta rete di scuole private, finanziata dallo stato – è quasi un punto d'onore della Repubblica, si constata lo svuotamento ideale che si determina quando le religioni e le Chiese vengono considerate come estranee, escluse dal Welfare, emarginate nella sfera privatistica.

Sarkozy ha avvertito nei suoi anni di esperienza di governo che il passivo di questa scelta è tutto a carico dello stato e della comunità civile.

E sente il bisogno di dire ai suoi concittadini che quando lo stato laico vuole deliberatamente escludere coloro che sostengono i più poveri e indifesi, che possono alimentare le speranze dei giovani e dei meno giovani, che coltivano una vita spirituale, alla fine si trova impoverito e senz'anima.

Il valore della riflessione di Sarkozy sta tutto qui, e veramente non è poco.



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